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lunedì 19 maggio 2014

SESSO A SCUOLA ?

ZERO TABU' affettività e sessualità  http://youtu.be/DhXoANaDyIc














Dopo il caso sollevato poco tempo fa da Forza Nuova che accusava l´Istituto comprensivo 2  di Arzignano  di insegnare durante il corso sull’affettività la perversione, dubbi subito fugati  a favore della scuola ovviamente,  l’occasione mi serve, come già ho fatto con la tematica del tempo scolastico,  per affrontare,  a bocce ferme, la questione ‘SESSUALITA’ A SCUOLA’  ed esprimere il mio parere professionale , confortata dall’esperienza  condotta  nella   guida di    un istituto scelto dal Ministero della P.I. per il progetto pilota europeo sulla  educazione sessuale  a scuola . Correvano gli anni dal 1995 al 2001  

 
 Vengo alle mie convinzioni personali
L’educazione sessuale nelle scuole è importante per aiutare i giovani, futuri adulti, a vivere meglio il sesso, a prevenire  le disfunzione e anche la violenza .
Purtroppo , sono ancora poche le scuole che propongono ai propri studenti lezioni di educazione sessuale  e, quando lo fanno, spesso errano nei contenuti e errano nei metodi.
Già, perché più che a spiegare il rischio, il pericolo, il danno, la patologia, più che impartire nozioni fredde di scienze e di anatomia occorre  sviluppare  atteggiamenti positivi e costruttivi della salute sessuale intesa come valorizzazione della personalità, della comunicazione, dell’amore, del piacere,  integrato quest’ultimo in un progetto più ampio di vita.
Spesso mancano anche le figure adatte.  Non basta essere medici, ginecologi , sessuologhi;  si deve essere capaci di  rapportarsi educativamente a un uditorio di bambini di ragazzi di giovani studenti, emozionandoli e rendendoli partecipi  

Se poi si crede che esista una età particolare in cui è opportuno ‘parlare di sesso’ rispetto a un’altra niente di più sbagliato.  L’importante è tener conto delle esigenze che per ogni fascia di età sono diverse.

 Vengo al  mio vissuto professionale . 

A Montecchio Maggiore, 20 anni fa, il primo circolo didattico, nell’ambito di un progetto che coinvolgeva una rete di scuole europee che rispondevano ai criteri dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità ),  European Network of Health Promoting Schools (ENHPS), divenne  Scuola  ‘polo nazionale’  per l’educazione alla sessualità.

Partì così  il progetto formativo di ricerca intitolato ”L’educazione alla sessualità e l'apprendimento socio – affettivo” che investiva in continuità  studenti  della scuola  d’infanzia (allora si chiamava ancora scuola materna), scuola primaria (ovvero scuola elementare), scuola media, e scuola superiore. 

 Il protocollo di ricerca, SIGLATO dalla scuola  con il  Dipartimento di  Psicologia di Torino dell' Università degli Studi di Torino con la collaborazione del Centro Clinico Crocetta retto dal prof Fabio Veglia, aveva lo scopo di verificare le conoscenze, la qualità delle risposte emozionali e i cambiamenti degli atteggiamenti rispetto alla sessualità , prima e dopo un intervento di educazione sessuale. Venivano confrontati un gruppo di studenti 'trattati' secondo il metodo tradizionale (operatori ASL), un gruppo di studenti 'trattati' secondo il modello Veglia ed, infine, un gruppo non trattato. "Si trattava di studenti da una età dai 5 ai 18 anni 

Anni dopo, nel 2005, quando ero già ad Arzignano a dirigere la scuola media Giuriolo,  usciva il libro di Fabio VEGLIA con i risultati:
 Manuale di educazione sessuale –Erickson  

















vol 1 aspetti teorici
vol 2 percorsi scolastici















Prima del manuale , nel 2003,  veniva pubblicato il  libro C'era una volta la prima volta - Come raccontare il sesso e l’amore a scuola, in famiglia , a letto insieme”, sempre dalle Edizioni Erickson, scritto da Fabio Veglia e Rossella Pellegrini: forniva un modello operativo completo per accompagnare persone di tutte le condizioni e le età della vita nel cammino, qualche volta impervio, della loro sessualità.

A parte i lusinghieri ringraziamenti nella pubblicazione riportati alla nostra scuola, qui mi interessa la metodologia  adottata.   

