Attaccare i social network è troppo facile
Basta con il cyberbullismo
Dopo una lunga gestazione, la legge nazionale sul
cyberbullismo è stata approvata alla Camera all’unanimità il 17 maggio 2017. Il percorso era iniziato nel 2013 con la prima vittima
accertata di cyberbullismo: nella notte tra il 4 e il 5 gennaio Carolina, 14
anni, si era lanciata dal balcone di
casa. Nella sua lettera d’addio, che negli anni è diventata il simbolo della
lotta all’indifferenza contro il bullismo, Carolina aveva scritto che «le parole fanno più male delle botte».
Con la legge per la prima volta viene data una
precisa definizione del fenomeno: ogni forma di pressione, aggressione,
molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità,
alterazione, manipolazione, acquisizione o trattamento illecito di dati
personali realizzata per via telematica in danno di minori; nonché la diffusione
di contenuti online (anche relativi a un familiare) al preciso scopo di isolare
il minore mediante un serio abuso, un attacco dannoso o la messa in ridicolo.
La legge è positiva nelle intenzioni: a favore
dei ragazzi, della formazione continua necessaria rivolta a loro e a tutti gli
educatori che li accompagnano, nella direzione educativa e non punitiva.
Anche
il bullo
è una vittima e deve essere aiutato a riflettere
sulle conseguenze delle sue azioni.
Serve naturalmente una scuola preparata, informata per un uso corretto
dei social network (fa da tramite il referente
scolastico per il bullismo).
Ora la
legge c’è e va attuata.
Già, perché, in estrema sintesi, occorre da un lato che il mondo adulto ritorni a esercitare la propria responsabilità educativa e, dall’altro, che i giovani crescano rieducati all’empatia e conoscendo bene i rischi della Rete.
Mi chiedo perplessa: basta una legge punitiva sui socialnetwork per vincere il fenomeno odioso che sta investendo sempre più i minori?
Di chi sono le responsabilità effettive?
Trovo, quasi a conferma dei miei dubbi, una nota
provocatoria in un blog intitolato “Generazione”
" Volete ancora fare una legge
contro il cyberbullismo perchè i
socialnetwork sono i colpevoli?
"...Il sessismo, l’odio razziale, la discriminazione ponderale, l’omo- lesbo- transfobia sono queste le cause, sono questi i nemici da combattere, non sono nati dai socialnetwork, erano già tra noi prima di facebook, sono le armi che quotidianamente forniamo ai ragazzi e alle ragazze. Le armi con cui si fanno del male gliele abbiamo date noi, gliele serve su un piatto d’argento questa cultura, se non puntiamo il dito verso i veri responsabili è inutile, e pure molto ipocrita, piangere dopo.”
"...Il sessismo, l’odio razziale, la discriminazione ponderale, l’omo- lesbo- transfobia sono queste le cause, sono questi i nemici da combattere, non sono nati dai socialnetwork, erano già tra noi prima di facebook, sono le armi che quotidianamente forniamo ai ragazzi e alle ragazze. Le armi con cui si fanno del male gliele abbiamo date noi, gliele serve su un piatto d’argento questa cultura, se non puntiamo il dito verso i veri responsabili è inutile, e pure molto ipocrita, piangere dopo.”
(http://donataalbiero.blogspot.it/2017/03/violenza-e-bullismo-figli-di-una.html)
Rimane, sancita dalla legge ma lo è indipendentemente da essa , quella che considero la sfida più grande al fenomeno del cyber-bullismo tra i più giovani, cioè la prevenzione e un’alleanza educativa al rispetto dell’altro che parte dalla famiglia, passa dalla scuola, fino a toccare anche tutti gli altri ambienti sociali che i nostri ragazzi si trovano a frequentare. Perché seppur mediato da uno schermo (con tutte le conseguenze e le amplificazioni che questo può portare), dietro a queste situazioni si celano persone, che feriscono e che vengono ferite.
Ai nostri figli, dovrebbe essere insegnato
quali e quanti possano essere i pericoli della nuova società digitale.
Ognuno di noi deve acquisire la consapevolezza che, per pubblicare un video, postare un contenuto o scrivere un giudizio, è necessaria la stessa prudenza e lo stesso senso di responsabilità che ci guidano nella vita reale, poiché la vita dei social non è una realtà virtuale.
Ognuno di noi deve acquisire la consapevolezza che, per pubblicare un video, postare un contenuto o scrivere un giudizio, è necessaria la stessa prudenza e lo stesso senso di responsabilità che ci guidano nella vita reale, poiché la vita dei social non è una realtà virtuale.
Nello stesso tempo, si rende sempre più
necessaria anche una rieducazione morale e dei sentimenti, poiché la violenza
che viene a volte trasmessa attraverso i social è nient’altro che la violenza caratterizzante sempre di più le nuove generazioni, che usano la Rete per
potenziare, amplificare e diffondere il loro messaggio.
Uno strumento a scuola e in famiglia?
Mi piace il Manifesto della
comunicazione non ostile nelle
scuole, un documento promosso da Parole O Stili la comunità composta da
oltre 300 professionisti della parola e dell’istruzione, tra giornalisti,
manager, politici, docenti e comunicatori.
Il progetto è nato per contrastare l’ostilità dei linguaggi nei media, in particolare in Rete.
Ambisce ad essere “un’occasione per
confrontarsi sullo stile con cui stare in rete, e magari diffondere il virus
positivo dello ‘scelgo le parole con cura’.”
Si vuole in definitiva
ridare fiducia alle parole, sul principio secondo cui le relazioni sono basate
sul rispetto, anche tra le persone con cui condividiamo il luogo virtuale.
Il percorso indubbiamente complesso va nella
direzione della promozione del rispetto
della dignità dell’altro come valore irrinunciabile per l’essere umano.
E’ compito dei genitori
e della scuola, palestra fondamentale di apprendimento delle regole della
convivenza, rispetto reciproco, armonia e lealtà, bloccare certi comportamenti e dirigerli verso modi di essere
socialmente adeguati, senza nascondersi dietro ad atteggiamenti
tolleranti o permissivi e soprattutto, quando possibile, operando
insieme nel rispetto dei ruoli e delle competenze
Donata Albiero
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