Visualizzazioni totali

giovedì 14 febbraio 2019

A SCUOLA DI EROI CON L'EDUCAZIONE CIVICA


Ennesimo specchietto per allodole?



Il compito della scuola è quello di trasformare un gregge passivo in un popolo di cittadini pensanti (Mario Lodi) 
                  
       Educare alla cittadinanza a scuola    

                 
 Un'ora di educazione alla cittadinanza, come materia autonoma, con voto, nei curricula scolastici delle scuole di ogni ordine e grado, strumento per coltivare il senso di appartenenza alla comunità, per insegnare il valore della responsabilità e della memoria attraverso lo studio della Costituzione, dei diritti umani, di elementi di educazione alla legalità, all'educazione ambientale, alla educazione alimentare e digitale: ecco la proposta di legge popolare presentata dall’Anci, partita già il 20 luglio 2018 con la raccolta delle firme di adesione da parte dei cittadini e conclusa a fine anno. 
Molti sindaci sono entusiasti, molte amministrazioni se ne fanno portavoce e anche l’opinione pubblica è per lo più favorevole.

 L’intenzione è senza dubbio lodevole: sottolinea la rilevanza della scuola nel percorso di formazione del “buon cittadino”, anche se viene a tratti il dubbio che si tenda più a delegare alla scuola quanto in fondo si teme non possa essere realizzato anche dalle altre formazioni sociali in cui bambini e ragazzi si trovano a vivere gli anni della loro crescita.
Io però sono perplessa e apro una discussione piuttosto accesa con mio marito che da ambientalista e cittadino attivo invece la sostiene tout court.
Sia ben chiaro, non metto minimamente in discussione l’importanza della educazione alla cittadinanza a scuola.    
Rivendico il fatto di aver fatto della cittadinanza attiva la punta di diamante della scuola“Giuriolo” di Arzignano. In essa, arricchita dalla esperienza pregressa avuta a   Montecchio Maggiore, ho impostato (con il parere favorevole del collegio dei docenti) percorsi trasversali alle discipline di educazione civica per dieci anni consecutivi, precisando il tempo da dedicare, nel rispetto del monte ore complessivo della scuola, degli ambiti disciplinari e della flessibilità  
Un breve filmato “Insegnare cittadinanza a scuola” e una pubblicazione “Villaggio Adolescenza” hanno esplicitato il percorso pluriannuale ottenendo poi anche la qualifica di Scuola amica” dei ragazzi e un riconoscimento dal Prefetto di Vicenza
  
 Perché allora sono perplessa?   
Ritorno al blog che ho scritto dal titolo provocatorio “Se ai ragazzi insegniamo la
diseducazione civica” che fa riferimento a un articolo interessante di Benedetto
Vertecchi in cui scriveva:  
 “Non serve l’educazione alla cittadinanza se non c’è un’assunzione collettiva di responsabilità: si può insegnare l’educazione civica se si contrasta la disoccupazione, se non si considerano furbi ma criminali gli evasori fiscali, se non si approvano (e neanche si propongono) leggi ad personam, se tutti fruiscono di un’istruzione di qualità elevata, se non si devasta il territorio e via seguitando.

La scuola può rendere sistematico l’apprendimento, ma i valori sui quali si fonda l’educazione civica non possono che costituire il riflesso delle scelte prevalenti nella società.”  
 E a me dà l’impressione che la scuola, in realtà, venga strattonata ora in una direzione, ora in un’altra, a seconda del momento politico, delle discussioni in atto, degli umori dell’opinione pubblica, mentre intanto le ore curricolari di altre discipline fondamentali scompaiono e il tempo scolastico si riduce.

La formazione del cittadino è senza dubbio una delle finalità ultime della scuola.
Ben venga che anche l’esame di maturità 2019 preveda, all'orale, domande di cittadinanza e costituzione. 
Ma facciamo chiarezza e non pensiamo di risolvere il tutto solo introducendo un’ora di educazione alla cittadinanza nei curriculi già troppo affollati.    
                               
Scrive, a ragione, Emanuele Contu “La cittadinanza non è un insieme di contenuti da apprendere o di abilità da esercitare, elementi minimi che possano essere ricondotti nel cerchio stretto di una materia scolastica e tradotti poi in un voto…”
 Si è buoni cittadini, quando si possiedono salde quelle competenze trasversali che consentono di esprimere un giudizio fondato sulla realtà e di orientarsi efficacemente in una selva di informazioni spesso contraddittorie quando non false; quando si dispone degli strumenti per procurarsi di che vivere onestamente e senza correre il rischio di diventare un peso per la società; quando si acquisisce la capacità di imparare non soltanto tra i banchi di scuola, ma per tutta la vita e facendo tesoro di ogni apprendimento (formale, non formale, informale) sia dato di acquisire nei molteplici contesti in cui si svolge la nostra esistenza.
Gli strumenti per giungere a questo profilo di buona cittadinanza sono molteplici e non possono esaurirsi o riassumersi nel concentrare in un’ora di lezione settimanale (soprattutto se fosse sottratta ad altri insegnamenti di ambito storico-sociale)

E poi chiariamoci.  
La consapevolezza di essere cittadini si costruisce tramite pratiche concrete e esperienze in cui gli allievi possano condividere valori comuni esperiti tramite percorsi pensati e programmati come parte integrante dei PTOF (piano triennale offerta formativa) d’Istituto.
Occorre passare da un’impostazione formale e teorica a realizzazione di progetti basati su azioni civiche che sviluppino la responsabilità civica attiva.  
      