 "Questa ricerca –scriveva allora  Veglia-  nasce dal presupposto che per 'vivere bene la propria sessualità' sia necessario possedere non solo nozioni (la conoscenza fredda) ma anche la capacità di esplorare atteggiamenti, bisogni e modalità relazionali propri e altrui, ovvero competenze indispensabili per effettuare scelte in piena autonomia. L'ipotesi è che per insegnare tali capacità e competenze sia più efficace utilizzare il modello 'interattivo narrativo' di Fabio Veglia , piuttosto che le logiche educative tradizionali"
 La ricerca, dunque, è stata finalizzata alla validazione di una metodologia che vedeva  negli insegnanti  le figure professionali principali per l'educazione alla sessualità nelle scuole, capovolgendo la prassi consolidata di chiamare gli 'esperti' esterni nelle scuole (psicologi, sessuologi, medici, ginecologi).

classi terze scuola elementare 
 'grandi' scuola materna
La  pubblicazione della scuola “La storia del ciccetto e della ciccetta“, curata dai docenti coinvolti nel metodo narrativo, testimonia il valore  dell ‘essere gli insegnanti stessi, se motivati a farlo, i formatori dei bambini ragazzi in classe,
naturalmente insegnanti ben preparati, così come è avvenuto a Montecchio utilizzando specifici fondi europei . 
Anche i genitori se ben informati diventano dei preziosi alleati e collaboratori  attenti in una azione congiunta  con i figli, per una educazione affettiva e sentimentale positiva e serena.
 Il metodo narrativo poi permette di esplicare  le emozioni che stanno alla base della sessualità,  che il bambino , il ragazzo, in altro modo , non riuscirebbero  a esplicare.  


Nel convegno Nazionale tenutosi a Bassano nel 2001 si sono esplicati i risultati .
Gli insegnanti hanno precisato  In attesa di avere i risultati scientifici ufficiali, a conclusione dell'esperienza sperimentale, si possono fare alcune considerazioni . Gli iniziali imbarazzi  (riferiva l'insegnante Loretta ) riscontrati in alcuni bambini di scuola materna , così come le più diffuse mezze verità, le idee confuse o contradditorie, hanno progressivamente ceduto il posto a stati emotivi più distesi e sereni e a conoscenze veritiere, chiare e complete, pur nella semplicità del messaggio che l'età stessa richiede.
Le stesse rappresentazioni grafiche della storia del cicetto e della cicetta hanno fatto riscontrare disponibilità, serenità nella rappresentazione (nessuno si è rifiutato). Si è visto anzi come, pur non avendo mai mostrato ai bambini immagini relative alla tematica ( la sperimentazione lo richiedeva) essi abbiano saputo ugualmente darsi una valida rappresentazione grafica e quindi mentale degli eventi.

Le famiglie hanno risposto all'iniziativa in diversa misura, sia manifestando entusiasmo, interesse, chiedendo chiarimenti, partecipando al dialogo intenzionalmente promosso attraverso i bambini (raccontate a papà e mamma  cosa abbiamo detto, chiedete se anche loro conoscono questa storia come la conosciamo noi…) sia, in pochi casi per la verità, delegando alla scuola.  Il dialogo veniva periodicamente verificato ( bambini avete posto al papà e alla mamma  le domande? Cosa hanno risposto? Vi hanno raccontato altre cose? Avete altre domande da fare?.
L'iniziale ed essenziale storia del cicetto e della cicetta, la storia successiva  di Sofia ( per prevenire gli abusi) sono state quindi progressivamente arricchite di contenuti e di emozioni, desiderabili quando correlate all'innamorarsi, al concepire i bambini, al farli nascere e indesiderate quando correlate a nascite mancate o a comportamenti devianti di abuso. 
Valutata nella sua totalità , l'esperienza è stata certamente bella, valida, coinvolgente, utile e ben proponibile a bambini dell'ultimo anno della scuola dell'infanzia.          
E' risultata bella e coinvolgente anche per l'insegnante che l'ha messa in atto.      Si auspica ora che possa trovare ampia adesione e applicazione nelle scuole dell'infanzia."
classi quinte elementare

Per le insegnanti di scuola elementare impegnate nella sperimentazione , Michela Agosti riferisce che  questa esperienza è stata ritenuta  una opportunità di crescita personale e professionale, un'occasione privilegiata di stare con i bambini, nella dimensione della vicinanza affettiva, della reciprocità emotiva.
 " Non abbiamo avvertito - scrive infatti-  sia in noi che negli alunni, forti segnali di rifiuto o di malessere, dissonanze o evitamenti atipici.; certamente, qualche piccolo è arrossito, qualcun altro ha espresso il suo imbarazzo con una risatina,  qualcun altro si è distratto volutamente. La maggior parte di loro, pur definendosi emozionato oppure confuso, ha, crediamo, accolto le nostre parole, i nostri gesti, le nostre carezze, perché abbiamo cercato, pur con i nostri limiti, di rispettare la loro intimità, svelata in parte nei loro racconti, nella loro richiesta di rassicurazione e di protezione".


