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mercoledì 13 maggio 2020

CORONAVIRUS E PFAS DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA



 Il rendiconto finale del progetto educativo “PFAS IN VENETO E SALUTE A RISCHIO. CONOSCERE PER CAPIRE ED AGIRE”  sottolinea la necessità di continuare il percorso con gli studenti per  svegliare le loro coscienze .                                                                                      
                                                                                                                  
 «Le gravi catastrofi naturali reclamano  un cambio di mentalità  che obbliga ad abbandonare la logica del puro consumismo e a promuovere il rispetto della creazione».
 Albert Einstein

























Secondo anno consecutivo del progetto educativo sui Pfas nelle scuole
, una straordinaria prova di forza civile, portata avanti dal Movimento No PFAS, unito nel consegnare una mappa per il futuro alle nuove generazioni.  L’obiettivo generale è stato quello di dare importanza strategica allo studio di un fenomeno complesso quale quello di uno specifico inquinamento ambientale del nostro territorio per ridefinire ruoli, strategie, piani di interventi singoli e collettivi e per riflettere, capire, operare su nuove basi che facciano della partecipazione culturale uno dei principali assi di una rinnovata cittadinanza coesa e attiva.
Un bilancio dell’esperienza conclusosi in anticipo, a fine febbraio 2020 a causa della pandemia provocata dal Coronavirus (Covid-19), è quanto mai opportuno per non abbassare la guardia, per non spegnere riflettori su una questione ambientale e sanitaria legata ai PFAS (sostanze perfluoro alchiliche), che abbiamo sviscerato a scuola e che ora, a causa del nuovo flagello epidemiologico in corso e la sua particolare gravità, rischia, purtroppo, di essere insabbiata o quanto meno minimizzata.

Inevitabilmente le riflessioni, generate dal nostro progetto nelle scuole, consentono di affrontare con una maggiore consapevolezza anche l'attuale pandemia da coronavirus e il suo carattere sistemico. Una delle cause, infatti, a livello globale, è sicuramente l’alterato equilibrio nel rapporto tra uomo e natura.
Il Coronavirus ha fornito una nuova chiave di lettura della nostra fragilità globalizzata; tuttavia, non dimentichiamolo che in Veneto c’è una “altra” emergenza ambientale,
sminuita nella sua portata se non, volutamente nascosta, altrettanto pericolosa, i cui effetti micidiali per le fasce a rischio si manifesteranno a distanza di anni. Stiamo parlando della presenza di Pfas nelle acque sotterranee, superficiali e in alcuni acquedotti civili che esse hanno contaminato, e tuttora continuano a contaminare, penetrando nel sangue, negli organi vitali e nei meccanismi epigenetici di almeno 350.000 persone.

Uno scandalo di cui non si parla abbastanza, a differenza dell’attenzione e dell’allarme suscitati dal Coronavirus per i suoi effetti, drammaticamente visibili nell’immediato..
 «Facciamo fatica a cogliere la dimensione dei fenomeni, c’è una diversa percezione del pericolo, ma i veleni invisibili (Pfas e altri interferenti endocrini) meritano la stessa attenzione che stiamo dedicando al coronavirus» (Patrizia Gentilini, oncologa, medico Isde).

Noi, del Gruppo educativo/operativo Zero Pfas, siamo entrati dal 2018 nelle scuole, per ricostruire, insieme agli studenti, diretti interessati, la storia di un nemico subdolo perché occulto: i PFAS.
«Conoscere per capire e agire» – è la base da cui siamo partiti per capire le cause di una tragedia collettiva, ma anche per tracciare nuovi percorsi verso un futuro migliore, generato da una nuova consapevolezza condivisa.



La scuola è stata una delle piste, forse la più importante, per il nostro ambizioso obiettivo di svegliare le coscienze dei futuri cittadini, i nostri studenti.
Scuole di quattro province si sono interfacciate con noi:
 IIS Marzotto Luzzati (VI)/ 
IIS Duca D’Aosta (PD) 
/ITIS Rossi (VI) 
/IIS Masotto (VI)
 Liceo Roveggio (VR)/ 
IIS J. da Montagnana (PD)/
IIS L. Dal Cero (VR)
IIS Algarotti (VENEZIA)/
–  Trecentocinquantacinque adulti incontrati in quattro serate informative;
–  Duemilanovecento studenti dai 14 ai 19 anni, “raggiunti” in venti giornate, attraverso:
corsi strutturati (4 per 203 ragazzi), assemblee studentesche (12 per 2.924 ragazzi), di cui 8 con relazione medica per 983 ragazzi e 4 con la proiezione del film documentario The Devil We Know per 1.738 alunni;
–  Otto scuole coinvolte: ventiquattro giorni e settantuno ore frontali



I 2900 ragazzi incontrati hanno confermato (nei pre teste indagini on line effettuati all'inizio dei corsi e delle assemblee) una “scarsa conoscenza del problema” e un “disinteresse” diffuso in quanto lo stesso problema era percepito, dai più, “lontano da loro e dai loro Comuni”. Di qui il nostro compito: riportare i ragazzi alla realtà del problema promuovendo nella scuola, una nuova consapevolezza e il sorgere di una della “cittadinanza attiva”.

