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mercoledì 10 luglio 2019

SCUOLA REGIONALE, DISTRUZIONE NAZIONALE

TRADITA LA SCUOLA PUBBLICA. 

PROVE DI SMANTELLAMENTO ATTRAVERSO LA REGIONALIZZAZIONE 


Nell’indifferenza pressoché generale, l’Istruzione pubblica rischia di perdere il suo carattere nazionale.

Il blog di Marina Boscaino del 24/06 /2019 sintetizza il mio pensiero sulla questione  
  
Dal punto di vista politico è chiaro l’articolo de ‘il Manifesto’ datato 10/ 072019
“Autonomia, svelate le bozze che fanno a pezzi il paese.                                                  Il caso. Sul sito Roars.it le intese sul regionalismo differenziato tra governo e Veneto, Lombardia, Emilia Romagna. Flc Cgil a Conte: «Tradita l’intesa sull’istruzione sottoscritta a Palazzo Chigi»

La scuola in cui ho lavorato con passione e dedizione è la scuola esplicitata dalla nostra Costituzione, garante del pluralismo culturale e preposta a rimuovere ogni ostacolo economico e sociale, la scuola della Repubblica insomma, a carico della fiscalità generale nazionale, in quanto esprime e soddisfa l’interesse generale.

La Costituzione italiana, agli articoli 3, 33 e 34, individua come scopo fondamentale della scuola pubblica la formazione del cittadino, l'elevazione culturale del Paese, l'emancipazione sociale dei meno abbienti, la formazione di una classe dirigente di livello elevato e la realizzazione delle pari opportunità nell'accesso alle cariche pubbliche.

Il padre costituente Piero Calamandrei, le cui parole non hanno mai perso di attualità, diceva che la scuola pubblica è organo costituzionale e fondamento della democrazia. 


Ora mi sgomenta la richiesta di autonomia differenziata della scuola, proposta anche dal mio Veneto. 

Si vuole la sostanziale regionalizzazione di scuola ed università, in concomitanza con la richiesta di attribuzione di maggiori risorse finanziarie in base a parametri che prendono in considerazione il maggior gettito fiscale del Veneto rispetto ad altre regioni italiane.


Il nesso fra gettito fiscale ed erogazione di un servizio pubblico di qualità che 
emerge dalla via veneta all’“autonomia 
differenziata” rivela una più generale concezione aberrante che esautora il carattere di diritto sociale dell’istruzione (o della salute) a vantaggio di una sua riconfigurazione come ricompensa morale dovuta ad una comunità virtuosa ed è, quindi, foriero di ulteriori attacchi a quello che resta di welfare, con forte impatto negativo sull’intero tessuto sociale, oltre che sulla scuola …                                                                                                             La regionalizzazione favorirà una maggiore apertura del sistema dell’istruzione verso le richieste del mercato, affrettando la liquidazione di quella formazione generale, attraverso i saperi disciplinari, dell’uomo e del cittadino che spetterebbe alla scuola curare. Lo stesso ruolo istituzionale – di strumento precipuo di formazione alla cittadinanza- che ad essa assegna la nostra Costituzione (non a caso oggetto di attacchi ripetuti da parte di schieramenti politici diversi) si trova fortemente compromesso da un’impostazione mirante ad adattare l’impianto scolastico ad esigenze privatistiche” (Fernanda Mazzoli, 2018 c/o sito Roars.it, specializzato nel dibattito sulla scuola e la ricerca universitaria )   

E’ infatti facilmente ipotizzabile, sulla scia dei percorsi resi possibili dalla L.107 (la cosiddetta Buona Scuola (sic!), da me sempre CONTRASTATA, la realizzazione di quello stretto raccordo tra “scopi e metodi della scuola con il mondo del lavoro e l’impresa”