Un genitore di un alunno del primo circolo di  Montecchio Maggiore , intervenuto a Bassano il 19 maggio 2001, momento conclusivo del progetto ENHPS, ha  così relazionato ai presenti al Convegno per conto delle famiglie:                             " A nome dei genitori  dei bambini che hanno vissuto l'esperienza del 'fare educazione sessuale' a scuola, desidero comunicare a tutti  l'entusiasmo, la meraviglia, la spontaneità delle narrazioni, sia pure frammentarie , dei nostri figli.  Eravamo consapevoli della proposta che sarebbe stata fatta ai nostri figli, ma nel contempo 'titubanti', data la delicatezza della tematica. Ci siamo sentiti coinvolti nelle emozioni e nei contenuti da comunicare ai nostri figli in 'continuità' ed a conferma dell'esperienza scolastica. Le domande birichine sono puntualmente arrivate… Abbiamo cercato di rispondere in modo familiare ma vero, abbandonando le spiegazioni magiche o i diversivi. 
Abbiamo conosciuto aspetti dei nostri figli che ci erano sconosciuti. I figli ci hanno svelato una piccola quota di intimo che è in loro e questo ci ha coinvolto. Non possiamo più delegare ma diventiamo parte in causa nell'educazione sessuale dei nostri figli…"                Atti del Convegno

Ecco
Noi professionisti, nel primo circolo di Montecchio , abbiamo vissuto l’educazione sessuale come una scommessa sul futuro, un discorso amoroso in forma di racconto da proporre ai bambini, una proposta di dialogo, un sogno di fiducia tra bambini e genitori .
E  l’abbiamo perciò sostenuto con affetto e coraggio.  

E' questa la  SCUOLA che io voglio, la scuola delle EMOZIONI , delle RELAZIONI.
E' la scuola che un bambino , un ragazzo non dimentica , che porta nel cuore per tutta la vita.
Donata                                                                                           20 maggio 2014



FABIO  VEGLIA  in  "C'era una volta la prima volta" :


Grazie a Isabelle Barras e a Ciro Basile per i loro preziosi consigli. Grazie a Marinella Mazzone e a Giovanni Turcotti, a Roberto Stura, a Giuliana Bertola e a Franca Viola, a Maria Grazia Tomaciello, a Marco Appoggi, a Serena Tedeschi, ad Ada Tomba, ad Antonio Parise, a Donata Albiero per aver creduto nella nostra idea e per averla sostenuta con affetto, con coraggio e con generoso impegno politico e amministrativo.


Grazie agli insegnanti delle scuole per l'infanzia, delle scuole elementari, delle scuole medie inferiori e superiori che in tanti paesi e città d'Italia hanno partecipato con passione a questo progetto di rinnovamento culturale.


Grazie ai genitori che hanno sopportato e compreso le nostre provocazioni cercando insieme a noi un racconto nuovo per parlare con i loro figli del sesso e dell'amore.


Grazie ai bambini, alle bambine, ai ragazzi e alle ragazze che abbiamo incontrato in tutta l'Italia. Grazie davvero per aver scritto con noi questo libro.


2 commenti:

  1. " E' QUESTA LA SCUOLA CHE IO VOGLIO, LA SCUOLA DELLE EMOZIONI , DELLE RELAZIONI.
    E' la scuola che un bambino , un ragazzo non dimentica , che porta nel cuore per tutta la vita." Condivido pienamente. Insegno in una secondaria superiore. Ritengo che la strada sia lunga perchè i tabù sono tanti e l'educazione sessuale è spesso improvvisata e inadeguata. Complimenti per il lavoro svolto.

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    1. Grazie. All'inizio come direttrice didattica ho fatto molta fatica a convincere un gruppo di insegnanti a mettersi in gioco con la formazione per diventare essi i formatori nelle sezioni e nelle classi della loro scuola. Nel gruppo per dare l'esempio mi sono messa dentro anch'io. Ricordo i rossori e lo sguardo abbassato per imbarazzo, per timidezza, per vergogna quando il nostro supervisore ci provocava con le parole anche in dialetto usate correntemente dai minori tra loro e nel linguaggio comune. Partiva dal presupposto che non bisognava demonizzare il linguaggio corrente ma introdursi in esso. Parlare dell'amore, del sesso come affetto , sentimento, affettività ,senza cadere nella 'retorica' della religione. Fatica, impegno costanza fino al termine del percorso pluriannuale . Ma ti assicuro che queste cinque docenti poi ...hanno fatto i miracoli , hanno conquistato i bambini , i ragazzini, le famiglie nel percorso . Sicuramente un bagaglio culturale che continua anche ora ma ci vogliono soldi per la formazione , entusiasmo ,convinzione e soprattutto capire che l'educazione affettiva sentimentale arricchisce la persona. E poi ...solo i docenti possono introdursi nelle situazioni vissute da ogni bambino loro affidato e trovare le parole giuste per relazionarsi . Quando sono passata preside in una scuola media ho dovuto ricominciare da zero e non avendo insegnanti disponibili e nemmeno un progetto europeo cui attingere sono ricorsa a una esperta ma scelta da me, pagandola come scuola , perché doveva avere le competenze relazionali , agire trattando le emozioni dei ragazzi , entrando nel loro mondo difficile della preadolescenza. Non mi interessavano i medici , i ginecologi ottenuti gratuitamente dall'ULSS. Poi sono riuscita a ottenere il contributo della amministrazione comunale finalizzato a tal scopo e quando questo è finito sono ricorsa per i finanziamenti al comitato dei genitori . Ma la persona incaricata e i contenuti sempre sono stati scelti in autonomia dalla scuola e non dalle famiglie .

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