L’educazione alla cittadinanza attiva, oltre che essere intesa come spazio conoscitivo, diventa così anche spazio per trasmettere valori e rendersi consapevoli della problematicità del reale, è esercizio di quell’abitudine mentale che rende i soggetti capaci di giudizi riflessivi, non omologati ma impegnati a formulare soluzioni possibili e risposte plurali in questa nostra complessa postmodernità.
In ciò dobbiamo essere uniti, scuola e società civile.
L'ora a scuola da sola non fa buoni cittadini se la società… se ne lava le mani.

Donata Albiero                            14 02 2019                                      


APPROFONDIMENTI


EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA SERVE DARE UN VOTO SCOLASTICO ?


TRASFORMARE I SUDDITI IN CITTADINI E' UN MIRACOLO CHE SOLO LA SCUOLA PUO' FARE



SE AI RAGAZZI INSEGNIAMO LA DISEDUCAZIONE CIVICA 











venerdì 1 febbraio 2019

UNA SCUOLA CON I CELLULARI?



  PERCHE' SCOMODARE ADDIRITTURA LA DIDATTICA?  

A scuola senza il cellulare, in Italia il primo esempio a Piacenza




Mentre la comunità scientifica, già da anni, si interroga sui potenziali effetti che il telefonino può avere sulla salute dell’uomo e soprattutto sul cervello; mentre l’Oms consiglia di evitarne un utilizzo eccessivo fin quando non si avrà un maggiore livello di sicurezza e indiscutibilità, il dibattito a scuola imperversa tra i fautori dell’uso del cellulare e i contrari ma per tutt’altre ragioni. La salute non è nemmeno presa in considerazione.

Intanto, due proposte di legge in commissione cultura, a firma LEGA e FORZA ITALIA: mai più cellulari in classe per alunni e docenti  
Non ne è convinto il ministro dell’Istruzione che dichiara essere importante l’utilizzo dei ‘device’, ovvero dei dispositivi elettronici per quanto riguarda la didattica ed esprime fiducia negli studenti e nell’utilizzo responsabile di tali strumenti.
A me non interessa qui spendermi su quale siano le forza politiche a fare determinate proposte e\o controproposte e se esse siano o meno legate a interessi partitici, di elettorato, che nulla hanno a che vedere con i bisogni reali della scuola.      

La mia posizione, da professionista, non è cambiata e non ne faccio una questione di partiti .

Ripeto quanto sostenni un anno fa in un post intitolato: SMARTPHONE in classe, la rivoluzione ufficiale è ufficialmente partita”. A ciò si aggiunge ora la maggior consapevolezza sugli effettivi danni per la salute che l’uso improprio e continuo degli stessi può provocare. 

 Nessuno mette in dubbio che i cellulari possano essere utili per la didattica ma per carità, almeno a scuola puntiamo sulle relazioni. 
Da dirigente nella scuola media ho sempre fatto una crociata (perdente) contro i cellulari a scuola, pur credendo nella tecnologia e nell’importanza del digitale, quindi nelle TIC, nei COMPUTER, nelle LIM di cui ho provveduto a dotare i plessi Motterle, Zanella di Arzignano e Beltrame di Montorso, facenti parte della scuola media Giuriolo, prima di uscire dalla scuola nel 2012: tutte le 36 classi, intendo ogni aula, avevano e hanno oggi le LIM; si aggiungano vari laboratori specifici per la video scrittura, le lingue straniere, l’informatica con annessi gli  strumenti compensativi per gli allievi in difficoltà. Il tutto coronato da corsi di formazione continui per il personale (non obbligatori). Non mi si accusi, pertanto, non appoggiando la scelta a favore degli smartphone in classe di rappresentare il vecchio, il passato, la lezione frontale dei docenti che ho tra l’altro sempre combattuto, in favore dell’ambiente laboratoriale. 

Ho sempre ritenuto e lo ritengo oggi che l’uso degli smartphone non debba essere mascherato come supporto didattico in classe. E non mi si dica che utilizzarli vuol dire prendere atto della realtà e dell’uso che i ragazzi ne fanno…

Poveri ragazzi e povere relazioni umane!