Salviamoli!
Non solo i bambini dimenticati e invisibili, sono scomparsi anche e di più i ragazzi, gli adolescenti: i bollettini
della Protezione civile non li considerano, i giornali non li sanno raccontare.
Vorrebbero tornare alla normalità, ma
non sanno come fare e non sanno che cosa dire.
Non si citano in nessun decreto. Nemmeno nella
cosiddetta ‘Fase due coronavirus’ se non per la questione SCUOLA: esami,
didattica a distanza, ripresa lezioni.
Scomparsi proprio: non esistono come soggetti, come
persone.
E così, mentre si discute di tutto, dal come faremo le
vacanze, a quando ci siederemo al bar, a quali congiunti possiamo ora ricongiungerci,
a che scuola troveremo a settembre, i nostri adolescenti continuano a non
venire citati.
Senza scuola, senza amici, con l’unica compagnia
(virtuale) di una chat o di un videogame che in molti casi diventa un’ancora di
salvezza.
Il risultato?
Un adolescente su tre è colpito da sintomi depressivi a causa del lockdown e la
cosa che manca loro di più è proprio la scuola. A rivelarlo uno studio dell’associazione di
psicologi “Donne e qualità della vita” che ha raccolto le segnalazioni di oltre
600 ragazzi dai 12 ai 19 anni.
“Sono in particolare le ragazze a
manifestare più sintomi depressivi (nel 68% dei casi) rispetto ai ragazzi
(42%). La depressione è più diffusa al Nord, con il 44% dei casi, mentre al Sud
si scende al 33%. Ma lo stesso vale per i più piccoli, i bimbi sotto ai 14 anni,
ormai disabituati ad avere una vita sociale”.
Sono gli stessi adolescenti che fino agli ultimi giorni di febbraio
frequentavano le scuole d’Italia, i licei, gli istituti professionali,
prendevano gli autobus e i treni all’inizio della loro giornata, poi prendevano
appunti sui banchi di scuola, si davano il cinque con gli amici, dispensavano
baci alle compagne tutte le mattine prima che cominciassero le lezioni; quelli dell’apericena,
dei rapper, quelli che criticavamo fino a ieri per la loro eccessiva esuberanza
e mancanza di regole.
Adesso sono scomparsi.
Noi di fatto ce ne siamo disinteressati, tanto, a differenza dei piccoli, hanno,
con l’emergenza coronavirus, la liberatoria dell’uso dei social. Telefonini, social, computer, un tempo demonizzati da noi
genitori, da noi educatori, dagli psicologi e dai medici, sono diventati ora
l’ancora della loro salvezza, l’unico contatto con il mondo esterno per i
ragazzi e noi ne siamo rallegrati perché sono diventati un’occasione per
condividere giornate e reinventarsi.
«Il web
di per sé non è negativo -spiegano i dottori- basta che non
diventi l’unica attività della giornata».
Ma di
videochiamate, videolezioni i giovani ne hanno abbastanza.
Ai ragazzi
ora mancano gli amici della vita reale. “Quei quattro ragazzi in carne e ossa, di
frequentazione quotidiana, si sono rivelati più importanti dei millecinquecento
amici che possono avere sui social.”
Per loro #iorestoacasa è stato finora un atto di
obbedienza cieca. Eppure, con il coronavirus, hanno visto cambiare la vita.
Racconta bene, in un suo articolo, Giuseppe Grattacaso:
“La loro e quella intorno a loro. Non
sono più gli invincibili, gli arroganti, gli sfrontati. Non sono nemmeno i
timidi, gli assonnati, gli annoiati. Non sono gli sdraiati, malgrado in una
posizione da triclinio passino buona parte della giornata. Hanno scoperto di
essere fragili e che il mondo non è quello della festa perenne a cui erano
abituati, non è tutto rose e aperitivi.”
Hanno capito che gli adulti sono
disorientati e hanno dovuto rendersene conto in un momento della propria
esistenza in cui si è disorientati per definizione.
Come stanno?