Le imprese del Veneto (e, domani, di qualsiasi altra regione che vanti parametri di efficienza economica) di fatto, sicuramente rivendicheranno il loro ruolo attivo e propositiva in merito alla definizione dei curricula degli studenti.
E’ il carattere nazionale e unitario di tutto il sistema che “l’autonomia differenziata” rischia di fare saltare.
Già.
Continua l’articolo interessante di Roards intitolato "La regionalizzazione. Prove di smantellamento dell’istruzione pubblica"  
“…Programmi scolastici e modalità di reclutamento del personale sono gli obiettivi principali della possibile destrutturazione.
La regione Veneto ha già ottenuto di insegnare storia e cultura veneta. Si potrebbe, quindi, assistere nei prossimi anni ad una progressiva introduzione nei percorsi disciplinari di materie e temi legati a particolarismi comunitari, privi di qualsiasi fondamento epistemologico e ai quali verrebbe sacrificata una visione più complessa e di ispirazione universalistica. 
E’, qui, presente in nuce il rischio di una deriva culturale che va ben oltre il caso preso in esame, le cui conseguenze sul lungo periodo potrebbero essere devastanti”.
      
  

Ho sempre sostenuto e sostengo che un Paese che voglia innalzare il proprio livello d'istruzione generale deve unificare (non separare): unificare i percorsi didattici, soprattutto nella scuola dell’obbligo; garantire, incrementandola, l’offerta educativa e formativa e le possibilità di accesso all’istruzione fino ai suoi livelli più elevati; assicurare la qualità e la quantità dell'offerta di istruzione e formazione in tutto il Paese, senza distinzioni e gerarchie.

Frammentare la scuola, regionalizzarla, significa, per me, frantumare il sistema educativo e formativo nazionale, la cultura stessa del Paese, foriera di una disgregazione culturale e sociale che il nostro Paese non potrebbe assolutamente tollerare, essendo oggi fin troppo segnato da storie ed esperienze non di rado contrastanti e divisive.


Parliamoci chiaro.

Che potrebbe succedere con la regionalizzazione se attuata in Veneto?  
Prendo spunto da quanto scrive Paolo Latella in FACEBOOK.

L’assessorato regionale all'istruzione (ne abbiamo avuto di esempi in questi anni) autonomamente decide politicamente come fare didattica, cosa insegnare, come insegnare, a chi insegnare. 
Decide le materie, i piani di studio, magari decide di eliminare qualche poeta che non incarna l'ideologia veneta, padana. 
Decide di cancellare dai libri di letteratura Pirandello, d'Annunzio, Verga, sostituendoli con sconosciuti ‘Cetto la Qualunque’, del Veneto però. 

 Lo stesso assessore rende obbligatoria la presunta lingua veneta e probabilmente facoltative le lingue europee. In nome degli italiani allontana gli stranieri dalle classi, in nome della famiglia allontana i gay e le lesbiche.

Questo è il pericolo.
 Volete dire addio alla libertà di insegnamento? 
Addio alla  libertà di opinione, alla negazione della propria dignità umana, alla cancellazione della coscienza critica degli studenti, all’asservimento alla Politica?

Qui non si tratta semplicemente di dividere le regioni cosiddette ricche da quelle povere, qui c'è il rischio reale di regredire sia a livello sociale che storico, mentre il mondo va avanti e progredisce.



Il tutto in un Veneto che esempio di eccellenza proprio non è.
  
Siamo la Regione degli inceneritori e delle discariche, senza contare i cementifici e le discariche abusive, non di rado nascoste sotto le nuove strade.
Abbiamo uno dei siti più inquinati d’Italia, Porto Marghera.
Siamo la Regione che utilizza più pesticidi di tutto il Paese, per non parlare dell’inquinamento dell’aria e delle falde acquifere con i Pfas o di città come Venezia, Padova e Vicenza che per numero di sforamenti di polveri sottili all’anno sono tra le città più inquinate d’Italia.
Siamo la Regione, laboratorio del sistema di Grandi Opere, nato col Mose e proseguito con il Tav e la Pedemontana, volto ad impostare un sistema di corruzione che ha letteralmente espropriato la democrazia grazie ad un iter collaudato di commissariamenti e leggi in deroga.
Chi denuncia i limiti e i rischi di una politica del consenso propagandistica a spese dell’ambiente viene dipinto come un nemico del benessere diffuso.

E’ questo, proprio questo il Veneto che invoca l’autonomia differenziata della scuola.
Per carità, NO NO NO. 


Donata Albiero                                                               10 luglio 2019