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sabato 29 luglio 2017

ESTATE A SCUOLA?


   Scuole aperte anche d'estate  


Un vecchio dibattito si ripropone ogni anno con la fine dell’anno scolastico, stavolta ancor più aspro dopo che è stato annunciato alla Stampa dalla ministra all’istruzione Fedeli a giugno 2017 il nuovo piano “Scuole aperte anche d'estate” sul quale i tecnici stanno lavorando, che punta a rivoluzionare l'intero sistema scolastico.

Prendo lo spunto, da quanto scrive la giornalista E. Ambrosi (18 giugno 2017)
 “Il tema non è dei più appassionanti, almeno per chi non ha figli e vede ogni anno, verso maggio e giugno, giornali e tv attraversati dalla solita, sterile, polemica  sull’opportunità di lasciare aperte o meno le scuole d’estate. Per chi i figli ce li ha, tuttavia, l’argomento è di sicuro tra i più sentiti, visto che nel nostro Paese quanto a calendario scolastico siamo fermi, credo, a una cinquantina di anni fa: le scuole chiudono intorno al dieci giugno e riaprono a settembre inoltrato, scaricando sulle spalle delle famiglie ben tre mesi di vacanze che vanno organizzate con le forze a disposizione, che sono spesso – specie per le famiglie non benestanti o con nonni e parenti lontani o non più vivi – molto poche e da centellinare con cura (visto che, tra l’altro, si continua a lavorare fino al dieci agosto per avere una ventina di giorni di ferie o poco più).”

   Premetto che difendo la scuola pubblica, l’ho sempre difesa. Sono ben consapevole dello stato di degrado che essa presenta, spesso priva di spazi e strutture alternative ai soli posti aula; sono altrettanto ben consapevole del ruolo istituzionale che essa ricopre, di formazione educazione istruzione degli allievi, non certo di servizio assistenziale e sociale.
  
   Sostengo le lotte democratiche e pacifiche dei collettivi studenteschi, le ho sempre sostenute, contro l'indifferenza con cui i vari Governi, ma soprattutto l’ultimo, stanno facendo sgretolare le scuole pubbliche, nel silenzio, nella ignoranza dei problemi, nella superficialità distratta dei provvedimenti di emergenza ...
   
    Lotto per la scuola pubblica della Costituzione, ho sempre lottato,  ritenendo che essa debba  restare uno spazio comune, libero, autonomo dove far crescere bimbi che dovranno essere persone consapevoli, dotate di strumenti tali da consentire  loro di saper e poter scegliere, di avere uno sguardo critico e autonomo.
   
     Considero la legge 107, l’ho considerato fin dalla sua approvazione (ho raccolto le firme in piazza per la sua abrogazione), una beffa al Paese  perché  riduce la scuola a essere  classista, verticale,  autoritaria, aziendalista .

  Conosco, dunque, bene a cosa è stata ridotta la scuola, devastata dall'incuria, dalle clientele e dalle ideologie. Non sono una sprovveduta e sono scettica di fronte agli annunci del ministro di turno per la scuola aperta d’estate; ogni volta, mi chiedo se sia solo 'opportunismo politico’ che, se applicato, senza un vero Progetto dello Stato, sfigurerebbe la scuola italiana, trasformandola in parcheggio  estivo in funzione di supplenza e di babisitteraggio pubblico.     
   
 C’è il reale pericolo che i bambini siano trasformati in mini reclusi, condannati a consumare l'infanzia senza aver mai corso in un prato, giocato con le farfalle, odorato i fiori, guardato le stelle

Però, chiarite le premesse e l’alta considerazione che ho per la scuola pubblica e i professionisti che vi operano, io non sono contraria  alla scuola APERTA tutto l’anno, anche d’estate.

La ragione è semplice.
La scuola, io non la vedo, né l’ho mai vista quando ho operato in essa, come un insieme di uffici, di personale; è arte, politica, cultura, è compagnia, è lavoro, è gioia, è futuro.               
La scuola dovrebbe essere la meta dell’agenda di ogni Governo, di ogni Regione, di ogni Comune. 

