Avanti futuro
Un twitter di Salvini di luglio scorso “Per fortuna gli
insegnanti che fanno politica a scuola (guarda caso sempre pro-sinistra e
pro-immigrazione) sono sempre di meno, avanti futuro!” m’ha fatto ritornare
indietro nel tempo.
Continuano, come flash, ad apparirmi circostanze e situazioni dei decenni
di servizio passati a scuola in qualità di dirigente scolastica con l’eterna
questione sbandierata da amministratori, enti vari, quella, per intenderci, che
la scuola non doveva far politica.
Non capivano, o fingevano di non capire
costoro, che, sì, io facevo politica a scuola, ma non professione di fede partitica,
esprimevo cioè politicamente pareri tecnici su questioni legate alla mia professionalità
ma mai adesioni a schieramenti partitici.
E così le accuse alla scuola (e a me) si rinnovavano ogni qual volta
prendevamo posizione a favore ad esempio dell’integrazione degli alunni stranieri, o quando organizzavamo
manifestazioni per ricordare i giovani partigiani arzignanesi ‘morti per la
libertà’, tra cui Antonio Giuriolo cui era
intitolata la nostra scuola, o dedicavamo ad essi, sfruttando il nuovo
indirizzo musicale, la canzone “O
bella ciao”, o deliberavamo
attività di recupero gratuite per gli alunni più bisognosi, guarda caso soprattutto stranieri (ci
ripetevamo anche allora …prima gli italiani), o facevamo ‘cittadinanza attiva’ con sperimentazioni ed esercizi di democrazia (simulazioni di votazioni, elezioni del baby
sindaco).
È così
che intendevamo costruire una città migliore: tirando su cittadini che sapessero scegliere con la propria testa. Noi
ritenevamo (e riteniamo) che il senso più profondo, sia della parola scuola che
della parola politica, fosse (ed è oggi) quello di preparare, insieme, un futuro migliore,
collegandoci allo spirito che pervade la nostra Costituzione.
“Non si deve fare politica a scuola”.
Quale politica si intendeva?
Quale politica si intendeva?
Io
la facevo in tutti i momenti della mia giornata in quanto come cittadina
appartengo ad una “polis”, sistema di relazioni che determinano appunto il senso
dell’attività precipua di ogni individuo inserito in strutture sociali.
Come
si fa ad esercitare i diritti di
cittadinanza se non si fa politica?
Come
si fa ad esercitare i diritti ed i
doveri previsti da un sistema democratico
se non si fa politica?
E
nella fattispecie come si fa a non fare politica scolastica se si dirige una
scuola?
Venimmo a sapere, addirittura, che in una occasione, il consiglio
Comunale aveva parlato delle attività scolastiche tacciando la scuola come “un covo di comunisti”; negli ultimi anni di mia attività il Sindaco di Arzignano espresse,
utilizzando il giornale locale (GDV) pesanti accuse alla dirigenza sostenendo “tolleranza
zero con i dirigenti buonisti”
(plurale maiestatis: ero io). Tutto documentato.
Lo smacco per l’amministrazione e la sua propaganda negativa fu un
premio, l’anno successivo, consegnato dal prefetto di Vicenza alla scuola e
alla dirigente ‘buonista’ per l’impegno profuso sui temi della democrazia e del
vivere civile nel rispetto della Costituzione
Non abbiamo mollato mai. Era con grande orgoglio che facevamo
politica ricordando don Milani e andando in pellegrinaggio a Barbiana con gli allievi, compresi quelli
del CTP per diversi anni consecutivi.
Don Milani diceva :”Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio.
Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia”. “Non
c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali”. Per cui il lavoro della scuola è il più
politico al mondo: riflettere e far
riflettere sul fatto che la democrazia è un bene che purtroppo non esiste in
natura, che è un prodotto delicato da difendere con le armi della ragione e
dell’informazione
Perciò
come posso non plaudire le posizioni di Enrico
Galiano che dichiara:
“La politica che faccio e
che farò è quella nella sua accezione più alta: come vivere bene in comunità,
come diventare
buoni cittadini, come costruire insieme una polis forte, bella, sicura,
luminosa e illuminata. Ha tutto un altro sapore, detta così, vero? Ecco perché
uscire in giardino e leggere i versi di Giorgio Caproni, di Emily Dickinson, di
David Maria Turoldo è fare politica. Spiegare
al ragazzo che non
deve urlare più forte e parlare sopra gli altri per farsi sentire è fare politica. Parlare di stelle cucite sui vestiti, di foibe, di
gulag e di tutti gli orrori commessi nel passato perché i nostri ragazzi
abbiano sempre gli occhi bene aperti sul presente è fare politica. Fotocopiare
(spesso a spese nostre) le foto di Giovanni Falcone, di Malala Yousafzai, di
Stephen Hawking, di Rocco Chinnici e dell’orologio della stazione di Bologna
fermo alle 10.25 e poi appiccicarle ai muri delle nostre classi è fare
politica.
Buttare via un intero pomeriggio di lezione preparata perché in prima pagina sul giornale c’è l’ennesimo femminicidio, sedersi in cerchio insieme ai ragazzi a cercare di capire com’è che in questo Paese le donne muoiono così spesso per la violenza dei loro compagni e mariti, anche quello, soprattutto quello, è fare politica. Insegnare a parlare correttamente e con un lessico ricco e preciso, affinché i pensieri dei ragazzi possano farsi più chiari e perché un domani non siano succubi di chi con le parole li vuole fregare, è fare politica. Accidenti se lo è.
…E in questo senso, soprattutto in questo senso, io faccio e farò sempre politica in classe”.
Buttare via un intero pomeriggio di lezione preparata perché in prima pagina sul giornale c’è l’ennesimo femminicidio, sedersi in cerchio insieme ai ragazzi a cercare di capire com’è che in questo Paese le donne muoiono così spesso per la violenza dei loro compagni e mariti, anche quello, soprattutto quello, è fare politica. Insegnare a parlare correttamente e con un lessico ricco e preciso, affinché i pensieri dei ragazzi possano farsi più chiari e perché un domani non siano succubi di chi con le parole li vuole fregare, è fare politica. Accidenti se lo è.
…E in questo senso, soprattutto in questo senso, io faccio e farò sempre politica in classe”.
Rincara la dose Claudia
Pepe
“…
Lei, Sig. Ministro, sa cosa vuol dire insegnare a ragazzi che si siedono
nell’ultimo banco e guardano dalla finestra per sei ore consecutive? E allora
c’è la politica dell’inclusione, dell’accoglienza e insieme tutte noi
insegnanti progettiamo e investiamo su quella vita umana. … Lei forse non
conosce Don Milani il grande insegnante che ha cambiato la didattica di tutti
noi… Noi abbiamo a che fare ogni giorno con l’integrazione, con il bullismo,
con disturbi comportamentali, alimentari, familiari. Noi abbiamo nelle mani la
vita, Ministro Salvini. E la vita è politica.
La politica è quando prendo per
mano un bambino che i genitori mi danno con fiducia la mattina, mi regalano la
loro cosa più bella per insegnargli a diventare una persona, un uomo e una donna.”
Il
fatto è che, come sostiene Matteo
Saudino,
“… Coloro che
contrastano la politicità dell’insegnante sono i costruttori di muri, i
difensori di una tradizione che discrimina, i cantori delle disuguaglianze, gli
esaltatori dell’uomo monodimensionale, mansueto esecutore di ordini e comandi…
L’apoliticità dell’insegnante segna,
pertanto, la mutazione genetica, se non addirittura l’eutanasia della stessa
professione docente. Insegnare, infatti, è l’atto politico più nobile e vitale
che si possa compiere. Insegnare è il
mestiere politicamente più rivoluzionario di tutti perché può portare gli
uomini e le donne ad aver fame e sete di felicità, conoscenza ed emancipazione.
Per questo motivo il mestiere dell’insegnante è un’arte pericolosa e faticosa
che dobbiamo continuare a praticare con tenacia, resistendo alle sirene che
voglio fare della scuola una industria dell’omologa e del consumo veloce e
compulsivo.”
“In fondo nella scuola tutto è politica, perché ogni azione
didattica si pone come obiettivo fondamentale la formazione di cittadini
consapevoli che sappiano almeno distinguere qual è il contesto opportuno per
fare selfie, che tengano in giusta considerazione il prossimo, il suo dolore.
