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domenica 6 dicembre 2015

MERENDIAMO BENE A SCUOLA

Noi siamo ciò che mangiamo.


SCELTE ALIMENTARI NON AUTORIZZATE      https://youtu.be/P-7i2lYO6Js

                  Macchinette presenti in una scuola dell'obbligo  di Arzignano 

La buona educazione comincia da piccoli.                                                                  
   Così come si insegna a salutare con cortesia, a ringraziare o a spegnere le luci, bisognerebbe   - dicono gli esperti - attrezzare i nostri figli a compiere le giuste scelte alimentari. Fornendo un buon esempio nella vita quotidiana e proponendo con varietà e fantasia cibi che associno un buon apporto di nutrienti alla giusta quantità di calorie: quella che serve per svolgere le loro attività.


Cosa succede a scuola? 
A ricreazione ormai migliaia di studenti italiani scendono negli spazi comuni della scuola e magari si prendono qualcosa alle celebri "macchinette", i distributori automatici pieni di snack e rinfreschi: merendine, tramezzini, e bibite.        

 Questa insana abitudine, di lasciar liberi gli studenti di  ingurgitare tutto e di più senza alcun controllo,  con l’aiuto degli insegnanti e di validi rappresentanti dei genitori l’ho sempre combattuta sia  nella direzione didattica del 2 circolo di Arzignano ancora trent’anni fa, nel primo circolo di Montecchio vent’anni fa, nella scuola media Giuriolo 10 anni fa anche se avevo presente nell’istituto un pubblico adulto rappresentato dal CTP (Centro territoriale permanente). 
                                  
Corsi di formazione con i medici della ULSS, ci avevano convinto della dannosità di certe merendine eccessivamente zuccherate, snack non salutari e bibite gassate, portandoci ad avviare contestualmente  progetti speciali  per introdurre il latte, lo yogurt,  l’acqua minerale in bottiglie di vetro, la frutta biologica (mitiche in tal senso le iniziative della scuola elementare don Milani e  della materna Andersen a Montecchio Maggiore). Avevamo bandito le merendine preconfezionate, le bibite gassate per i minori, lasciando alla scuola media Giuriolo solo le macchinette per il caffè, il tè per i docenti o le bottigliette di acqua per tutti  
Quanti incontri con i genitori per condividere insieme il  menù dietetico nella SCUOLA MATERNA,  per controllare insieme igienicità e qualità dei prodotti somministrati;  quanti altri per verificare i cibi della  mensa allestita nei rientri POMERIDIANI alle  ELEMENTARI;  quanti ancora altri per aiutare i ragazzi preadolescenti dell’istituto Giuriolo (plessi Motterle, Zanella di Arzignano e Beltrame di Montorso)  ad acquisire delle sane abitudini alimentari prevedendo una abbondante colazione energetica a casa prima di incominciare le lezioni scolastiche e un piccolo spuntino a metà mattina giusto  per staccare la spina senza  ‘appesantire’ troppo lo stomaco.  

Mi chiedo se oggi in queste stesse scuole persista il sano controllo di famiglie /scuola o se tutto sia cambiato.
Mi riferiscono che durante le ricreazioni, in alcune scuole medie della nostra zona,  girino, prelevate dalle macchinette colorate, a suon di monetine (ravviso, tra l’altro, nell’uso delle stesse, anche una modalità discriminatoria tra ragazzi che posseggono denaro e ragazzi privi), pseudo panini con olio di palma, olio di cocco, salumi vari, merendine al cioccolato, patatine in sacchetto, bevande gassate.    

 Mi stupisco che i genitori così attenti alla salute e al benessere dei loro figli non si siano mai posti l’interrogativo di che cosa ingurgitano i loro figli a scuola.  
Si sa, non si può predicare una cosa e praticarne un’altra.

