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giovedì 23 maggio 2019

QUANDO IL POTERE POLITICO IMBAVAGLIA LA SCUOLA



  CULPA IN VIGILANDO…
                                                                                      


Video      

 La memoria di ieri    I fatti di oggi                             https://youtu.be/mvOuXEEhPJ4https://youtu.be/mvOuXEEhPJ4




Sono state centinaia le iniziative, migliaia le prese di posizioni, centinaia di migliaia le firme per le petizioni online a sostegno della professoressa di Palermo, l’insegnante Rosa Maria Dell’Aria,
 sospesa dall’insegnamento per non aver vigilato sul  video dei suoi studenti in cui il decreto sicurezza voluto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini era paragonato alle leggi razziali nazifasciste.        
Non si contano più i sit in, gli appelli, gli interventi di intellettuali, le prese di posizioni delle varie scuole, dei docenti, degli studenti. Oltre 50 associazioni universitarie si sono rivolte al presidente della Repubblica e al premier Conte. Il 21 maggio nelle scuole in tutta Italia(anche a Vicenza) i docenti hanno letto gli art 21 e 33 della Costituzione.  
Ho firmato anch’io ovviamente. 
Quello che le è successo ci riguarda tutte e tutti, come cittadini prima ancora che come docenti, perché mette in discussione la libertà di opinione e la libertà di insegnamento, pilastri del dettato costituzionale.

 Scelgo di esprimere il mio modesto parere solo ora, a bocce ferme, onde si possa riflettere più pacatamente. Per quarantuno anni consecutivi ho lavorato nella scuola, di cui 31 come dirigente scolastica,  sperimentando, giorno dopo giorno, soprattutto nell’ultimo decennio,  la difficoltà per i docenti di  fare della scuola, della classe un luogo capace di dare ascolto, dignità, opportunità di confronto, di dare senso all’azione educativa soprattutto recuperando la distanza fra scuola e società, per rendere gli studenti capaci di comprendere i fatti del mondo in cui vivono, attraverso la pratica della ricerca. L’obiettivo è sempre stato ed è uno solo: la formazione di menti libere da pregiudizi, flessibili e creative, capaci di connettere pensiero e azione.
Nella mia vita non ho predicato ma agito, sempre, come cittadina attiva e per una scuola che sapesse formare i ragazzi allo spirito critico e libero. “Non sudditi ma cittadini” è stato e continua ad essere il mio slogan preferito.

Condivido perciò la mobilitazione pro professoressa sospesa e i ragazzi della scuola perché, come scrive il Movimento di Cooperazione Educativo
 “Questo provvedimento disciplinare non solo è un attacco al lavoro di ogni insegnante, ma è un attacco alla stessa democrazia. È il tentativo di creare anche dentro la scuola un clima di diffidenza, paura. È il tentativo di “aggredire” la partecipazione democratica, l’espressione libera, il diritto di critica, proprio nel luogo dove invece gli insegnanti sono chiamati dalla Costituzione ad educare bambine/i, ragazze/i alla cittadinanza attiva.

E, aggiungo io, gli insegnanti “devono” educare alla libertà e alla critica.



Ammetto, sono preoccupata per quanto è accaduto.  È senza dubbio un fatto importante, significativo e positivo che, da quando si è diffusa questa incredibile notizia, si sia sviluppata una mobilitazione generale;  ma, forse, non appare più di tanto che si è trattato anche di censura del lavoro (libero) di un gruppo di alunni. 

Anche questi ultimi sono oggetto di un bersaglio odioso.
Ha ragione Chiara Franzil, quando scrive:

È sempre facile puntare il dito contro i ragazzi. Qualsiasi cosa facciano, per l’opinione pubblica sbagliano. Se hanno delle idee sono offensivi, se non le hanno sono anestetizzati; se combattono per qualcosa vogliono solo bighellonare, se non lo fanno sprecano il loro tempo; se si interessano di politica si rivelano, a discrezione, o ignoranti o manipolati, se ne stanno alla larga sono disillusi e indifferenti. Eppure i ragazzi sono nel mondo, quotidianamente lo incontrano e provano a interpretarlo usando tutti gli strumenti – valoriali, culturali, tecnici – a loro disposizione. Se sono fortunati, trovano sulla propria strada qualcuno che si prende la briga di accompagnarli in questo faticoso lavoro di costruzione di significati. A volte, quel qualcuno è una insegnante”.