Quando si sceglie un
manuale di letteratura che antologizza brani tratti dalle opere di Gobetti e
Gramsci e non solo poesie di Baudelaire, si compie un gesto politico. Quando si
assegna in lettura ad una classe “E tu splendi” di Giuseppe Catozzella, romanzo
sul dramma dei migranti filtrato dagli occhi di un bambino, invece di “Divorare
il cielo” Di Paolo Giordano, libro a impianto profondamente introspettivo e non
propositivo, si fa politica.
Avviare un dibattito con Don Ciotti e partecipare
con la propria scuola alla marcia di Libera significa “fare politica” scrive Teresa D’Errico.
Mi viene il dubbio di cui si è fatta carico la dirigente Isabella Albano quando scrive:
“I partiti
politici non sono la politica, altrimenti aderendo a questa visione la
depriveremmo della nostra complessa e assai ricca vita di relazioni
riducendola, purtroppo spesso, a manifestazioni di esponenti di partito che di
politico hanno ben poco”
Ora sono fuori dalla scuola e continuo a fare politica fuori da
ogni schieramento partitico
Iscritta a una associazione ambientalista locale, Ci.L.L.S.A che
affronta tematiche legate al lavoro, alla legalità, alla salute e all’Ambiente,
dopo cinque anni di militanza in essa rimango ancora del tutto basita quando
qualcuno, pur essendo d’accordo con le posizioni da essa
espresse, dichiara di non iscriversi perché preferisce non identificarsi in una associazione che fa politica.
Eppure
la nostra e’ una “voce libera da qualunque appartenenza partitica” e che fa del legame col territorio la sua cifra identitaria, mettendo a
disposizione le proprie energie, le proprie intelligenze, la propria critica non asservita al Potere e, soprattutto, la propria partecipazione attiva”.
Politica,
a scuola e fuori della scuola, così è.
Il
mio canto libero, la mia coscienza.
Approfondimenti
Il movimento Zero Pfas nelle SCUOLE
http://donataalbiero.blogspot.com/2018/06/il-movimento-zero-pfas-nelle-scuole-del.html
Il movimento Zero Pfas nelle SCUOLE
http://donataalbiero.blogspot.com/2018/06/il-movimento-zero-pfas-nelle-scuole-del.html
Cittadinanza attiva
http://donataalbiero.blogspot.com/2018/02/millumino-di-meno-lettera-aperta-agli.html
forte e chiaro: condivido in pieno la tua visione
RispondiEliminaLuciano, grazie
EliminaChi urla che a scuola non si deve fare politica in realtà vuole una scuola che produca dei tecnici decerebrati, degli automi pronti ad entrare nel meccanismo di una società in cui pensare con la propria testa è un lusso riservato solo a chi detiene ricchezza e potere. La vita è di tutti e la scuola questo dovrebbe insegnare ai ragazzi preparandoli a essere uomini liberi, in primo luogo dai pregiudizi.
RispondiEliminaChi sostiene che a scuola si fa politica, ha già tolto dai programmi l’”Educazione civica”. Risultato? Provate a chiedere al primo che incontrate cosa è l’Unione Europea, con quali istituzioni si articola, cosa sono Strasburgo e Bruxelles, cosa è la commissione europea e da chi è composta, cosa è la BCE e che poteri ha. Provate a chiedere al primo che incontrate o a tutti coloro che incontrate cosa significa la frase “La Repubblica Italiana è fondata sul lavoro” Cosa sia la sovranità popolare (adesso disprezzata con la deformazione semantica “sovranismo”. Imparare fin dalle primarie quali sono i diritti e i doveri che ci impone la nostra Costituzione, imparare il rispetto per gli altri e soprattutto per i più poveri e i più deboli. Imparare a imparare insieme a condividere lo studio, a fare dell’apprendimento un grande gioco che stimola e fa crescere la mente, imparare a preferire il libro al cellulare. Questa è la politica che Salvini aborrisce e con lui tutto il ciarpame di ex fascisti venuti da una scuola in cui gli slogan erano “Libro e moschetto” oppure “Il duce ha sempre ragione”. Ringrazio Donata per questa bella testimonianza di un lavoro intenso con i ragazzi che ho vissuto al suo fianco giorno dopo giorno.
Titta
Un commento duro il tuo ma che condivido
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