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lunedì 19 novembre 2018

EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA SERVE DARE UN VOTO SCOLASTICO ?

ll compito della scuola è quello di  trasformare un gregge passivo in un popolo di cittadini pensanti (Mario Lodi) 
Educare alla cittadinanza a scuola    
  http://youtu.be/2y3VvkfIya0

Un'ora di educazione alla cittadinanza, come materia autonoma, con voto, nei
curricula scolastici delle scuole di ogni ordine e grado, strumento per coltivare il senso
di appartenenza alla comunità, per insegnare il valore della responsabilità e della
memoria attraverso lo studio della Costituzione, dei diritti umani, di elementi di
educazione alla legalità, all'educazione ambientale, alla educazione alimentare e
digitale: ecco la proposta di legge popolare presentata dall’Anci, partita già il 20 luglio
2018 con la raccolta delle firme di adesione da parte dei cittadini che si conclude a
fine anno.
Molti sindaci sono entusiasti, molte amministrazioni se ne fanno portavoce e anche
l’opinione pubblica è per lo più favorevole.


L’intenzione è senza dubbio lodevole: sottolinea la rilevanza della scuola nel percorso di
formazione del “buon cittadino”, anche se viene a tratti il dubbio che si tenda più a
delegare alla scuola quanto in fondo si teme non possa essere realizzato anche dalle
altre formazioni sociali in cui bambini e ragazzi si trovano a vivere gli anni della loro
crescita.
Io però sono perplessa e apro una discussione piuttosto accesa con mio marito che da
ambientalista e cittadino attivo invece la sostiene tout court.
Sia ben chiaro, non metto minimamente in discussione l’importanza della educazione alla
cittadinanza a scuola.    
Rivendico il fatto di aver fatto della cittadinanza attiva la punta di diamante della scuola
Giuriolo” di Arzignano. In essa, arricchita dalla esperienza pregressa avuta a   
Montecchio Maggiore, ho impostato (con il parere favorevole del collegio dei docenti)
percorsi trasversali alle discipline di educazione civica per dieci anni consecutivi,
precisando il tempo da dedicare, nel rispetto del monte ore complessivo della scuola,
degli ambiti disciplinari e della flessibilità  
Un breve filmato “Insegnare cittadinanza a scuola” e una pubblicazione “Villaggio
Adolescenza” hanno esplicitato il percorso pluriannuale ottenendo poi anche la qualifica
di Scuola amica” dei ragazzi e un riconoscimento dal Prefetto di Vicenza

Perché allora sono perplessa?   
Ritorno al blog che ho scritto dal titolo provocatorio “Se ai ragazzi insegniamo la
diseducazione civica” che fa riferimento a un articolo interessante di Benedetto
Vertecchi in cui scriveva:  
“Non serve l’educazione alla cittadinanza se non c’è un’assunzione collettiva di
responsabilità: si può insegnare l’educazione civica se si contrasta la disoccupazione,
se non si considerano furbi ma criminali gli evasori fiscali, se non si approvano
(e neanche si propongono) leggi ad personam, se tutti fruiscono di un’istruzione di
qualità elevata, se non si devasta il territorio e via seguitando.

La scuola può rendere sistematico l’apprendimento, ma i valori sui quali si
fonda l’educazione civica non possono che costituire il riflesso delle scelte
prevalenti nella società.”  
E  a me dà l’impressione che la scuola, in realtà, venga strattonata ora in una
direzione, ora in un’altra, a seconda del momento politico, delle discussioni in
atto, degli umoridell’opinione pubblica, mentre intanto le ore curricolari di
altre discipline fondamentali scompaiono e il tempo scolastico si riduce.
La formazione del cittadino è senza dubbio una delle finalità ultime della scuola.
Ben venga che anche l’esame di maturità 2019 preveda, all'orale, domande di cittadinanza e costituzione  
Ma facciamo chiarezza e non pensiamo di risolvere il tutto solo introducendo
un’ora di educazione alla cittadinanza nei curriculi già troppo affollati.    
Scrive, a ragione, Emanuele Contu “La cittadinanza non è un insieme di contenuti da
apprendere o di abilità da esercitare, elementi minimi che possano essere ricondotti nel
cerchio stretto di una materia scolastica e tradotti poi in un voto…”