“Gli scomparsi, quelli che i
bollettini della Protezione civile non considerano, che i giornali non sanno
raccontare, vorrebbero ancora rispondere ‘tutto bene’ alla distratta domanda
del genitore su come è andata oggi a scuola. Invece non sanno che dire”.
Certo, una modifica del loro stile di vita improvvisa e brusca c’è stata
tanto da gettare, molti di loro, nello sconforto più profondo.
Tra le preoccupazioni maggiori c'è quella di non vedere un bel
futuro davanti a loro: a pensarlo è più di 1 su 3. Almeno così dice l'indagine “Giovani
e Quarantena”, promossa dall’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze
tecnologiche, Gap, Cyberbullismo) in collaborazione con Skuola.net, che ha
intervistato 9.145 ragazzi tra gli 11 e i 21 anni.
Sottolinea Giuseppe Lavenia,
psicologo, psicoterapeuta e Presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te.
“I ragazzi, in questo momento di isolamento, non hanno certezze, non
riescono a sognare come sarà il loro domani. Avere la capacità di desiderare è
il motore della vita. Se lo si tiene spento, si rischia di non andare da
nessuna parte e di alimentare situazioni spiacevoli mosse dall’aggressività o
sopite dall’apatia”.
Tendenze, queste ultime, che sono già oggi in atto.
“Stiamo
rilevando – continua Lavenia - l’aumento dei disturbi d’ansia e degli
stati depressivi tra gli adolescenti. Alcuni giovani chiamano anche al
nostro numero verde raccontandoci i sintomi di un attacco di panico. I ragazzi
si sentono soli, e nessuno li sta aiutando, nessuno si sta occupando della loro
salute mentale".
E se la tecnologia sta in qualche modo 'salvando la vita' ai
ragazzi in quarantena permettendo on
line i collegamenti - osserva Daniele Grassucci, direttore e co-founder
di Skuola.net questo non vuol dire che non ci siano problemi.
Anzi, ce ne sono di nuovi: dall’iperconnessione (si sta quasi sempre online) al
rischio di confondere la dimensione analogica con quella digitale: “… potrebbe
rendere, una volta terminata l'emergenza, ancora più difficoltoso del
previsto il loro ritorno alla vita reale”.
Dobbiamo in famiglia aiutarli.
I genitori possono sfruttare questo momento per riaprire o allargare il dialogo con
loro, sapendoli veramente ascoltare,
condividendo ansie e preoccupazioni ma anche facendo loro capire quanto sia determinante la loro partecipazione attiva
della fase isolamento in tempi di coronavirus
Non si tratta solo di chattare, o di leggere libri, o di studiare
con la didattica a distanza. Possono
dare il loro contributo dentro casa, essere protagonisti della gestione della
cura degli spazi, propri e comuni. Possono aiutare gli anziani, possono mettere
un avviso nel condominio dove si dicono disponibili a fare servizi o fare la
spesa per loro. Insomma possono
inventarsi attività di volontariato, di solidarietà di vicinato, che in totale
sicurezza aiutano le altre persone.
E’ un modo per uscire e per crescere.
E’ un modo concreto di essere cittadini attivi.
“Un domani gli adolescenti attuali saranno adulti e si ricorderanno
di questi giorni. Ricorderanno quanto hanno sofferto, ma anche quanto sono
stati creativi.
Le loro corse in solitaria, i loro libri, il loro diario,
gli aiuti che hanno dato agli altri, il ruolo di protagonisti della prevenzione
che hanno avuto, la cura delle relazioni e delle persone più care che li hanno
accompagnati e verso cui saranno grati.
Si ricorderanno che
hanno dato un grande contributo alla vita delle persone, alla loro salute, e
insegneranno questi valori ai propri figli.
Avranno trasformato un’avversità in un’occasione di
crescita e di fierezza che non li abbandonerà mai”( Luca Stanchieri)
I ragazzi, i giovani possono fare la differenza.
Donata Albiero
Approfondimento
I BAMBINI INVISIBILI E DIMENTICATI
https://donataalbiero.blogspot.com/2020/04/bambini-invisibili-e-dimenticati-al.html
Nessun commento:
Posta un commento