I bambini vivono quel che vedono e l’esempio dell’ adulto, è essenziale. 
 Forse i genitori, oggi, ad Arzignano, forse gli stessi educatori, non sanno che della salute dei bambini si è occupato persino il   CODACONS (associazione consumatori), quando ha lanciato nel 2007 un appello “NO MERENDINE IN DISTRIBUTORI SCUOLE”.                                                                                                 
 Lo mostrai a suo tempo al consiglio di istituto e forse sarebbe bene mostrarlo anche ora.        
    “ L`alimentazione dei minori è una questione delicata afferma il Codacons per questo sarebbe un importante passo avanti introdurre la frutta nei distributori automatici presenti nelle scuole. Non vogliamo demonizzare il mondo dei dolciumi prosegue l`associazione ma riteniamo che nella fascia di età della scuola elementare e media, sia meglio guidare il minore verso una alimentazione  sana ed equilibrata, delegando ai genitori il controllo sull`assunzione di merendine e dolci vari`.
A quell' appello hanno risposto molte scuole dal nord al sud. Oggi, iniziative attive stanno coinvolgendo decine di migliaia di studenti trentini , partecipanti al programma europeo “Frutta nelle scuole”  gestito dal ministero delle politiche agricole alimentari e forestali,  con  l’ obiettivo di promuovere il consumo dei prodotti ortofrutticoli, favorire abitudini alimentari più corrette, una nutrizione maggiormente equilibrata.

Cerco di indovinare quale sia stata la motivazione ( non  didattica),  dei consigli di istituto in alcune scuole della nostra zona,  per accettare tout court i distributori di merendine a scuola.

Hanno, genitori e docenti , dato un’occhiata alle etichette, si sono resi conto che sono un cocktail di zuccheri raffinati, grassi idrogenati, conservanti, additivi, aromi artificiali?  Hanno visto le bevande? Gassate, zuccherate, con percentuali irrisorie di frutta. 
E’ il cosiddetto “cibo spazzatura”, solitamente erogato dai distributori  automatici.

 La scuola EDUCA.                                                        
      Come concilia allora la distribuzione delle tipologie di prodotti sopra riportati con le “Linee Guida per l’Educazione Alimentare nella Scuola Italiana” redatte dal Ministero dell’Istruzione della Università e della Ricerca nel settembre 2012?  

Coerenza ci vuole nelle scelte educative.
Le scuole trentine per fare un esempio hanno adottato provvedimenti in tal senso, introducendo nei distributori automatici solo prodotti bio e a chilometro zero [clicca qui].

                                         Macchinetta  presente nelle varie  scuole del trentino 

Noi siamo, lo ripeto, ciò che mangiamo. 

E’ una verità che va al di là della mera constatazione che l’aumento dei trigliceridi, dei grassi saturi, l’abuso degli zuccheri per citare alcuni elementi possono determinare gravi modificazioni del nostro organismo e conseguente della nostra vita psichica e sociale.
L’alimentazione da sempre è cultura, segna il rapporto millenario dei popoli con i cicli della natura, una integrazione all’insegna del rispetto delle sue regole e della frugalità.              
Già Petronius Arbiter criticava con salace ironia la smodatezza dei ricchi nella cena di Trimalcione e Orazio ci tramanda quei versi in cui dice “Me pascunt olivae, me pascit amara cicoria“  in una celebrazione della frugalità e del buon gusto di chi si accostava ai doni della natura più semplici.  Epicuro raccomandava uno stile di vita sobrio rispetto alla alimentazione. Oggi nell’era dell’ ”abbondanza alimentare”creata dalle multinazionali (le cosiddette big green ) il cibo mercificato non più compatibile con i cicli della natura, avvelenato da diserbanti, antibiotici, insetticidi, modificato geneticamente, altera  in maniera drastica il rapporto millenario degli uomini con il cibo.
E’ il concetto del cibo inteso come merce (una ragione per cui ho contestato l’expo) che stravolge il nostro rapporto con la natura, cioè con la nostra radice biologica e culturale (trasformandoci in polli da allevamento).
Si introduce nella nostra mente il concetto di una umanità costituita da consumatori, cresce l’abulimia e l’accaparramento, la ricerca del dolce come droga indispensabile, che cancella i criteri della sete della fame e dell’appetito.

