Il diritto allo studio deve passare attraverso la gratuità della
mensa
La “questione mensa”, sorta in Piemonte in seguito ad un ricorso di un gruppo di genitori che hanno rivendicato il diritto di poter far consumare il panino portato da casa ai propri figli, è giunta ormai al termine, con la vittoria dei genitori, grazie alle sentenze della Corte d’Appello e del Tribunale di Torino “… la gratuità dell’istruzione è un principio assoluto e in alcun modo relazionato al reddito dei soggetti che devono fruirne. Subordinare il diritto allo studio all’adesione al servizio a pagamento viola il dettato costituzionale”
Il panino della
vittoria o della sconfitta, a seconda dei punti di vista.
La sentenza ha
innescato una reazione a catena in altre Regioni creando non poche polemiche e difficoltà
di tipo organizzativo.
Sono molto preoccupata per gli
sviluppi che porterà tale sentenza.
La questione di fondo è correlata alla norma sul diritto allo studio che ha portato la
refezione scolastica ad essere riconosciuta come parte integrante della
formazione scolastica.
Nel 2010 vengono emanate dal Ministero della salute le linee di
indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica che diventa uno strumento
fondamentale di educazione alimentare. Queste “muovono dall’esigenza di
facilitare, sin dall’infanzia, l’adozione
di abitudini alimentari corrette per la promozione della salute e la
prevenzione delle patologie cronico-degenerative di cui l’alimentazione
scorretta è uno dei principali fattori di rischio”.
In altri termini, l’istituzione della
mensa scolastica ha storicamente perseguito gli obiettivi irrinunciabili in una
scuola pubblica, di garantire a tutti i bambini, indipendentemente dalle risorse della loro famiglia, almeno un pasto di elevato valore nutritivo e
bilanciato al giorno e fare del momento del pasto un momento di educazione sia alimentare sia comportamentale.
Per questo motivo, la presenza in mensa fa parte dell’orario di lavoro degli
insegnanti ed i bambini, almeno fino a tutte le classi della scuola primaria
non sono lasciati a se stessi mentre sono a mensa.
La ristorazione scolastica,
pertanto, non può essere considerata riduttivamente come un soddisfacimento di fabbisogni
nutrizionali, ma va intesa come un momento di educazione e di promozione della salute salute. Mangiare a scuola vuol dire anche arricchire il modello alimentare
casalingo, attraverso nuovi sapori, gusti ed esperienze alimentari, gestendo le
difficoltà di alcuni bambini nei confronti dei piatti mai assunti o di fronte a
un gusto non gradito al primo assaggio.
La refezione scolastica è una componente
fondamentale della didattica e non si
possono escludere alcuni bambini da questo momento di crescita.
Rinforza tale concetto Chiara Saraceno quando scrive:
“ Paradossalmente, questa funzione
educativa della mensa è stata riconosciuta anche dalla sentenza dei giudici
della Corte d’appello di Torino del 22 giugno scorso, che ha dato ragione ai
genitori che chiedono di lasciare a scuola i figli con il pasto portato da
casa, senza obbligarli a tornare a casa per mangiare. Secondo la Corte, tuttavia, è “il tempo della mensa”, il
tempo dedicato al pasto, non il fatto di imparare, insieme ai propri compagni,
a mangiare cose diverse ed eventualmente confrontare e rispettare esigenze dietetiche
o di cultura alimentare differenti, ad essere parte della formazione dei
ragazzi. Il che mi pare francamente riduttivo”
Insisto.
C’è un discorso di uguaglianza e di corretta nutrizione: una ricerca dello University College di Londra (2012) ha valutato che gli apporti nutrizionali del pranzo portato da casa erano nettamente inferiori a quelli presenti nel menu scolastico. A scuola si mangia con maggior attenzione alle qualità (la scelta dei fornitori è sempre più bio e a filiera corta), c’è un incentivo alla varietà e un controllo medico sulle porzioni, con relativo carico di apporto calorico e di nutrienti.
C’è un discorso di uguaglianza e di corretta nutrizione: una ricerca dello University College di Londra (2012) ha valutato che gli apporti nutrizionali del pranzo portato da casa erano nettamente inferiori a quelli presenti nel menu scolastico. A scuola si mangia con maggior attenzione alle qualità (la scelta dei fornitori è sempre più bio e a filiera corta), c’è un incentivo alla varietà e un controllo medico sulle porzioni, con relativo carico di apporto calorico e di nutrienti.
L’educazione alimentare, tentata progressivamente a
scuola anche attraverso le mense, è una conquista per i genitori
e per i bambini a cui non si deve rinunciare .
Altra cosa è invece discutere della qualità della mensa scolastica e del costo di tale servizio che, coerentemente con quanto enunciato finora, essendo un momento della didattica scolastica non può, nella scuola dell’obbligo, comportare alcuna spesa da parte delle famiglie.
Perciò anch’io come
Chiamparino, governatore del Piemonte invoco una legge “Bisogna colmare il vuoto normativo
evidenziato dalla magistratura. Il tema dei costi troppo alti non può essere
sfruttato smontando una conquista raggiunta negli anni”
Donata Albiero
APPROFONDIMENTI
Una mela avvelenata anche a scuola ?
http://donataalbiero.blogspot.it/2016/09/mela-avvelenata-anche-scuola.html
Merendiamo bene a scuola
http://donataalbiero.blogspot.it/2015/12/merendiamo-bene-scuola.html
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