RIFLESSIONI POST PANDEMIA DA COVID
La Terra è malata. Il Veneto è malato
Non v’è dubbio. La pandemia da covid ce l’ha dimostrato.
Come ho scritto nella relazione di giugno che ha accompagnato il progetto educativo sui Pfas nelle scuole
“Siamo all’interno di una problematica che investe sistemicamente l’essenza del nostro modo di vivere: il rapporto tra le grandi multinazionali e il diritto alla salute degli esseri umani. Lo scontro tra Mercato e Natura, che mette in gioco le stesse regole della democrazia, è la questione del giorno, in un pianeta, sopraffatto dal dogma della crescita infinita, che manda segnali tanto terrificanti quanto ignorati dai più. Il problema sollevato da questioni legate al degrado ambientale è, per me, ormai, un problema filosofico sulla essenza dell’uomo, sul senso del limite, sul rapporto degli esseri umani con gli altri viventi, piante e animali che convivono assieme a noi nel pianeta”.
"Un ragazzo di Montagnana, nell’ambito di un incontro a scuola sui PFAS organizzato dal gruppo educativo zero Pfas che coordino, si chiedeva, pochi mesi fa, se la collettività, in nome della comune salvezza, sarebbe stata in grado di rinunciare alla propria libertà di scelta di fronte alle offerte del mercato. Abbiamo risposto e rispondiamo che tale libertà è puramente virtuale in quanto governata, fin dalla nostra nascita, dai messaggi continui, il più delle volte subliminali, di una propaganda massiva, finalizzata a creare falsi bisogni e indurre desideri miranti a soddisfare il consumo. In poche parole, è il dominio del profitto sulle coscienze. Il cosiddetto libero mercato disegna la nostra intera esistenza.
A chi pretende
di fare di noi e delle nuove generazioni dei “consumatori”, automi
da incanalare nel libero mercato e nel mondo del lavoro, subordinando la salute
al profitto, abbiamo risposto e rispondiamo che la libertà di scelta razionale e cosciente, capace di capovolgere il
paradigma del consumismo è garantita solo dalla scuola pubblica (almeno
quella che abbiamo conosciuto finora) che attiva coscienza critica,
educa alla metodologia scientifica ed evidenzia valori autentici, non
subordinati alle leggi del profitto.
Il punto è che non
esiste alcuna soluzione tecnica per un problema che non è né tecnico
né economico, ma politico, filosofico ed esistenziale. Si
tratta di cambiare paradigma culturale, sovvertire le basi di un modello
sociale che sta portando l’intera umanità verso la catastrofe, inseguendo il
dogma della crescita infinita. L’avvenire sarà tremendamente duro per la nuova
generazione; perciò ci rivolgiamo ad essa, nella speranza che sappia prendere
per tempo nelle mani le redini del proprio futuro”.
E quale speranza dovranno avere i giovani?
Sono le parole della grande scrittrice e ambientalista Rebecca Solnit: «Quello che dobbiamo fare è piantare i piedi
nella speranza, che non è
buon senso e neppure “andrà tutto bene”.
È resistenza e sfida, vedere il mondo com’è e come
potrebbe essere, mettendoci in moto in prima persona perché il cambiamento
avvenga. Luogo della lotta e della gioia della lotta».
Il futuro lo costruiamo oggi, con le nostre azioni, indolenze,
scelte e priorità. E abbiamo un grande potere, non sempre
come singoli ma spesso come collettività.
La presenza, infatti, di comitati
locali e di piccole e grandi forme di resistenza può rappresentare l’unico
antidoto e l’unica via d’uscita da un modello di sviluppo che, tanto a livello
locale che globale, neppure una pandemia globale e una crisi di portata epocale
è riuscito a scalfire o a modificare.
In questa fase, per costruire
alternative e risposte all’altezza, è ancora più necessario andare oltre la
pura dimensione locale e creare spazi di confronto costanti e allargati. E’
ancora più necessario guardare al di là della contingenza e avere un respiro in
grado di cogliere i nessi tra gli impatti ambientali più visibili e una crisi
ecologica globale. E’ancora più necessario consolidare i legami tra le tante
lotte e forgiare un lessico che parli sempre più di giustizia ambientale,
sociale, razziale e di genere.
Donata Albiero
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