E qui sta il punto
La scuola deve condividere i suoi spazi e diventare veramente bene comune tenendo aperte le aule anche oltre il calendario e l’orario  scolastico  

   Nel caso specifico dei ragazzi, vedo la  scuola  un luogo laico  dove le famiglie che ne hanno necessità trovino i servizi estivi ideati dai comuni (meglio se in accordo con le esigenze formative delle scuole), con personale specializzato esterno, rivolti alle diverse fasce d'età, dove si promuovano esperienze educative e di socializzazione all'interno di contesti stimolanti, creativi e rilassanti; servizi di supporto alle famiglie, che rispondono a precisi requisiti e standard qualitativi, per chi resta in città (per favore non demonizziamo le esigenze sacrosante delle famiglie) .     
   Naturalmente, tutti i progetti educativi dovranno mirare a soddisfare il bisogno primario dei minori di divertirsi, muoversi, conoscere nuovi amici, inventare, costruire, partecipare attivamente e da protagonisti alle diverse attività proposte,  con un'attenzione particolare rivolta al rispetto reciproco e alla natura.

Basterà essere chiari sul tipo di servizio (centro estivo)  e su come verrà svolto. 
 Le opportunità per bambine e bambini si potranno basare su un sistema integrato di iniziative estive, alcune curate direttamente dall'Istituzione nelle proprie sedi e con proprio personale (senza essere però obbligata a farlo), altre o in toto organizzate dal Comune con personale ad hoc, rispetto ai quali l'Istituzione eserciti un ruolo di governo dell’offerta complessiva, favorendo le condizioni di accessibilità e di pari opportunità dell'utenza.

Il vero problema è però  il centro estivo generalizzato, modulato e flessibile, con delle linee guida chiare che stabiliscano le regole su chi e come occuparsi degli studenti, della cui istituzione e dei corrispondenti oneri dovrebbero  farsi carico lo Stato e gli Enti Locali.                                             Ma alla  fin fine, basterebbe che lo Stato finanziasse i comuni con un apposito capitolo, lasciando ad ogni comunità decidere di quali centri estivi abbia bisogno, in che fasce orarie e in che ambienti svolgerli… anche in  una scuola, quando necessario

Che ve ne pare?

Donata Albiero



sabato 15 luglio 2017

LA PERDITA DI LEGAMI PUO’ CONDURRE ALLA VIOLENZA


Signore signori, vi presento la Generazione Hashtag, il mondo degli adolescenti che comunicano con un #, che vivono sui social e che parlano attraverso le chat di messaggistica istantanea.

E’ la generazione che usa il telefono anche in maniera distorta: cyberbullismo, selfie pericolosi, social mode, grooming, sexting, sextortion, revenge porn…una piaga sociale che dilaga anche tra i più piccoli, una gogna mediatica da cui tante volte è veramente difficile uscirne.


  “Comportamenti tecno-mediati che stanno diventando una piaga sociale          
come il cyberbullismo, messo in atto da circa 2 adolescenti per classe, il sexting da quasi 1 ragazzo su 10, la vendetta pornografica che ha portato anche in alcuni casi al suicidio e le social mode che favoriscono l’abuso di alcol e i disturbi alimentari, a cui partecipano oltre il 20% dei ragazzi. Selfie a rischio per 2 adolescenti su 10 che spesso perdono la vita pur di non staccare gli occhi dal cellulare, come testimoniano gli innumerevoli casi di cronaca e nuove patologie come la nomofobia (paura di rimanere senza cellulare) o la FOMO (paura di essere tagliati fuori)”.

Una legge, quale quella   approvata a maggio 2017,  la legge contro il  cyberbullismo, servirà per davvero a fermare tale fenomeno dilagante?  

Ai posteri l’ardua sentenza.
Io insisto su alcune considerazioni che ho sviluppato in precedenti post da cui ritengo che si debba partire per affrontare prevenendo il problema del bullismo e del cyberbullismo:

 



Non parliamo (ascoltiamo) più i giovani, neppure i nostri figli. Perché anche noi ormai parliamo la sola lingua comprensibile alla mente della nostra società: il denaro, i consumi, la crescita economica.
E diventiamo sempre più egoisti, chiusi, violenti

E trascuriamo il linguaggio dei sentimenti e delle emozioni e della resilienza.



Ci illudiamo che basti educarli alla competizione per la vita e per il successo, incutendo così maggior paura, ansia e meno autostima.

Bisogna invece comunicare se …vogliamo salvare i nostri ragazzi.

Comunicare nel circuito virtuoso tra scuola, società, famiglia.
 Educando al senso del limite, anche alla fatica del vivere.

Ascoltare, poi, il proprio cuore, assecondando le proprie capacità e attitudini. Insomma, vivere non in funzione di… ma ascoltando le risorse dell’animo, costruendo un futuro di senso.

Donata Albiero

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