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sabato 19 agosto 2017

LICEI BREVI, FUTURO SVENDUTO DELLA SCUOLA PUBBLICA?

La scuola fast and furious  


Nel cuore delle vacanze scolastiche, anche quest’anno non poteva mancare la notizia-bomba riguardante la scuola pubblica: la firma di un decreto da parte della ministra dell’Istruzione per la sperimentazione del liceo breve, esteso a 100 classi a partire dal 2018/19 
Si tratta per essere concreti della riduzione del ciclo di studi delle scuole secondarie superiori a quattro anni.  
E’ in realtà un dibattito vecchio.
“ Da anni, scrive Marina Boscaino , le “riforme” che hanno colpito (e con violenza) la scuola ammiccano a precocismo e rapidità: Berlinguer immaginò senza esito un ciclo di 7 anni, seguito da biennio comune e triennio specifico per i vari indirizzi; la scuola “delle 3i” di Moratti realizzò gli anticipi; e ora la secondaria di secondo grado ‘breve’ , evergreen riproposto  periodicamente.  La velocità? Ce la chiede l’Europa


Lo confesso, 17 anni fa, guardavo con interesse alla “legge sul riordino dei cicli” di Berlinguer approvata nel febbraio 2000. Mi pareva un’idea “forte” il puntare a costruire un percorso scolastico lungo incentrato sull’apprendimento, che fosse in grado di rimuovere sin dai primi anni i dislivelli di partenza. La riforma dei cicli prevedeva l’unificazione in un unico ciclo di 7 anni della scuola elementare e della media; un ciclo della secondaria articolato in un primo biennio obbligatorio, unitario e orientativo e un triennio pre-professionalizzante. La conclusione dell’obbligo a 15 anni alla fine del primo biennio, allineava al resto dell’Europa l’uscita dalla secondaria a 18 anni.
La consideravo una riflessione complessiva sui cicli didattici, dalle scuole elementari alle superiori passando per le scuole medie, per ridefinire alla radice la funzione di questi tre momenti. E come dirigente scolastica mi parve positiva anche perché si presentava come una meditata revisione dei cicli, che vedeva protagoniste le associazioni disciplinari e professionali.
 La legge n 30 sui cicli scolastici non ebbe comunque seguito.
Dopo Berlinguer … infatti fu “punto e a capo“; lo espresse bene lo slogan coniato dal nuovo ministro della Pubblica Istruzione Letizia Moratti che per distinguersi dal Governo precedente, abolì immediatamente tale legge che non entrò mai in vigore.

Tralascio … quella che si rivelò una delusione amara sulla autonomia scolastica che ingenuamente, ritenni all’inizio (correva l’anno 2000 ed ero dirigente scolastica) una occasione per la scuola pubblica di emergere nel suo splendore, forte dei suoi valori educativi.
Disincantata, ho combattuto, poi, quotidianamente, quello che ritenevo essere il concetto perverso che si stava imponendo di scuola rischiatutto, ho esaltato e difeso  il ruolo insostituibile dei docenti che si stava smarrendo, pur cercando  di rendere più funzionale la ‘mia’ scuola statale  modernizzando le sue strutture.  
Mi sono resa conto, in questi ultimi 15 anni che la progressiva distruzione della scuola disegnata dalla Costituzione, laica, libera, pluralista e aperta a tutti, faceva e fa tuttora  parte dell’involuzione neo liberista  della nostra società. 
Perciò ho contestato la legge 107 che delineava la cosiddetta buona scuola.
Se poi parliamo del tempo scolastico, sono stata sempre contraria all’anticipo della scuola dell’obbligo a 5 anni, alla settimana corta, alle ore curricolari sprecate per l’alternanza scuola lavoro

E… veniamo all’oggi, al tempo scolastico breve che si ripropone, di fatto, alle superiori,  alla sperimentazione cioè dei licei brevi prevedendo stessi
obiettivi in quattro anni invece che cinque, con esami di Stato identici ai percorsi quinquennali. Le scuole potranno partecipare a seguito di una apposita progettazione da presentare al Ministero che dovrà comprendere, tra le altre cose: potenziamento lingua con percorso CLIL, attività laboratoriali e tecnologie digitali, rafforzamento alternanza scuola-lavoro e progetti su mobilità internazionale.

Mi chiedo
Come?  Con un taglio secco di un anno di scuola superiore basato su un concorso di idee delle singole scuole, mantenendo inalterato il folle monte ore dell’ “alternanza scuola lavoro”?  
E come reggere alla stessa mole di studio accorciando di un anno la scuola? Sviluppando metodi didattici “alternativi”, focalizzati sull’acquisizione di competenze e non sullo sviluppo di conoscenze approfondite?  

