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giovedì 21 aprile 2022

CADRANNO

 

Cuncti una gens sumus.

A volte la poesia tocca corde più profonde del sentire rispetto alla ragione.

 


CADRANNO

 

Avanzano

Verso l’ignoto

Donne e bambini di Kiev 

Con coperte,

Bagagli di pianto e di assenza.

Fuggono da un destino scritto da altri,

Uomini che giocano alla guerra.

Scheletri di palazzi

Macerie.

Dalle fosse dimenticate di Katin

Flebile

Giunge un antico pianto

Nelle strade tormentate di Bucha.

Orde mongole Irrompono 

Dalle avide pagine 

Dei giornali occidentali.

Mister H. Himmler

Ci guarda dal suo ufficio ben curato.

Fuggono nella notte

Verso un chiuso destino.

Attraversarono il mare 

Per approdare nel nulla.

A Lesbo il tempo si è fermato;

Guardie feroci controllano 

I recinti spinati.

Nel freddo inverno d’Anatolia

sfioriscono le rose del ricordo

dei giardini 

profumati di Aleppo.

Dove sono adesso 

I gelsomini?

Dove i canti e le danze

Nei matrimoni 

Delle ragazze in fiore?

Occhi neri e profondi

di bambini di Siria, 

Piedi nudi sui ciottoli appuntiti,

Smarrirono per strade senza nome

L’ infanzia trafugata.

Per quanti giorni,

Lungo aspre gole

E incandescenti, gelidi deserti

Ingannati ragazzi 

Invocarono le sponde dell’America.

Un esercito in fuga

Li abbandonò, dimentico,

Nell’arida terra martoriata

Dei papaveri e dei duri Talebani.

Fuggirono, ingloriosi,

Gli eserciti

dalla Corea, 

dal Viet Nam, 

dall’Iraq e Damasco,

come è loro costume,

incalzati da sempre dalla storia.

Lasciarono

dietro di loro

Infamia e rovine

E il disumano segno del loro disonore,

di esportatori di democrazia, 

ladri di giacimenti in terre altrui. 

Esplosero,

fiori di fuoco,

Sulle bianche dimore di Tripoli.

Da quel seme

Ai margini dell’infuocata Sirte

nacquero nuovi lager.

Ammassi di carne sofferente

Attendono nei giorni senza tempo

La fine del martirio quotidiano.

Entrano, nel buio della notte,

Attraverso duri cancelli di ferro

Uomini armati

In cerca

Dell’abusato ventre delle prigioniere.

Nessuno vede l’orrore 

Nessuno sente il pianto

Delle ragazze.

Solo a Nord Est

Sanno guardare gli occhi

Del pietoso Occidente.

Di ebano hanno la pelle,

Purissima seta dagli argentei riflessi.

Fuggono dalla miseria delle periferie urbane, 

Dalle megalopoli nere,

Dai grandi fiumi

Nelle inospitali foreste.

Sopravvissero all’arsura del deserto

e al disprezzo degli uomini.

Ora giacciono assenti

In un groviglio 

di corpi e di disperazione.

Un Mediterraneo di morte 

Sarà la loro ultima meta.

A fondo,

sempre più a fondo,

Stringendo tra le braccia 

I teneri frutti della violenza. 

Non vedranno mai 

Le bianche rive di Lampedusa,

sponde ostili di un’Europa

che accoglie solo

esuli dagli occhi azzurri.

Nella prigione di Belmarsch

Consuma i suoi giorni

Julian Assange.

Tutte le notti

L’aquila di Joe

Gli divora il fegato.

Tutti i giorni

Nelle eterne ore

Del carcere,

Dimenticato dal mondo,

Consuma nel nulla,

Da anni,

La vita e l’attesa. 

Il disonore USA

Pretende la propria vendetta

Sporca di petrolio.

 

Non ci saranno

Campi di concentramento, 

né stupri di carcerieri,

 né attraversamenti di mari in tempesta.

I Can't Breathe.

Non faranno la fine di George Floyd

I neri d’America

E i bambini

Non avranno il cuore trafitto

Da un proiettile israeliano

A Gaza,

Sotto un cielo di metallo ardente,

dove si infrange

il destino di un popolo morente

lungo il confine 

Che chiude ogni varco alla speranza.

 

La nostra barbarie quotidiana

Si esprime anche così.

Morire a quindici anni 

è l’unica chance concessa dalla knesset.

Cadranno le mura di Gerico

E tutti i muri e le muraglie del mondo.

Un giorno

Cadranno

E non ci saranno più patrie 

Né confini

Da difendere

Cadranno!

Cuncti una gens sumus.

 

 

Giovanni Fazio

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