bisogni dei minori in secondo piano
Bambini e ragazzi costretti a stare ventiquattro ore al giorno tra le
mura di casa, spesso in appartamenti molto piccoli, spesso condivisi con tanti
familiari. Nessuno all’esterno pare preoccuparsi veramente di loro, in fondo son in
compagnia delle rispettive ‘madri’, anche se, come hanno già evidenziato
pediatri e psicologi, l’isolamento e l’inattività a lungo andare possono fare
molto male alla loro salute fisica e mentale.
Della scuola si parla in questi due mesi ma solo per giustificare la
situazione di emergenza che richiede l’impegno della didattica a distanza, o
per argomentare la chiusura dell’anno scolastico tout court e la ripresa a
settembre, se tutto va bene.
Non abbraccio i miei 4 nipotini da fine febbraio scorso; seguo, da lontano, la loro quotidianità nel chiuso delle mura domestiche.
Aspetto, con trepidazione, la fase due per capire
che cosa e se cambierà qualcosa per loro.
E’ sconvolgente a ben pensarci.
I giovani, i ragazzi, i bambini dimenticati finora dalla politica, non rientrano nelle priorità della 'agenda': non fanno mercato, non portano profitto, invisibili agli occhi della società.
I giovani, i ragazzi, i bambini dimenticati finora dalla politica, non rientrano nelle priorità della 'agenda': non fanno mercato, non portano profitto, invisibili agli occhi della società.
Intanto, i bambini, almeno i più piccoli, sono sconcertati, non capiscono bene forse cosa sta accadendo, il perché la scuola è chiusa, il perché non possono abbracciare e stare con i nonni, il perché non possono giocare nei parchi con gli altri bimbi. Guardano il volto degli adulti, come fanno sempre di fronte all’ignoto, per capire se davvero c’è da spaventarsi o meno, e per lo più non trovano nemmeno lì una risposta univoca.
Franco Nanni, con i suoi interrogativi e le sue
riflessioni ha ben centrato la questione
“Come stanno vivendo i bambini le misure volte a contenere l’emergenza del
Coronavirus, e principalmente, come è ovvio, la chiusura delle scuole?
C’è una notissima
immagine nella quale la mente dell’osservatore può vedere,
alternativamente, una giovane donna o una vecchia arcigna:
credo che
l’esempio renda bene l’idea di attonita ambiguità che circonda uno scenario
assolutamente inedito e dalle caratteristiche sfuggenti.
Analogamente
alla celebre illusione ottica, a seconda di come si assemblano i
fatti e le informazioni si percepisce paura, ansia, perfino angoscia, o
viceversa si minimizza e banalizza.
I bambini guardano il volto degli
adulti, come fanno sempre di fronte all’ignoto, per capire se davvero c’è da
spaventarsi o meno, e per lo più non trovano nemmeno lì una risposta univoca,
poiché anche le facce dei grandi sono insieme signorine e megere”.
Io vivo in una regione, il Veneto, in cui le scuole sono chiuse fin dal 22 febbraio 2020. Stavo andando proprio quel sabato all’IIS Masotto di Noventa per terminare il progetto sui Pfas (nella scuola diversi alunni provenienti da Vo’, fonte di contagio) quando mi giunse la telefonata delle lezioni sospese.
Un fastidioso ‘slittamento’ pensavo all’inizio, un rinvio di una settimana, poi la proroga a Pasqua… infine, la mia presa di coscienza della gravità del virus. E con me i professori delle varie scuole impegnate nel progetto, che avevano rinviato il nostro intervento.
Parallelamente,
è avvenuto il mio auto isolamento a casa (sono una nonna, scopro di essere, all’improvviso, fragile e degna di protezione sociale): ho dovuto negare l’aiuto a mia
figlia, lavoratrice a partita Iva, autonoma, con i suoi bambini in isolamento a casa. Stessa sorte, in altro comune, di mio figlio e
della sua compagna.
Giorno dopo
giorno, in attesa, spiando le reazioni dei piccolini della mia famiglia: da una fase iniziale
di felicità perché la mamma era tutta per loro, hanno incominciato a chiedere
quando potevano ritornare a scuola. I piccoli avvertivano principalmente la mancanza
del contatto con i coetanei, ma anche la routine quotidiana
con le sue attività, i giochi nel cortile, le maestre…
In queste settimane leggo moltissimi
articoli sulla didattica a distanza. Pro e contro...e pensare che io sono sempre stata contraria all’uso del cellulare a scuola perché
ruba il tempo alle relazioni dirette
Per l’emergenza capisco che tale didattica a distanza era l'unica soluzione: si doveva fare qualcosa di fronte alla chiusura forzata delle scuole.
Non so quali decisioni si prenderanno nei prossimi mesi, prima
dell’inizio a settembre del nuovo anno
scolastico.
Ma so che la scuola luogo di relazioni va salvata e va ripresa…perché rimane la necessità, comunque, del contatto con essa: intendo la
voce, se non anche il volto, delle maestre che parlano agli alunni e forniscono
rassicurazioni e sorrisi sono fondamentali ad ogni età.
