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domenica 6 maggio 2018

VIOLENZA A SCUOLA , FILIGRANA DELLA SOCIETA' CONTEMPORANEA


Violenza, non è nella scuola la radice del problema     
 Cresce la violenza a scuola, è un fatto.
Ragazzi bullizzano ragazzi, ragazzi bullizzano insegnanti, insegnanti bullizzano ragazzi, genitori  bullizzano insegnanti, insegnanti bullizzano genitori, genitori bullizzano ragazzi.
C’è qualcosa che non va, è indubbio.  Ma io insisto, la violenza a scuola è soltanto il riflesso di una violenza generalizzata che c'è nella nostra società e che tutti respiriamo.
E mi soffermo sulla questione che riguarda i ragazzi
L’aggressività dei giovani, il loro vivere senza limiti, la loro impulsività, è il prodotto di una società in trasformazione, che in parte non ha saputo trasmettere, nella famiglia e nella convivenza civile, autocontrollo, autorevolezza e rispetto delle regole, che non ha saputo proporre modelli costruttivi, che non ha saputo dare loro l’attenzione necessaria ed evitare quelle modalità educative che hanno invece rinforzato gli atteggiamenti trasgressivi.

Le analisi degli “esperti” portano tutte alle medesime conclusioni: i giovani non sono più in grado di reggere lo stress e sopportare l’insuccesso; i genitori sono diventati troppo protettivi e concedono tutto ai figli, difendendoli a oltranza anziché punirli quando necessario; la scuola da parte sua ha perso prestigio e autorevolezza, e così pure chi vi lavora. E potrei continuare.

Come ho ribadito in più occasioni, la violenza non nasce nei microcosmi della scuola o della famiglia, che ne sono semmai i terminali ultimi, ma è la filigrana vera e propria della società contemporanea.
I giovani respirano quotidianamente violenza senza accorgersene, e poi la vomitano perché è un veleno che intossica l’anima.

Di fatto, la scuola diventa sempre più il luogo dove le frustrazioni e le contraddizioni presenti nella società emergono in maniera drammatica.
Alla scuola viene chiesto di sopperire a tutte le carenze di una società in crisi di identità, investendola di carichi e richieste che esulano dalla sua mission istituzionale di agenzia pedagogico-formativa.
La scuola ogni giorno è in trincea ma il nemico contro cui combattere non è il genitore manesco o il ragazzo indisciplinato o il docente autoritario. 


  A far chiudere i pugni sono i continui incitamenti al successo a tutti i costi, all’indegnità dello sconfitto, all’individualismo competitivo e cinico, l’ansia soffocante di controllo, l’ingiustizia troppe volte impunita, il veleno dell’ “è tutto uguale, una cosa vale l’altra”.
Ma, c’è un ma che delinea le nostre responsabilità di adulti
Non parliamo (ascoltiamo) più i giovani, neppure i nostri figli. Perché anche noi ormai parliamo la sola lingua comprensibile alla mente della nostra società: il denaro, i consumi, la crescita economica.
E diventiamo sempre più egoisti, chiusi, violenti
E trascuriamo il linguaggio dei sentimenti e delle emozioni e della resilienza,
 educando al senso del limite, anche alla fatica del vivere.

Il bullo (anche a scuola) non è altro che l’autoritratto (oggi diremmo “selifie”) di unha società che ha smarrito se stessa. 
Colpevolizzare o punire serve a poco.  
 E’ necessario un confronto culturale permanente per contrastare il degrado morale e etico di una società che ogni giorno si esprime nella violenza, nel bullismo, ripristinando il rispetto delle regole e del bene comune, cominciando dalle piccole cose, dagli aspetti più minuti della vita quotidiana.

Significa lavorare per ripristinare un’alleanza educativa tra scuola e famiglia, un vero patto di corresponsabilità educativa, un contratto sociale . Docenti e genitori devono collaborare per lo sviluppo e la crescita degli studenti.
 Per far questo, però, bisogna ridare centralità al ruolo dell’insegnante, troppo spesso delegittimato e lasciato solo ad affrontare le sfide educative. 

Donata Albiero                                                                          6 maggio 2018


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