Siamo di fronte a una mutazione antropologica che da soggetti pensanti ci trasforma in oggetti di una economia consumistica, cancellando giorno dopo giorno il significato della nostra umanità intesa come rapporto storico interattivo con la natura e l’ambiente



Sono questi i motivi fondamentali, oltre quelli indiscutibili dell’igiene e della salute, per cui la cultura dell’alimentazione non solo deve vivere nelle scuole ma deve necessariamente escludere al loro interno drasticamente ogni forma di mercificazione, in quanto diventa una negazione della mission formativa della scuola, peraltro da evidenziare sempre alle famiglie.

  Le classi dei nostri ragazzi non sono pollai industrialinessuna giustificazione, tanto meno se fosse  di tipo economico (contratti tra scuola e distributori),  può giustificare la rivendita di prodotti alimentari incongrui.

Donata Albiero                             6 dicembre 2015 

lunedì 16 novembre 2015

RIVOLUZIONE BUONA SCUOLA , UN SOLO ASILO DA ZERO A SEI ANNI

Sistema integrato 0 – 6.  Poi si va in classe

Importanza scuola infanzia   
https://youtu.be/RZV-GTYtWkk
Davvero Buona Scuola?
Io temo per il futuro della scuola d’infanzia statale. 
  
Lo  Stato nel 1968 aveva  riconosciuto lo spessore culturale e pedagogico della scuola dell’infanzia emanando la legge n. 444, che istituiva  le scuole materne statali « con fini di educazione, di sviluppo della personalità infantile, di assistenza, di preparazione alla frequenza della scuola dell’obbligo, integrando l’opera della famiglia”         (Art 1).                               L’importanza della scuola dell’infanzia è stata chiaramente  espressa negli Orientamenti del 1969 e  del 1991, tanto che anche la   dicitura “scuola materna” cambiava in “scuola dell’infanzia”, sottolineando  la centralità del bambino nel processo educativo,   poi  ribadita nelle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’ infanzia e del primo ciclo di istruzione del 2004, 2007 e 2012.

Essa è «il primo segmento del percorso scolastico che concorre all’elevazione culturale, sociale ed economica del Paese», promuovendo nei bambini lo sviluppo dell’identità, dell’autonomia, della competenza, l’avvio alla cittadinanza.
Lo affermano le vigenti Indicazioni Nazionali per il curricolo della Scuola dell’Infanzia e del primo ciclo d’istruzione 2012 che ricordano «I bambini sono il nostro futuro e la ragione più profonda per conservare e migliorare la vita comune sul nostro pianeta. Sono espressione di un mondo complesso e inesauribile, di energie, potenzialità,    sorprese e anche di fragilità – che vanno conosciute, osservate e accompagnate con cura, studio, responsabilità e attesa. Sono portatori di speciali e inalienabili diritti, codificati internazionalmente, che la scuola per prima è chiamata a rispettare».

Su tali principi si è sviluppato il modello pedagogico ed organizzativo della scuola dell'infanzia statale, un’esperienza di qualità del nostro sistema scolastico.                                                                                                        
 Ne sono stata testimone, 
come direttrice didattica dal 1981al 2002 (nel vicentino), attivando, soprattutto con le scuole d’infanzia di Montecchio Maggiore che ho avuto l’onore di guidare dal 1989, importanti sperimentazioni nazionali e europee che ponevano la centralità della scuola d’infanzia nel percorso scolastico.  

Un percorso educativo e didattico con progetti importanti , vagliati  a livello nazionale: 
progetto europeo triennale sulla
educazione AFFETTIVO SESSUALE
progetti nazionali  ASCANIO e ALICE 
LOCUS e LOTUS  (inglese per i bambini dai tre ai sei anni),   
nonché  la messa in cantiere di forme di raccordo pedagogico, curricolare ed organizzativo nella direzione didattica  tra scuole dell’infanzia e scuola primaria,  mediante  diverse modalità operative (team integrati di docenti dei due livelli scolastici,  curricoli di lingua verticali , progetti comuni negli anni ponte,  ultimo infanzia prima elementare,  quali costruzione libri di favole, educazione ambientale, educazione alimentare)    