Chi ha a cuore la formazione dei ragazzi fornisce elementi per stimolare un pensiero critico e non per omologarsi al pensiero dominante. La posta in gioco in questa vicenda non è se sia giusto o meno l'accostamento dei provvedimenti attuali a quelli del ventennio, ma se sia giusto o meno che degli adolescenti esprimano un loro pensiero.
Ridurre la discussione al rispetto di leggi emanate in uno stato democratico è banale.
Chi di noi non critica una legge? Poter manifestare il proprio disaccordo è alla base della vera democrazia.  
Per quanto mi riguarda ho lottato sempre, all’interno della scuola e da cittadina attiva fuori contro l’utilizzo della stessa per favorire e produrre adesione acritica, conformismo, passività; per attaccare e indebolire i legami sociali, l’alleanza educativa tra i diversi attori che la vivono.

E qui si tratta di un attacco feroce alla scuola pubblica.


Questa povera nostra scuola pubblica continua ormai da tempo, ad essere oggetto di tentativi politici di   snaturare il proprio ruolo Talvolta si è intervenuti in modo manifesto e trasparente, e talvolta lo si è fatto in modo subdolo: scuole aziende in competizione l’una contro l’altra, dirigenti scolastici nel ruolo di “sceriffi”, il degrado provocato alla scuola pubblica attraverso tagli continui alle risorse, finanziarie e umane. 
Oggi, infine, assistiamo a un esercizio del controllo divenuto poliziesco e repressivo, suscitando negli studenti il timore di interpretare liberamente la realtà nella quale vivono.  

Quanti sit in, quante firme   in piazza ho raccolto in difesa della Costituzione e della libertà dell’insegnamento, come aderente al comitato LIP, contro i finanziamenti privati alla scuola pubblica, la mercificazione e l’aziendalizzazione della stessa.

La CENSURA operata alla prof.ssa di Palermo spiega tutto, POLITICAMENTE, purtroppo.
Romano Luperini, uno dei massimi esponenti della critica letteraria italiana, scrive a proposito della vicenda:
   
“Questo atto di forza vuole intimidire non solo una categoria (gli insegnanti) ma tutti i cittadini. E che si sia partito dai docenti non è casuale: sono loro che devono insegnare il rispetto dei diritti, la democrazia, la tolleranza, i principi della Costituzione antifascista. La scuola da sempre è un terreno di resistenza. Per questo è stata colpita per prima.

Questa prova di forza è solo un inizio, un ballon d’essai per vedere quanto avanti ci si può spingere sin da oggi nella fascistizzazione dello stato. Per questo esige una risposta pronta e decisa. Già gli insegnanti e gli studenti di Palermo, che sono subito scesi in sciopero, hanno reagito con decisione.
Nessuno sottovaluti quanto è successo. Di qui in avanti nessuno è più sicuro e, come è successo alla insegnante di Palermo, chiunque può trovarsi la Digos in casa o in classe. 
Si sta procedendo alacremente verso uno stato di polizia, e bisogna resistere, resistere subito con gli strumenti della democrazia ma con il massimo di determinazione”.


Dobbiamo, come CITTADINI, essere a fianco di docenti e studenti e alzare altissima la voce contro quello che sta serpeggiando nella scuola: timore e sconcerto.

Sì, gli insegnanti nelle scuole hanno paura
Potranno continuare a insegnare come finora hanno fatto decidendo liberamente di che cosa discutere al di fuori degli argomenti strettamente scolastici oppure dovranno limitarsi, cancellare i progetti, censurare sé stessi e i propri alunni?
 In altre parole, la Costituzione tutela la loro autonomia di insegnamento oltre che la libertà di pensiero: ma dovranno aspettarsi polemiche e polveroni politici e mediatici per ogni progetto presentato? Non è che ci troviamo di fronte a uno stato che sempre di più vuole influenzare il libero pensiero nelle scuole?
Altro che fare politica a scuola, i partiti non facciano politica sulla scuola con strumentalizzazioni e sterili polemiche.