 E' stata messa a nudo la realtà: le malattie e  i danni epigenetici (che si trasmettono alle generazioni successive), prodotti dai tossici che quotidianamente vengono a contatto con il nostro organismo, sono strettamente correlati a un modello di società che altera costantemente il nostro rapporto con la natura.



QUALI PROSPETTIVE PER IL NOSTRO PROGETTO

L’intero percorso del progetto educativo si snoda sulla messa in discussione di alcuni valori o disvalori della società industrialista e mercantilistica, responsabile di un degrado inaccettabile che investe la stessa origine della vita.
Emerge dai fatti e dagli effetti nefasti della contaminazione ambientale, la necessità di un cambio di PARADIGMA, come espresso efficacemente dal movimento ecologista degli studenti.
Non ci stanchiamo di ripeterlo: l‘azione dei PFAS non è secondaria a quella della pandemia vissuta in questi terribili mesi.  
La differenza tra la contaminazione PFAS e il COVID 19 è che la prima agisce silenziosamente
e con tempi più lunghi: i suoi effetti si evidenzieranno quando ormai sarà troppo tardi.
Il richiamo alla “realtà”, alla dignità della persona, al suo diritto di star bene, da parte di un gruppo generoso di esperti, testimoni coraggiosi e cittadini attivi, entrati nelle scuole, ha rappresentato, all’interno del quadro desolante della società, la forza di una voce libera e autonoma, espressione di una cultura alternativa prodotta da una comunità di cittadini in lotta. 



Nel link, qui sotto, il rapporto integrale del nostro operato, scuola per scuola, test, opinioni e ricca galleria fotografica
 4 maggio 2020 | «QUANDO RICOMINCIA LA SCUOLA?» –PFAS TRA STRAORDINARI OCCHI, CERVELLI, CUORI DI STUDENTI, FUTURI SCIENZIATI, GEOLOGI, AMMINISTRATORI, ARTISTI, MEDICI, IMPRENDITORI, AGRICOLTORI, INSEGNANTI, POLITICI, PADRI, MADRI IN UNA TERRA CHE È STATA GRAVEMENTE FERITA NEL SUO STESSO SANGUE


Donata Albiero

domenica 3 maggio 2020

ADOLESCENTI SCOMPARSI AL TEMPO DEL CORONAVIRUS



Salviamoli!



Non solo i bambini dimenticati e invisibili, sono scomparsi anche e di più i ragazzi, gli adolescenti: i bollettini della Protezione civile non li considerano, i giornali non li sanno raccontare.
Vorrebbero tornare alla normalità, ma non sanno come fare e non sanno che cosa dire.
Non si citano in nessun decreto. Nemmeno nella cosiddetta ‘Fase due coronavirus’ se non per la questione SCUOLA: esami, didattica a distanza, ripresa lezioni.
Scomparsi proprio: non esistono come soggetti, come persone.
E così, mentre si discute di tutto, dal come faremo le vacanze, a quando ci siederemo al bar, a quali congiunti possiamo ora ricongiungerci, a che scuola troveremo a settembre, i nostri adolescenti continuano a non venire citati.
Senza scuola, senza amici, con l’unica compagnia (virtuale) di una chat o di un videogame che in molti casi diventa un’ancora di salvezza.

 Il risultato? Un adolescente su tre è colpito da sintomi depressivi a causa del lockdown e la cosa che manca loro di più è proprio la scuola.  A rivelarlo uno studio dell’associazione di psicologi “Donne e qualità della vita” che ha raccolto le segnalazioni di oltre 600 ragazzi dai 12 ai 19 anni.
“Sono in particolare le ragazze a manifestare più sintomi depressivi (nel 68% dei casi) rispetto ai ragazzi (42%). La depressione è più diffusa al Nord, con il 44% dei casi, mentre al Sud si scende al 33%. Ma lo stesso vale per i più piccoli, i bimbi sotto ai 14 anni, ormai disabituati ad avere una vita sociale”.



Sono gli stessi adolescenti che fino agli ultimi giorni di febbraio frequentavano le scuole d’Italia, i licei, gli istituti professionali, prendevano gli autobus e i treni all’inizio della loro giornata, poi prendevano appunti sui banchi di scuola, si davano il cinque con gli amici, dispensavano baci alle compagne tutte le mattine prima che cominciassero le lezioni; quelli dell’apericena, dei rapper, quelli che criticavamo fino a ieri per la loro eccessiva esuberanza e mancanza di regole.

Adesso sono scomparsi.
Noi di fatto ce ne siamo disinteressati, tanto, a differenza dei piccoli, hanno, con l’emergenza coronavirus, la liberatoria dell’uso dei social. Telefonini, social, computer, un tempo demonizzati da noi genitori, da noi educatori, dagli psicologi e dai medici, sono diventati ora l’ancora della loro salvezza, l’unico contatto con il mondo esterno per i ragazzi e noi ne siamo rallegrati perché sono diventati un’occasione per condividere giornate e reinventarsi.
«Il web di per sé non è negativo -spiegano i dottori- basta che non diventi l’unica attività della giornata».  
Ma di videochiamate, videolezioni i giovani ne hanno abbastanza.




