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mercoledì 25 gennaio 2023

FOLLIA UMANA. I GENOCIDI NON APPARTENGONO AL PASSATO

   


 “I genocidi non appartengono al passato. La storia palestinese lo dimostra”.                E questo il titolo di un interessante articolo del 2020 apparso in The Vision.

 Lo rispolvero proprio mentre mi accingo a leggere, di Lia Levi il libro “Il Giorno della Memoria spiegato ai miei nipoti”, per capire se lo posso regalare alla mia nipotina Luna di 9 anni il 27 gennaio 2023, in cui ricorre la Giornata Mondiale in Memoria delle Vittime dell'Olocausto


"Ricordare non basta, scrive l’autrice, il ricordo non resta lì per sempre. A volte ci si emoziona per un attimo e poi tutto vola via. Perché resti, questo è il punto, il ricordo si deve trasformare in memoria. Memoria è quando i ricordi sono diventati mattoncini del nostro oggi. Noi siamo qui e rappresentiamo il presente, lo sappiamo, ma senza il passato non avremmo senso, saremmo una scatola vuota."

 E ancora "C’è bisogno di qualcuno che in un preciso momento ti dica: Alt! Fermati un attimo per sentire e pensare. Certo, non solo un giorno obbligato, quindi sì al giorno della memoria, ma anche sì alla memoria tutti i giorni". 

Giusto.  Ma a questo punto mi blocco. 

Le commemorazioni istituzionali della giornata della memoria si ritrovano da anni a seguire gli stessi rituali, una ripetizione sistematica di date ed eventi del passato che però non servono davvero a influenzare in positivo il presente, finendo anzi col far passare in sordina alcuni olocausti contemporanei

Proiezioni di documentari sulla Shoah, testimonianze dei sopravvissuti all’orrore, viaggi organizzati in visita ai campi di concentramento sono di fondamentale importanza per mantenere viva la memoria storica e sensibilizzare le nuove generazioni. Tuttavia, quando si urla a gran voce che gli orrori del passato non devono ripetersi, nessuno sembra far caso alla politica di apartheid e alle ripetute violazioni dei diritti umani dello Stato di Israele, e in questo modo la memoria viene svilita riducendosi apparentemente a un mero esercizio retorico.

Una memoria, sì, ma parziale, è questo che rappresenta la giornata della memoria. Non possiamo continuare a ignorare i palestinesi, i curdi, gli armeni, i prigionieri dei campi di concentramento libici e tutti i popoli vittime degli olocausti di oggi. 

Il loro dramma ci aiuta a comprendere che gli orrori del Novecento si sono e si stanno tuttora ripetendo, e c'è ancora tanto da fare.  

Cercherò di SPIEGARLO alla mia nipotina.

Donata Albiero 

 

 

 

 

2 commenti:

  1. GAZA
    GOTT MIT UNS
    Tu,
    nella goffa divisa
    di moderno soldato,
    segui la rotta
    tracciata dalle bombe.
    Varcato il confine
    dello sterminio,
    avanzi nel buio
    tra foglie tremanti
    di limoni spezzati.
    Carri di duro metallo sfondano,
    portici e cortili di ibisco
    e cisterne profumate d’ombra e d’acqua cristallina,
    dove disseta la sera il giovane garzone.
    Ora
    uno zampillo vermiglio sgorga
    sul candido sudario
    della camicia.
    Mandrie atterrite
    scardinano le stalle.
    Il fuoco divora la campagna.
    Più avanti,
    terribili schianti di bombe
    spalancano scuole e poveri ospedali.
    Tra case strette
    nei vicoli dall’impossibile fuga,
    danza la morte, cantando,
    tra le macerie.
    Spegne sommesso pianto di disperati
    il rombo ottuso dei carri.
    Pioggia di cristalli
    taglienti
    cade dal cielo.
    Ovunque
    Corpi aperti di donne,
    di bimbi increduli,
    di fanciulle in fiore.
    Tu,
    nella goffa divisa di soldato moderno,
    avanzi nella notte,
    timoroso dei colpi
    di padri e di fratelli,
    di figli:
    peana di piombo,
    imeneo di lacrime
    per le ragazze morte alla vigilia delle nozze.
    Lenzuola di gelsomini coprono i bimbi uccisi,
    davanti al pianto cieco delle madri.
    Corazze e cingoli di acciaio,
    si aprono la strada
    tra desolati abbeveratoi e giardini di arance.
    Bruciano come torce gli ulivi centenari.
    Un orizzonte invisibile di cani
    lacera i confini della notte.
    Dietro di te lasci solo una scia informe di morti.
    Mordechai Anielewicz,
    martoriato, nelle vesti stracciate
    dell’ultima lotta del ghetto,
    le mani ustionate
    dai colpi di un vecchio fucile,
    senza più munizioni,
    davanti a te s’erge.
    Ora puoi riconoscere
    il doloroso
    trasparente sguardo dei morti.
    Insieme a lui,
    Itzack Zukkermann, Zivia Lubetkin, Joseph Kaplan1.
    “Qui
    per morire una seconda volta,
    in questa Guernica,
    che brucia nella notte senza possibile tregua.
    Porto nel cuore
    l’eco delle donne
    violate e assassinate
    a Sabra e Chatila.
    Il lampo dei coltelli feroci
    delle milizie maronite
    aizzate dall’odio di Ariel.
    Quanti bambini avete ucciso oggi a Gaza,
    e quanti a Sabra, a Chatila?
    Dalla nebbia dei lager le vostre madri
    vi guardano e non vi riconoscono.
    Non riconoscono le divise che indossate
    né l’odio che urla nei vostri cuori.
    Non riconoscono
    la lingua di morte che esce dalle vostre gole esauste.
    Le vostre madri,
    tra le donne di Gaza,
    stringono al petto
    1 Sono i nomi dei combattenti nella resistenza del ghetto di Varsavia
    corpi straziati di bambini.
    Soccombemmo
    combattendo a mani nude
    contro un esercito
    di acciaio temprato con l’odio.
    Terroristi e banditi
    ci chiamarono,
    rei di difenderci
    dentro il chiuso orizzonte
    disperante della storia.
    Terroristi e banditi
    ci chiamano ancora.
    Questa, che voi dite guerra,
    è un massacro.
    Massacro di eserciti
    che marciano su un popolo inerme.
    Così sugli schermi
    di asettiche azzurre TV
    esibite ogni sera
    la cieca coscienza del mondo!
    Brucia Gaza e voi
    invocate
    una falsa e impossibile pace.
    Guerra chiamate
    gli orrendi omicidi.
    Guerra il delitto e le case sventrate,
    guerra chiamate questo
    perenne, atroce
    genocidio,
    Giordano di pena,
    sotto l’azzurro cielo della Palestina.”
    Titta Fazio

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