Piacciono solo i cittadini indottrinati? Obbedienti? 
 La scuola lavora e deve lavorare affinché gli studenti abbiano un pensiero critico, sviluppino ragionamenti indipendenti e imparino a pensare con la propria testa.  

La Scuola è luogo di libertà, di civismo, di educazione alla tolleranza e ai saperi che educano al libero pensiero.

Non sarà che il far uscire dalle nostre aule cittadini consapevoli, capaci di interpretare criticamente la complessità dell’esistente è una minaccia intollerabile, per chi ci vuole e ci ha voluto sudditi, non cittadini?

E allora, non si molli.  
Don Milani oggi è più che mai attuale.

Lo abbiamo ripetuto agli studenti nei corsi sui Pfas organizzati come Movimento di cittadini attivi del Veneto.  


Continuiamo ad avere il coraggio di dire ai giovani sempre che non sono sudditi ma cittadini.

Donata Albiero                 23 maggio 2019 




































sabato 11 maggio 2019

SCUOLA: TUTTI DIVERSI IN UNA DIVISA UGUALE?


  II grembiule soffoca la individualità? 
  
 Il grembiule rende gli alunni uguali?  


 Tempo di elezioni.  Si parla di scuola e i Politici di turno fanno proposte 

“Scuola: Salvini, vorrei reintrodurre il grembiule”
 "Abbiamo appena reintrodotto l'educazione civica a scuola e vorrei che tornasse anche il grembiule per evitare che vi sia il bambino con la felpa da 700 euro e quello che ce l'ha di terza mano perché non può permettersela. Ma sento già chi griderà allo scandalo ed evocherà il Duce, ma un paese migliore si costruisce anche con ordine e disciplina"

Un sondaggio (maggio 2019) di OrizzonteScuola,it sull’ obbligatorietà del grembiule a scuola tra i docenti non lascia dubbi. Il 77% favorevoli su più di 4mila e 700 partecipanti.

 Skuola.net riporta invece un sondaggio effettuato tra un migliaio di studenti: circa il 52% ha bocciato l’idea.





Non ci siamo, non ci siamo proprio.
Tra le tante problematiche reali del nostro sistema scolastico, bullismo, strutture mancanti, stipendi da fame dei docenti, riduzione di ore di insegnamento, decurtazione di fondi per le scuole statali … questa questione la ritengo, così come è stata fatta, per come è stata fatta pseudo ideologica

Per la fonte della proposta e la strumentalità della stessa, non vale neanche la pena aprire il dibattito sull’opportunità o meno di reintrodurre in via obbligatoria grembiuli o imporre divise scolastiche, all’americana (Nell’autonomia scolastica la competenza spetta solo alle singole scuole).
Non perché l’argomento non possa avere un suo senso pedagogicamente parlando, tutti uguali almeno nel vestiario (lo so bene essendo stata dirigente scolastica per 31 anni), anche se secondo molti non ce l’ha, visto che le disuguaglianze non si buttano sotto al tappeto del grembiule, si combattono col welfare e il confronto con le famiglie…

Quale significato dare alla parola uniforme-divisa scolastica?
Ormai da circa vent’anni è l’interrogativo che fonda il dibattito tra favorevoli e contrari. Funzione identificativa e senso di appartenenza a un gruppo, maggiore ordine e disciplina, miglior rendimento scolastico, netta diminuzione dell’assenteismo, delle disuguaglianze e delle conseguenti discriminazioni da un lato, oppure appiattimento dell’io, repressione dell’espressività e della fantasia personali, militarizzazione e standardizzazione del gruppo dall’altro?

Come dirigente scolastica (di scuole primarie e poi delle scuole secondarie) non ne ho mai fatto una battaglia di principio perché erano ben altre le priorità: garantire l’inizio scuola senza supplenti, assicurare il servizio pre scuola e post scuola, il prolungamento delle attività scolastiche, l’integrazione degli alunni a tutti gli effetti, i corsi di recupero gratuiti,  collaudare strutture scolastiche sicure, strumentazioni didattiche innovative e godere, didatticamente, della collaborazione reale tra famiglie e scuola, concordare il divieto in classe del cellulare…

Ho lasciato la scuola alcuni anni fa. Non penso che i problemi in cui mi dibattevo quotidianamente io siano oggi risolti. Anzi! Ecco perché, il grembiule a scuola, se non trovava l’assenso della gran parte dei professionisti e degli utenti, poteva aspettare.

