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domenica 26 agosto 2018

PAESE DELLA VOLGARITA’ E DELLE PAROLACCE: MANCANZA DI EDUCAZIONE?


Mancanza di educazione o malaeducazione? 

I bambini ci guardano         https://youtu.be/2EioSHrivj4

             


E’ un dato di fatto. 
Parolacce, offese, insulti, gesti osceni e sessisti, trivialità, ormai, si possono ascoltare e vivere ovunque in Italia: nei palazzi di Potere, in autobus, a scuola, negli uffici, in facebook.
A tutti i livelli.

L’italiano, una lingua nobile, rischia di diventare schiava di una modernità che è ignoranza, scurrilità e dimostra solo la propria volgarità. 

D’accordo: la lingua è una cosa viva, che evolve di pari passo con chi la parla e con la società in cui vive.


Allora perché resistere?                           
Perché rivolgersi, ancora, agli altri in modo educato?
Perché chiedere rispetto: tra genitori e figli, professori e studenti, autorità e cittadini, immigrati e residenti, vicini e lontani, amici, conoscenti e sconosciuti.
Perché?
Perché ci sono i nostri figli, i nostri alunni, a cui dover dar conto.                                       E’ l’esempio che diamo come genitori ed educatori (stendo un velo pietoso sui politici) che conta, non mi stanco mai di ripeterlo.    

Purtroppo, i bambini sentono le parolacce in continuazione dagli adulti, dai genitori, dalla gente dello spettacolo, nei dibattiti pubblici, dai politici. Il modo di parlare, il comunicare dei grandi è diventato sempre più frequentemente ingiurioso, offensivo e violento. 

Quindi?

Inutile lamentarsi della mancanza di educazione dei giovani se i modelli che proponiamo loro sono ben altri. 
Come pretendere che in un litigio un ragazzo non mandi a… quel paese (ma l’espressione è ormai d’altri tempi) un genitore, se è lo stesso genitore che insulta il proprio figlio, magari offende apertamente l’insegnante che, a suo parere, ha valutato ingiustamente il proprio pargolo, oppure ridicolizza senza mezzi termini una persona di cui non condivide il modo di essere” sostiene Giuseppe Maiolo, docente Psicologia dello sviluppo – Università di Trento, che aggiunge:  
Come aspettarsi che a scuola gli scolari ascoltino chi parla, rispettino i compagni e non li offendano, se gli adulti per primi non rispettano le regole comuni, sono offensivi e prevaricatori? 
Cosa significa parlare di legalità, di onestà, di rispetto dei più deboli, quando prevale negli atteggiamenti comuni, tra gli uomini pubblici, quelli che contano, arroganza, falsità, imbrogli, malaffare, esibizionismo e il proprio tornaconto?  

Non è mancanza di educazione. La dobbiamo chiamare, caso mai, mala educazione quella che stiamo proponendo in questo momento

Pienamente d’accordo.












Non si trasmettono certo con le parole valori come rispetto, accoglienza, partecipazione, ma è con i fatti e l’esempio che educhiamo alla tolleranza e alla comprensione, alla disponibilità e alla solidarietà, così come all’empatia.                  

Non si diventa “buoni” perché ci dicono di esserlo o ci spiegano come fare, ma perché vediamo come si comportano gli altri. 

Far crescere, vuol dire educare con l’esempio e non dire quello bisogna fare.  Prima di dire come bisogna comportarsi, l’adulto deve mostrare con i fatti e con il suo modo di essere quello che chiede.

Incominciamo dalle piccole cose quotidiane come educare a chiedere “per cortesia”, domandare “permesso” prima di entrare, salutare con un sorriso, ringraziare per un aiuto, attendere il proprio turno sia per prendere qualcosa che per parlare. 



Regole elementari e di base, che devono essere fornite ai bambini e rispettate da tutti. Sempre.

 Regole che valgono in famiglia e a scuola. Ovunque.

Questione di rispetto: per se stessi, per gli altri  



 Donata Albiero 

PS   Sull'argomento della "buona educazione"  vedasi anche   
      Monsignor Della Casa a scuola 
 http://donataalbiero.blogspot.com/2015/10/monsignor-della-casa-scuola.html )


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