Ai ragazzi ora mancano gli amici della vita reale. “Quei quattro ragazzi in carne e ossa, di frequentazione quotidiana, si sono rivelati più importanti dei millecinquecento amici che possono avere sui social.”
Per loro #iorestoacasa è stato finora un atto di obbedienza cieca. Eppure, con il coronavirus, hanno visto cambiare la vita.
Racconta bene, in un suo articolo, Giuseppe Grattacaso:
La loro e quella intorno a loro. Non sono più gli invincibili, gli arroganti, gli sfrontati. Non sono nemmeno i timidi, gli assonnati, gli annoiati. Non sono gli sdraiati, malgrado in una posizione da triclinio passino buona parte della giornata. Hanno scoperto di essere fragili e che il mondo non è quello della festa perenne a cui erano abituati, non è tutto rose e aperitivi.”
 Hanno capito che gli adulti sono disorientati e hanno dovuto rendersene conto in un momento della propria esistenza in cui si è disorientati per definizione.

Come stanno?
Gli scomparsi, quelli che i bollettini della Protezione civile non considerano, che i giornali non sanno raccontare, vorrebbero ancora rispondere ‘tutto bene’ alla distratta domanda del genitore su come è andata oggi a scuola. Invece non sanno che dire”.




Certo, una modifica del loro stile di vita improvvisa e brusca c’è stata tanto da gettare, molti di loro, nello sconforto più profondo.
 Tra le preoccupazioni maggiori c'è quella di non vedere un bel futuro davanti a loro: a pensarlo è più di 1 su 3. Almeno così dice l'indagine “Giovani e Quarantena”, promossa dall’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, Gap, Cyberbullismo) in collaborazione con Skuola.net, che ha intervistato 9.145 ragazzi tra gli 11 e i 21 anni.

Sottolinea Giuseppe Lavenia, psicologo, psicoterapeuta e Presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te.
 “I ragazzi, in questo momento di isolamento, non hanno certezze, non riescono a sognare come sarà il loro domani. Avere la capacità di desiderare è il motore della vita. Se lo si tiene spento, si rischia di non andare da nessuna parte e di alimentare situazioni spiacevoli mosse dall’aggressività o sopite dall’apatia.
Tendenze, queste ultime, che sono già oggi in atto.
Stiamo rilevando – continua Lavenia - l’aumento dei disturbi d’ansia e degli stati depressivi tra gli adolescenti. Alcuni giovani chiamano anche al nostro numero verde raccontandoci i sintomi di un attacco di panico. I ragazzi si sentono soli, e nessuno li sta aiutando, nessuno si sta occupando della loro salute mentale".

E se la tecnologia sta in qualche modo 'salvando la vita' ai ragazzi in quarantena permettendo on line i collegamenti - osserva Daniele Grassucci, direttore e co-founder di Skuola.net questo non vuol dire che non ci siano problemi. Anzi, ce ne sono di nuovi: dall’iperconnessione (si sta quasi sempre online) al rischio di confondere la dimensione analogica con quella digitale: “… potrebbe rendere, una volta terminata l'emergenza, ancora più difficoltoso del previsto il loro ritorno alla vita reale.


Dobbiamo in famiglia aiutarli.

I genitori possono sfruttare questo momento per riaprire o allargare il dialogo con loro, sapendoli veramente ascoltare, condividendo ansie e preoccupazioni ma anche facendo loro capire quanto sia determinante la loro partecipazione attiva della fase isolamento in tempi di coronavirus 
Non si tratta solo di chattare, o di leggere libri, o di studiare con la didattica a distanza.  Possono dare il loro contributo dentro casa, essere protagonisti della gestione della cura degli spazi, propri e comuni. Possono aiutare gli anziani, possono mettere un avviso nel condominio dove si dicono disponibili a fare servizi o fare la spesa per loro.  Insomma possono inventarsi attività di volontariato, di solidarietà di vicinato, che in totale sicurezza aiutano le altre persone.
E’ un modo per uscire e per crescere.
 E’ un modo concreto di essere cittadini attivi.

“Un domani gli adolescenti attuali saranno adulti e si ricorderanno di questi giorni. Ricorderanno quanto hanno sofferto, ma anche quanto sono stati creativi. 
Le loro corse in solitaria, i loro libri, il loro diario, gli aiuti che hanno dato agli altri, il ruolo di protagonisti della prevenzione che hanno avuto, la cura delle relazioni e delle persone più care che li hanno accompagnati e verso cui saranno grati.
 Si ricorderanno che hanno dato un grande contributo alla vita delle persone, alla loro salute, e insegneranno questi valori ai propri figli.
Avranno trasformato un’avversità in un’occasione di crescita e di fierezza che non li abbandonerà mai”( Luca Stanchieri)

I ragazzi, i giovani possono fare la differenza.

Donata Albiero   


Approfondimento

I BAMBINI INVISIBILI E DIMENTICATI
https://donataalbiero.blogspot.com/2020/04/bambini-invisibili-e-dimenticati-al.html