Chi si vuole prendere in giro?
Diciamolo con franchezza. La riduzione a quattro anni delle scuole superiori si colloca in un processo più ampio di dequalificazione del sistema educativo italiano, teso a modellare l’istruzione sulle esigenze del mercato.
 “Un potenziale risparmio di quasi 1,3 miliardi di euro e un taglio docenti che, a pieno regime, potrebbe arrivare a 40 mila cattedre: l’effetto della riduzione degli anni di scuola superiore e del loro passaggio da cinque a quattro era già stato calcolato quando, nel 2013, l’ipotesi della soppressione di un anno era allo studio del ministro dell’Istruzione del governo Monti, Francesco Profumo. E oggi, dopo l’approvazione del decreto ministeriale, non è cambiata scrive Virginia Della Sala 


E gli studenti? 

 Ancora una volta gli studenti sono stati praticamente ignorati da questo decreto che completa la pessima RIFORMA della SCUOLA, la legge 107 /2015 voluta dal Governo, che “… È calata dall'alto sugli studenti che non vengono interpellati perché considerati dei consumatori di sapere, degli utenti di prestazioni, dei clienti degli istituti. Devono consumare programmi, devono consumare progetti, acquistare certificazioni, e viene dunque eliminato quell'aspetto fondamentale, in un processo formativo, che è la creatività degli studenti. Hanno uno spirito collaborativo e critico che va alimentato e sostenuto, e non eliminato o tarpato sin dall'inizio” (Matteo Saudino).

Dov’è la scuola inclusiva e garante del diritto allo studio, quella scuola pubblica statale grazie alla quale io, capace e meritevole, ho potuto, pur essendo figlia di proletari, studiare, avere borse di studio, laurearmi, diventare dirigente scolastica?
 La scuola pubblica che io sostengo, difendo e che si sta smantellando, permette ad ogni studente di fruire di opportunità educative specificamente strutturate per incontrare i propri basilari bisogni di educazione.

 Non va certo in questa direzione la sperimentazione dei licei brevi
La riduzione di un anno della scuola avvantaggerebbe, di fatto, gli studenti che provengono da famiglie abbienti con genitori laureati che sono in grado di garantire ai figli esperienze, cultura e conoscenze.
Concordo con la Associazione pedagogisti educatori italiani, che si è opposta alla sperimentazione:
 “La scuola deve garantire il diritto all’istruzione per tutti: non deve favorire alcuni soggetti rispetto ad altri, ma fornire pari opportunità per tutti.
E questo significa rispettare i tempi di tutti.
 Non siamo all’interno di una logica aziendale, ma in un processo di crescita.
“…In pedagogia, i tempi sono importanti: l’apprendimento non è la ripetizione mnemonica di concetti, ma il ‘saper fare’, l’avere competenze anche di carattere sociale…”.

Concordo con  la USB scuola che rincara:                                                              
Come è possibile riformare un ordine scolastico superiore senza rivedere il percorso precedente, in modo tale da introdurre quegli approcci socio-pedagogici e didattici che attuando la personalizzazione del processo di insegnamento-apprendimento, consentano l’accesso all’istruzione superiore quadriennale anche ai Gianni di Don Milani , in un ambito che attualmente vede, nel corso dei 5 anni, un aumento della dispersione e una strage fatta di bocciature?
 In effetti all’età di 13-14 anni, cioè al momento del passaggio alle scuole secondarie di secondo grado i “giochi” sono già fatti per i “Gianni” e per i “Pierini”.

Finiamola, denuncia Matteo Saudini, con l’avere in mente due parametri 
“ …Uno economico e uno ideologico, entrambi di rigida matrice liberista.
Il primo, figlio dell'Europa di Maastricht, consiste nella costante riduzione della spesa pubblica e il secondo nella modernizzazione, in senso competitivo, aziendale e tecnologico, dei processi formativi. Per realizzare tale progetto era indispensabile superare la scuola italiana del Novecento, la quale, con tutti i suoi limiti, poggiava su un'architettura costituzionale egualitaria e solidaristica finalizzata all'emancipazione della persona.
…La riduzione a 4 anni del liceo, infatti, porta con sé un innegabile risparmio per lo stato, ma soprattutto permette al governo di modellare il percorso formativo degli studenti ancora di più sul mercato del lavoro e sulle esigenze delle imprese.”  

E allora, per favore, non devastate quel che resta della scuola italiana pubblica, quella per intenderci,  della Costituzione  

Donata Albiero