Ad ogni modo, a chi mi ha riproposto la questione, ho sempre consegnato un articolo pubblicato nel 1968 sul Corrierino dei piccoli, a firma di “un certo” Gianni Rodari, che  riguarda proprio una riflessione sul tema grembiule.

Lo suggerisco oggi più di ieri.

Ecco il testo, ripreso da Famiglia Cristiana:
Ho seguito su un grande giornale una piccola polemica. Questa parola deriva dal greco “polemos”, che voleva dire “combattimento”. Ma per fortuna le polemiche giornalistiche si fanno senza bombe atomiche, con la penna o con la macchina per scrivere.
Dunque un noto professore di pedagogia (che sarebbe la scienza dell’educazione) si diceva contrario all’obbligo per gli scolari di indossare il grembiulino, col collettino col fiocchettino: la tradizionale uniforme dentro al quale i bambini dovrebbero sentirsi tutti uguali di fronte al maestro, ma che contrasta con la personalità, lo spirito di indipendenza, la libertà dei bambini.
Due madri di famiglia gli rispondevano sottolineando i vantaggi del grembiulino: economia, praticità, igiene, impossibilità (per le bambine specialmente di fare sfoggio di vanità.
Voglio entrare anch’io nel “combattimento”. Sono armatissimo, perché ho chiesto l’opinione dei maestri che conoscevo. «Se non ci fosse il grembiulino i bambini poveri avrebbero l’umiliazione di mostrare le loro toppe nei pantaloni ai bambini ricchi, vestiti come figurini».
 Questo ragionamento non mi convince. La povertà va abolita, non nascosta. Bambini con le toppe nei pantaloni non dovrebbero essercene più, ecco tutto.
Un altro maestro mi ha detto: «Il grembiulino aiuta la disciplina. Che cosa ne diresti di un esercito senza divisa, un soldato col maglione rosso, un caporale con il gilè a fiorellini?». Nemmeno questo ragionamento mi convince: la scuola non è una caserma. E sulla disciplina bisogna intendersi bene: secondo me una classe non è veramente disciplinata quando ascolta immobile e impassibile le spiegazioni del maestro, pena un brutto voto in condotta, ma quando sta facendo una cosa interessante, così interessante che a nessuno viene in mente di guardare dalla finestra, o di tirare le trecce alle bambine, o di leggere un fumetto sotto il banco.
Un grembiule o magari una bella tuta da lavoro, mi sembra indispensabile se si fa giardinaggio, se si usa la macchina per stampare (molte scuole al usano), se si fanno pitture con grandi pennelli, per non sporcarsi. Cioè. Accetto il grembiule dove e quando è utile e necessario. Come simbolo di uguaglianza, disciplina, eccetera non lo capisco. Il fiocco, poi, dà proprio fastidio. In certe scuole lo fanno portare lungo lungo, largo largo. Prima si vede il fiocco poi il bambino che c’è dietro. Ma forse in quelle scuole li fanno scrivere col fiocco invece che con la penna. Senza offesa per nessuno, ho detto la mia. Se non siete d’accordo non tiratemi le pietre: tiratemi i collettini bianchi, che fanno meno male”.

A voi ora, la decisione

Rodari è sempre Rodari

Donata Albiero

martedì 7 maggio 2019

"LE GOCCE CHE SCAVANO LE ROCCE". LA NUOVA ONDA DEGLI STUDENTI



 "IL CORAGGIO DI DIRE AI GOVANI CHE SONO TUTTI  SOVRANI"  



Un’impresa che all’inizio pareva solo un sogno: penetrare nelle scuole per sensibilizzare gli studenti su una problematica difficile e “pericolosa” per le Istituzioni:  L’INQUINAMENTO DA PFAS.



UN ANNO DI LOTTA E FORMAZIONE
Clicca ...per sapere come è andata!  

PROGETTO A .S. 2018 /2019 
“Salvaguardare la salute  minacciata dalla contaminazione PFAS nelle falde del sud ovest Veneto”  

Donata Albiero