               Il progetto Ascanio (Attività Sperimentale Coordinata Avvio Nuovi Indirizzi Organizzativi), nato dall’esigenza di fornire la scuola dell’infanzia di un impianto organizzativo coerente con il progetto culturale previsto dagli Orientamenti, che ho coordinato per 4 anni in tutto il vicentino, con l’ispettore Gianantonio Lucca, ha indicato gli elementi essenziali del nuovo modo di essere della scuola dell’infanzia. La ricerca di più alti e intenzionali risultati formativi, la sollecitazione verso una sedimentazione diffusa di percorsi sperimentali, l’individuazione di soluzioni organizzative volte a tradurre il complessivo impianto progettuale sono stati i cambiamenti più significativi su cui faceva leva il progetto Ascanio e ben recepite dalle scuole di Montecchio e Bassano. Alcune acquisizioni di Ascanio sono orami diventate patrimonio della scuola dell’infanzia e la stagione dell’autonomia scolastica ha ancor più sottolineato la loro attualità (pensiamo al lavoro in team dei docenti, l’attenzione alla progettualità, alla documentazione, alla qualità degli aspetti organizzativi);

   il progetto Alice (Autonomia: un Laboratorio per l’Innovazione dei Contesti Educativi)  seguito da me per un solo anno in quanto poi , nel 2002,  a capo di altro ordine di scuola (secondaria con CTP),  si è caratterizzato come un itinerario di ricerca, formazione, documentazione, produzione di materiali intorno a quattro ambiti tematici strettamente connessi al processo di riforma della scuola italiana (ambito organizzativo, curricolare, professionale e quello di interazione con il territorio).  Alice ha puntato sulla partecipazione e sul protagonismo degli insegnanti nei processi di formazione in servizio consentendo loro di elaborare strategie per riflettere criticamente sul proprio operato e per acquisire attitudini e metodologie adeguate ad affrontare i problemi della scuola.

La storia non si azzera!
  
L’esperienza fu esaltante; divenni convinta sostenitrice delle generalizzazione e obbligatorietà della scuola d’infanzia statale nell’ultimo anno (5 anni), contro l’idea paventata dell’anticipo a cinque anni della scuola elementare che cominciava a ventilarsi nel dibattito alla fine degli anni ’90 (legge n. 30 del 10-2-2000 su riordino dei cicli).

Cosa sta succedendo ora?

La legge n 107 , del 13 luglio 2015,  cosiddetta “buona scuola”, ha riservato alla Scuola dell’Infanzia una delega in bianco per procedere all’istituzione di un “Servizio integrato di educazione e istruzione dalla nascita ai 6 anni”, costituito dai servizi educativi per l’Infanzia e dalle Scuole dell’Infanzia.
Personalmente vi colgo l’ennesimo intervento contrario ai principi informatori della scuola della Costituzione
Dalla lettura di detta legge si evince, infatti, una totale rivisitazione organizzativa e strutturale della Scuola dell’Infanzia Statale che, nell’unificazione tout court del segmento 0 -  6, pare dimenticare il percorso compiuto dalla scuola dell’infanzia statale, di cui ho accennato sopra, che mi ha visto come capo di istituto coinvolta.  
Un percorso che ha fatto assurgere la scuola dell’infanzia a scuola inserita a pieno titolo nel sistema d’istruzione, scuola gratuita, con l’assoluta scomparsa di qualsiasi tratto assistenzialistico e con la puntuale definizione dei livelli essenziali del curricolo, della definizione dei titoli di studio per l’accesso a tale insegnamento…

 Rispetto a queste conquiste la delega della L.107/15 arretra e rimette in primo piano finalità legate alla custodia dei figli rispetto ai tempi di lavoro dei genitori.                                  
Il comma 181 e) pone infatti fra le prime finalità la conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei genitori, mettendo in secondo piano la centralità del bambino. E propone una “compartecipazione delle famiglie utenti del servizio alle spese per la scuola dell’infanzia.

Due ipotesi che vanno con forza respinte: la scuola dell’infanzia ha al centro il bambino, non i bisogni del mondo del lavoro ed è e deve rimanere gratuita.

