Un dibattito aperto
A volte dobbiamo disconnetterci per creare buone connessioni
https://www.facebook.com/labuonaeducazione/videos/2030844107135443/
A volte dobbiamo disconnetterci per creare buone connessioni
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Il progetto della ministra dell’Istruzione
Fedeli che punta a introdurre nelle scuole italiane l’uso degli smartphone è in
dirittura d’arrivo. Le linee guida sono state completate dagli esperti. Tra
poco una circolare ministeriale le espliciterà. Resta il divieto per uso
personale. La
scuola, stando alle parole della ministra Fedeli, ancora ferma a obsolete
metodologie, ne aveva bisogno”.
Ma ne aveva davvero bisogno la povera scuola italiana? In Francia li hanno vietati, c’è già una
letteratura negli Usa che li boccia.In Inghilterra li stanno
togliendo: uno studio ha stabilito che la sola presenza del cellulare sul banco
distrae lo studente, peggiora la sua attenzione.
In Italia, il dibattito è acceso.
Daniele
Novara, pedagogista, mio punto di riferimento quando ero dirigente
scolastica, è del
tutto contrario: “Lo smartphone in classe è l’ultimo atto della consegna
della scuola italiana alle lobby digitali. Il ministero confeziona
come novità la svendita della scuola agli interessi dei colossi dell’informatica.
La didattica digitale non appartiene in alcun modo alla didattica progressista
e innovativa”. Non basta quindi, secondo lui, introdurre un nuovo aggeggio
elettronico per dare una svolta alla didattica. "La tecnologia a
scuola diventa una risorsa se usata collettivamente -scrive sul sito del Centro
psicopedagogico-. Se usata individualmente schiaccia gli alunni nell'isolamento
e nella distrazione, sottraendoli all'apprendimento sociale condiviso coi
compagni. Opporsi a questa deriva è l'unica cosa che possano fare i
genitori, se vogliono evitare guai seri ai loro figli".
“Siamo prossimi
alla resa del sistema educativo – spiega lo psicoterapueta ed
esperto di cyberbullismo Luca Pisano, direttore di Ifos –: la scuola tecnologica delega la funzione del pensare a
un oggetto. Questa è la base per fabbricare cretini a scuola: con gli
smartphone non si sviluppa l’apparato psichico. Il docente così si
depotenzia:c’è già la lavagna didattica, a cosa serve il cellulare? Come farà poi il prof a controllare che gli studenti non giochino o vedano
porno durante la lezione?”
Da dirigente nella scuola media ho sempre fatto una crociata (perdente) contro i
cellulari a scuola, pur credendo nella tecnologia e nell’importanza del
digitale a scuola, quindi nelle TIC, nei COMPUTER, nelle LIM di cui ho provveduto a dotare i
plessi Motterle, Zanella di Arzignano e Beltrame di Montorso, facenti parte
della mitica scuola media Giuriolo, prima di uscire dalla scuola nel 2012: tutte
le 36 classi, intendo ogni aula, avevano e hanno oggi le LIM ; si aggiungano vari laboratori specifici per la video scritttura, le
lingue straniere, l’informatica con annessi gli strumenti compensativi per gli allievi in
difficoltà. Il tutto coronato
da corsi di formazione continui per il personale (non obbligatori) .
Non mi si accusi,
pertanto, non appoggiando questa scelta del Ministro dell’Istruzione a favore
degli smartphone, di
rappresentare il vecchio, il passato, la lezione frontale dei docenti che ho
sempre combattuto, credendo nell’ambiente di apprendimento e nella scuola
laboratoriale.
Ma ho sempre ritenuto e lo
ritengo oggi, che l’uso degli smartphone non debba essere mascherato come
supporto didattico in classe. E non mi si dica che utilizzarli vuol dire
prendere atto della realtà e dell’uso che i ragazzi ne fanno.
Come può il MIUR far
prevalere la logica aberrante del ‘visto che’…? Visto che il telefonino è entrato nelle nostre vite
quotidiane, tanto vale farlo entrare anche nella scuola.
Visto che…è una logica perversa.
Scrive Paola
Mastrocola: “L’abbiamo già fatto, e lo faremo ancora: visto che i ragazzi non sanno più scrivere aboliamo il tema; visto che
copiano le versioni da internet, aboliamo o riduciamo la versione dal latino e greco;
visto che non sanno più scrivere in corsivo, che scrivano su tastiera; visto
che faticano a fare i calcoli, che usino la calcolatrice. Potremmo
continuare: visto che ai giovani piace bere birra, ammettiamola come bevanda
nell’intervallo; visto che i nostri figlioletti si mettono le dita nel naso,
tanto vale insegnar loro un metodo migliore per farlo anche in pubblico; visto
che ai ragazzini portati la sera al ristorante piace correre tra i tavoli,
inutile costringerli a stare seduti, tanto vale installare dei semafori. Non
capisco se si tratti di una debolezza o di una vera e propria convinzione:
cioè, non ci opponiamo all’uso clandestino dei telefonini in classe perché
tanto non ce la faremo mai a scovarli, requisirli o vietarli (la battaglia è
persa in partenza, dunque inutile combatterla)? Oppure ci crediamo veramente,
siamo davvero convinti che i telefonini siano meravigliosi strumenti di un
nuovo apprendimento?”
Qui sta il punto a mio parere. Non prendeteci in giro come professionisti.
E non indoriamo la pillola; non riempiamoci la bocca di belle
parole “RESPONSABILTA’ e
REGOLAMENTAZIONE nelle modalità e nei tempi. A discrezione di ogni
insegnante che potrà promuoverlo o bocciarlo come strumento didattico valido o
meno. Divieto d’uso per i più piccoli. Ci sarà pure un perché se Steve
Jobs proibiva ai suoi figli, da piccoli, l’uso di iPad, iPod e iPhone, se Evan
Williams, fondatore di Twitter, ha educato i figli abituandoli alla lettura dei
libri e cercando di tenerli il più possibile lontani dagli smartphone e iPad?
Intanto il dibattito prosegue.
È follia allo stato puro, accusa il Codacons nel bocciare senza
appello la decisione della ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, di far
entrare gli smartphone nelle aule scolastiche. Si tratta di un provvedimento pericolosissimo, che rischia di
portare i ragazzi alla perdita della capacità di pensare, leggere e scrivere in modo indipendente dai
telefonini.
Vogliamo riflettere?
Per quanto mi riguarda, sto con l’accorato appello di Mastrocola: "Il telefonino in classe potrebbe agevolare l’ormai iniziata,
lenta, progressiva dismissione dei libri, che abbiamo sotto gli occhi e che
ipocritamente continuiamo a negare. Un
ulteriore, durissimo colpo al valore della concentrazione, dell’introspezione,
della memoria, dell’attenzione, della riflessione. Dispiacerebbe che fosse
proprio la scuola a contribuire in modo così massiccio a relegare i libri negli
ombrosi, umidi e ammuffiti scantinati delle nostre esistenze.”
La scuola dovrebbe invece essere l’ultimo baluardo, l’isola di
resistenza da cui, semmai, far ripartire
una battaglia culturale.
Poveri
ragazzi e povere relazioni umane!
Approfondimenti
IMPUGNARE correttamente la penna può prevenire i disturbi della scrittura http://donataalbiero.blogspot.it/2018/01/impugnare-correttamente-la-penna-puo.html
RILANCIAMO lo scrivere a mano in corsivo
http://donataalbiero.blogspot.it/2017/10/rilanciamo-lo-scrivere-mano-in-corsivo.html
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