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lunedì 6 febbraio 2017

VENETI MINORANZA NAZIONALE

A SCUOLA PER IMPARARE IL DIALETTO VENETO?    

 Un veneto a colloquio di lavoro    https://youtu.be/q-bdlWnRJmI


"Molti studenti scrivono male in italiano, servono interventi urgenti". 

E’ il quadro desolante dello stato della nostra lingua nazionale tra i giovani dato da una lettera firmata già da oltre 600 docenti universitari che ora chiedono al governo e al Parlamento “interventi urgenti” per rimediare alle carenze in italiano dei loro studenti

Purtroppo "… non si vede una volontà politica adeguata alla gravità del problema. Abbiamo invece bisogno di una scuola davvero esigente nel controllo degli apprendimenti, oltre che più efficace nella didattica, altrimenti né l'impegno degli insegnanti, né l'acquisizione di nuove metodologie saranno sufficienti".

Sono parole che sottoscrivo al 100% avendo vissuto il mondo della scuola come docente e dirigente scolastica in questi ultimi 40 anni e come madre di due figli.
Fermo restando che la responsabilità non è dei docenti ma  dei Governi italiani che hanno smantellato la scuola pubblica statale anno dopo anno negli ultimi due decenni contribuendo a “L’Italia dell’ignoranza” (Priulla 2011), mi compiaccio che all’improvviso la questione stia risaltando nei giornali e impazza in facebook.

Meglio tardi che mai, mi vien da dire.


Mi chiedo invece come mai poco rumore abbia destato nell’opinione pubblica    l’approvazione da parte del  Consiglio regionale del Veneto il 6 dicembre 2016  della  legge che definisce il popolo veneto una "minoranza nazionale"  e che, rifacendosi al modello sudtirolese, aprirebbe  la strada all'insegnamento del dialetto anche a scuola .
Il motto si potrebbe riassumere così: un territorio da difendere, una lingua da insegnare, il veneto.

L’’intenzione, penso, sia stata  quella di solleticare l’orgoglio dei veneti (io lo sono, sicuramente da molte generazioni, quindi ‘doc’), farli sentire diversi e superiori, inglobati e conquistati, pronti all’autoliberazione, che deve compiersi anzitutto nella sfera della lingua, scritta e parlata.
Il dialetto è il nostro dna, la nostra autenticità, la nostra grandezza. Che cose meravigliose possiamo esprimere in dialetto! In lingua italiana non potremo mai. Il dialetto è la nostra verità, la lingua nazionale è la nostra falsità.

Chiariamoci
I dialetti sono lingue vive e sono cresciute accanto all’italiano come variante di quel grande laboratorio linguistico che deriva dalle lingue di derivazione latina o latina celtica, espressione questi in primo luogo della cultura dei ceti popolari, come diceva Dario Fo, o Pasolini, una cultura sempre negata dalle classi dominanti.
Per mio padre e mia madre, ad esempio, il dialetto vicentino è stata la loro unica forma di comunicazione. 
Ciò detto, i dialetti non sono lingue che si apprendono a scuola ma oralmente nelle famiglie cui sono utilizzati, senza studiare né grammatica, né sintassi. Punto.

«Se ne parla da sempre, ma mi sembra una cosa senza senso, anche perché, banalmente, non c’è un dialetto veneto unico, non ha senso imporlo», sostiene  Massimo  Carlotto ,  scrittore padovano.
“…Ci si dimentica che   è sparito il mondo dialettale.  Altra campagna, altra Natura, altra famiglia, altra madre, altro Dio. Volete far tornare il dialetto? Bene, prima fate tornare quel mondo (Ferdinando Camon)”

Io non sono una linguista, ma conosco la scuola Veneta e i bambini, ragazzi che in questi ultimi  quarant’anni si sono succeduti.
Affermo che insegnare dialetto veneto a scuola sia un errore a tutti i livelli.
I dialetti sono le lingue di mondi chiusi, appunto idiomatici, codici del locale, di comunità di artigiani, di contadini o di realtà municipali. Che futuro possono avere nel mondo della globalizzazione? Perché i ragazzi dovrebbero far fatica a impararli, invece, ad esempio, di una lingua straniera?

Rincara la dose Franco Brevini, professore di Letteratura all’Università di Bergamo e studioso di tradizioni letterarie in dialetto “Si aggiunga che anche dal punto di vista di ciò per cui il dialetto è celebrato — una parlata identitaria, struggentemente evocativa, — l’insegnamento a scuola è una cattiva soluzione. Infatti i dialetti hanno quelle caratteristiche perché lingue materne, primarie, apprese nelle primissime fasi della vita. Se si imparano a scuola, per gli studenti non saranno diversi dalle altre lingue imparate, l’inglese o il latino».

Le problematiche poste dagli studenti veneti 
riguardano l'istruzione di tutti e per tutti,  il welfare, la politica per i giovani : diritto studio, mobilità studentesca, edilizia scolastica, borse di studio, alternanza scuola lavoro.   
 









Non coincidono certamente con le priorità della Regione: l'indipendenza e l'autonomia, il dialetto nella scuola.    
Espedienti di bassa politica, li chiamo io,  che minano le fondamenta della scuola pubblica che si vuole fondare sull’ignoranza. 
 In ogni caso il Governo ha impugnato la legge regionale considerandola incostituzionale ("Vi sono già gli strumenti per tutelare i dialetti veneti e la cultura Veneta"  e sarà l'Alta Corte  a pronunciarsi)  


Donata Albiero