Ho perciò firmato la petizione on line di AND (Associazione Nazionale Docenti) in cui mi riconosco quasi completamente.                                                       
       Occorre rimettere al centro del dibattito la scuola dell’infanzia, con l’obiettivo di potenziarla e non di impoverirla.                                                       Anche il rapporto Ocse pubblicato il 12 Settembre 2012 ribadisce la necessità di potenziare la scuola dell’infanzia, invitando il Governo ad aumentare gli investimenti. Dall’indagine in questione emerge che tale scuola ha elevati livelli di frequenza (97% per i bambini di 4 anni). L’autonomia organizzativa regolamentata dal DPR 275/99 riguarda anche la scuola dell’infanzia e non vedo perché essa debba ricevere un trattamento diverso.

Bene se si generalizzano i Nidi e le Scuole dell’Infanzia, sotto l’egida dello Stato, per una formazione unitaria statale 0-14 anni; male malissimo se si scinde la Scuola dell’Infanzia Statale dal connubio Infanzia-Primaria-Secondaria.

Per me,  come per moltissimi cittadini e docenti delle Scuole Statali Italiane, il sistema integrato di educazione e istruzione 0-6 anni “non s’ha da fare”!  


Donata Albiero                               15 novembre 2015 



P.S
Mi presento 
Generazione speranza 
http://donataalbiero.blogspot.it/2012/08/bambini-ragazzi-giovani-soggetti-attivi.html




                                                                                                                                     

sabato 24 ottobre 2015

SLOT MACHINE PER BAMBINI E DIPENDENZA


UNA VERA PIAGA SOCIALE

Le Iene | Slot machine e sale giochi per bambini
https://youtu.be/knkTLy5H2SA


Allarme: le slot  machine non sono più soltanto un passatempo o un “azzardo” per   gli adulti, ma
stanno diffondendosi anche tra i minori.
Allarme: lo lanciavo anch’io, quattro anni fa, nel CTP(Centro Territoriale Permanente) di Arzignano che dirigevo.   

 Tutto è fatto ad arte.
 Persino i  “tintinnii“ sono gli stessi: imitano la cascata di soldi delle slot per adulti.


La slot per bambini “ non succhia soldi è vero, si vincono 'upgrade', ma induce alla dipendenza e fatte le dovute proporzioni è paragonabile a quella che provano gli adulti, on line o nelle sale giochi di cui sono piene le strade”, scriveva l’anno scorso  Alessandra Magliaro


 Le app (applicazioni che si scaricano nei dispositivi mobili) di giochi d’azzardo per bambini si moltiplicano e si rendono sempre più seducenti agli occhi dei piccoli giocatori. Fino a pochi mesi fa si contavano sulle dita di una mano, ora sono più di 30 e sono in costante aumento. Si parla  delle app che mascherate da giochi innocenti, celano dietro alla loro grafica accattivante e colorata, un vero e proprio embrione di gioco d’azzardo. I premi sono virtuali (come l’accesso ai livelli successivi per esempio) ma l’accanimento e la dipendenza sviluppati nei bambini sono più che reali.
Basta fare una piccola ricerca  per averne la riprova e rabbrividire, ci racconta Enzo Santonicola:  .      Il pericolo più grave sta nel fatto che le app in generale, sono spesso motivo di confronto e dialogo tra i bambini e, in alcuni casi, uniscono fasce d’età diverse: i più piccoli, per sentirsi “grandi”, scaricano le app dei loro amici delle medie. E così il tam tam corre veloce e l’app viene scaricata da migliaia di ragazzini. In un’epoca in cui la paghetta può essere versata su una carta di credito ricaricabile che poi il ragazzino connetterà al proprio store, il passo tra giocatore e dipendente dal gioco d’azzardo è veramente troppo breve. Il boom delle scommesse virtuali tra i ragazzi del liceo ne è un triste esempio.

 Esistono dei movimenti contro il gioco d’azzardo, come il Movimento No Slot,
''Non c'è da fare del proibizionismo o al contrario 'legalizzare', a monte del tema slot c'è un problema culturale che è urgente risolvere'', continua a ripeterci  Simone Feder del movimento  No-slot, figura tra le più note della battaglia che tenta di arginare un fenomeno  sempre più pericoloso per le conseguenze devastanti . 