Serve che i bambini non disimparino a vivere e a pensare, e ben
venga un poco di televisione in più se nutrita di buoni documentari adatti
all’età dello spettatore.
Serve inoltre che possano imparare una cosa nuova che riguarda anche noi adulti: tutta la nostra normalità è fragile ma se sappiamo individuare i legami, le risorse e le priorità fondamentali possiamo mantenere in vita la nostra collettività.
Ai bambini non serve
la paura di una malattia. Serve comunicare loro che ci troviamo in
circostanze del tutto nuove e in parte inesplorate e che conviene
porci difronte ad esse con curiosità e disponibilità.
Per questo è
importante che anche la scuola faccia la sua parte mantenendo
con i suoi alunni e con le famiglie la comunicazione che conta, quella e ci
parla della vita e dei legami, inclusa la solidarietà e la comprensione
dell'altro”.
Ne è convinto Raffaele
Iosa, già ispettore: un grande lavoro in
tal senso.
Cito Daniele Novara
per l’appello a riaprire le scuole : l’ho
conosciuto, stimato quando ero
dirigente scolastica.
“Gli anni da zero a sei sono i più
importanti della vita, quelli dove si creano tutti gli automatismi emotivi e
comportamentali che ci accompagneranno per tutta l’esistenza. Il bisogno
motorio, specie dai tre anni, è la base degli apprendimenti: avere un
inceppamento di questo tipo significa, specie se la cosa si protrarrà per altri
mesi, non proseguire nella crescita. Non solo: la socializzazione da
quell’età è fondamentale, perché nel rispecchiarsi con gli altri e con i limiti
da loro imposti, si sviluppano le autoregolazioni, da cui scaturiscono capacità
e competenze“.
Ma c’è anche il bisogno di autonomia, a dover giustificare secondo Novara
un ripensamento sui tempi di apertura dei servizi educativi e scolastici a
partire da maggio:
“Stando molto a casa, essendo circondati da un eccessivo
maternage, i bambini subiranno dei danni ben superiori a quelli dell’infezione.
Le idee ci sono, peccato che gli esperti non vengano interpellati. Io,
nel mio piccolo, ho convocato i miei collaboratori del Centro psicopedagogico
per l’educazione e la gestione dei conflitti: presto tireremo fuori proposte
per fare ripartire le attività dedicate ai bambini. Un esempio? Si può
tranquillamente misurare la febbre ai bambini prima che entrino a scuola,
saremmo benissimo in grado di farlo. Incaponirsi sul lockdown non ha
alcun senso: abbiamo tenuto aperti i supermercati, abbiamo lasciato uscire i
cani. E i bambini? Sono loro il nostro futuro”.
Il discorso è simile per i bambini della primaria e gli adolescenti:
“I più
grandi in qualche modo si organizzano ma anche per loro si inceppa un momento
importante della vita, si perdono le opportunità dell’età. E se penso a chi va
alle elementari, davvero non posso credere che la didattica a distanza
valga al pari dell’attivazione neuronale stimolata dall’interazione. Non ci
sono alternative in questo senso. Il bambino va tenuto vivo e in funzione“.
Aspetto.
Ma confesso, dalla politica mi aspetto poco
Allargando poi il discorso alle famiglie ,
solo da noi - e lo
dice chiaramente anche un articolo firmato da Elisabetta Gualmini il cui titolo
già chiarisce tutto “Il paese che odia le madri”- si poteva pensare
di aprire prima i luoghi di lavoro, e poi, solo dopo, le scuole e gli asili.
“…È come guardare la realtà con la testa in giù. Un po’ come Cosimo nel
Barone Rampante, quando perde l’equilibrio e rimane appeso ai rami col sangue
che gli va alla testa”.
Già. I
nonni sono fuori uso, e alle madri nel 2020 capita anche di dover lavorare; se
poi sono autonome, a partita iva non possono nemmeno usufruire dei permessi e\o
congedi.
Ma tant’è.
Siamo sinceri. Fase due: 450 esperti hanno partorito un
topolino.
Nulla sui minori.
Finora è
stato chiesto loro di sostenere sacrifici enormi; lo hanno fatto dando
dimostrazione di grande resilienza.
Purtroppo, l'emergenza ha messo i bisogni di questi ultimi in secondo piano.
Purtroppo, l'emergenza ha messo i bisogni di questi ultimi in secondo piano.
Occorre rovesciare
la prospettiva, puntando sui diritti dei più piccoli e ponendo al centro le
persone di minore età.
È il
momento di prendere in considerazione quanto questi ultimi mesi sono costati ai
bambini e agli adolescenti in termini di compressione dei diritti, in
particolare del diritto al gioco, alle relazioni, all'istruzione, allo sport,
alle attività ricreative.
Non si può rinviare all’infinito.
Non si può rinviare all’infinito.
Serve la
volontà delle istituzioni.
Donata Albiero