Cosa ci salverà? 
Simone Feder, psicologo, giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Milano, tra i fondatori del Movimento, in prima fila contro le ludopatie, conoscitore del mondo giovanile dalla sua esperienza concreta nella Casa del giovane di Pavia, è in sintonia con le giovani generazioni e la risposta per lui è una sola: ''I nostri ragazzi. Ogni giorno entro nelle scuole a spiegare e ogni giorno vedo il loro stupore quando racconto cosa c'è dietro una slot machine, cosa provoca. Educazione e cultura sono le nostre uniche armi per far capire far capire che il futuro non è tentare la fortuna con una slot o un gratta e vinci. La gran parte di loro è privilegiata, non sa cosa significa soffrire, non sa come ci si può ridurre con genitori che si giocano lo stipendio o chiedono i soldi agli usurai. Bisogna dirglielo, farglielo sapere perchè loro non siano indifferenti. E quanto questo accade il risultato è immediato: scrivono lettere, si impegnano con il movimento, convocano assemblee, si fanno protagonisti. Sono sicuro: i giovani ci salveranno''.
I ragazzi stessi insomma diventano, una volta capito il pericolo da evitare, gli ambasciatori di una cultura della legalità. Cultura che i genitori dovrebbero trasmettere ai figli fin da piccolissimi perché, in definitiva, il nodo si stringe sempre intorno alla CULTURA della famiglia.


La scuola può fornire un valido aiuto educativo. Nel 2012, per portare un esempio diretto,  aderii con il CTP di Arzignano alla campagna nazionale "Mettiamoci in gioco" messa in campo in quell’anno,  da 17 organizzazioni di vario genere (tra cui LIBERA, Gruppo ABELE)   contro i rischi del gioco d'azzardo nel giovani. 

Numerose sono a tutt’ oggi, del resto,  le iniziative di comitati , associazioni , volontari,  Comuni che hanno a cuore la loro  comunità ,  per contrastare il fenomeno di DIPENDENZA , informando , formando, progettando, coinvolgendo i giovani nella scuola , nelle parrocchie, nelle biblioteche civiche, nei vari luoghi di aggregazione sociale .



Certo che  una considerazione, l’ultima, è , a questo punto , d’obbligo.   
Ben vengano le  campagna di educazione all’interno delle scuole (splendida anche  la mostra , mi pare del 2014,  con  60 vignette graffianti di 36 noti vignettisti dal titolo eloquente  Azzardo: non chiamiamolo giocoa disposizione gratuitamente di Istituti Scolastici e Comuni che vogliano  richiederla, contattando gli enti promotori Mail: rischio@exodus.it  

Ma lo Stato ?  
Gioco d’azzardo. In Italia c’è una slot machine ogni 143 abitanti. Un record inquietante che però porta nelle casse dello Stato quasi cinque miliardi l’anno.
Il  governo deve  scegliere da che parte stare
Vienna , ad esempio , ha messo al bando il gioco d’azzardo.
Slot-machine non se ne vedono più in giro. Scomparse da bar e birrerie. La legge è in vigore da gennaio scorso e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

In Italia?
Non oso pensare che il Governo voglia far cassa sulla disperazione e sull'ignoranza, alimentando  le mafie del gioco d'azzardo e  pensando appunto  di lucrare con quest'affare miliardario.
Se così fosse, (lo è?), ci darebbe la misura del basso livello di etica, di responsabilità e di attenzione al bene comune a cui è pervenuta la classe politica in questo paese.




È urgente una scossa morale capace di liberarsi dal peso delle lobby, del condizionamento delle mafie, delle massonerie e dei potentati economici, che stanno riducendo gli spazi della democrazia....prima che sia troppo tardi!

Donata Albiero                                                       24 OTTOBRE 2015 


Nota a margine

Mi presento
http://donataalbiero.blogspot.it/2012/08/bambini-ragazzi-giovani-soggetti-attivi.html