Si è buoni cittadini, quando si possiedono salde quelle competenze trasversali che
consentono di esprimere un giudizio fondato sulla realtà e di orientarsi efficacemente in
una selva di informazioni spesso contraddittorie quando non false; quando si dispone
degli strumenti per procurarsi di che vivere onestamente e senza correre il rischio di
diventare un peso per la società; quando si acquisisce la capacità di imparare non
soltanto tra i banchi di scuola, ma per tutta la vita e facendo tesoro di ogni
apprendimento (formale, non formale, informale) sia dato di acquisire nei molteplici
contesti in cui si svolge la nostra esistenza.
Gli strumenti per giungere a questo profilo di buona cittadinanza sono molteplici e non
possono esaurirsi e neppure riassumersi nel concentrare in un’ora di lezione settimanale
(soprattutto se fosse sottratta ad altri insegnamenti di ambito storico-sociale)
E poi chiariamoci.  
La consapevolezza di essere cittadini si costruisce tramite pratiche concrete e esperienze
in cui gli allievi possano condividere valori comuni esperiti tramite percorsi pensati e
programmati come parte integrante dei PTOF (piano triennale offerta formativa) d’Istituto.
Occorre passare da un’impostazione formale e teorica a realizzazione di progetti basati
su azioni civiche che sviluppino la responsabilità civica attiva.  

L’educazione alla cittadinanza attiva, oltre che essere intesa come spazio conoscitivo,
diventa così anche spazio per trasmettere valori e rendersi consapevoli della
problematicità del reale, è esercizio di quell’abitudine mentale che rende i
soggetti capaci di giudizi riflessivi, non omologati ma impegnati a formulare
soluzioni possibili e risposte plurali in questa nostra complessa postmodernità.
In ciò dobbiamo essere uniti scuola e società civile.
L'ora a scuola da sola non fa buoni cittadini se la società… se ne lava le mani.
Donata Albiero                                             
APPROFONDIMENTI
Se ai ragazzi insegniamo la diseducazione civica
Una scuola amica

Caro studente la democrazia non si astiene

3 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Conclude il mio post Maurizio Parodi con una frase che condivido "...e se a scuola non si fa pratica di democrazia" Grazie

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  3. Mi sembra che la contestazione di Vertecchi e di Emanuele Cotu siano al limite del Benaltrismo. Certamente se l’educazione alla lettura della prima parte della Costituzione, con tutto quello che ne deriva, anche in riferimento alle nuove istituzioni Europee che la mettono seriamente in discussione in nome del libero mercato, resta lettera morta e non interagisce con la realtà della vita quotidiana gli effetti della nuova materia sono minimi ( ma ci sono). In realtà, poiché la mia anagrafe ha ampiamente superato l’età sinodale, i miei ricordi scolastici sono di una totale assenza ad ogni riferimento alla Costituzione, alla Resistenza nonché ai nuovi assetti delle istituzioni repubblicane nell’ambito dei programmi scolastici e della quotidianità della formazione cosiddetta umanistica. Noi non sapevamo un bel nulla di quanto era successo negli ultimi venti anni e questo perché la classe degli insegnanti e l’intera organizzazione dello Stato era costituita da persone che avevano vissuto gli anni della loro formazione durante il fascismo. Non se ne parlava a casa e non se ne parlava a scuola, non si trovavano libri in merito nelle normali librerie di Caltagirone e di tutte le città siciliane. Non so al Nord. In pratica la Costituzione era un argomento tabù perché agli occhi degli adulti conformisti ex fascisti all’acqua di rose (come si soleva dire) il testo era visto e vissuto come propaganda comunista. Questo avveniva al tempo della “Madonna pellegrina”, dei comitati civici e di Pio XII. Rompemmo il cerchio della censura con la rivolta del ’68. Finalmente Feltrinelli seguìto da altre case editrici ci mise a disposizione migliaia di testi che dieci anni prima erano letteralmente introvabili. Parole come Costituzione e democrazia le abbiamo apprese nelle strade e negli scontri con la celere di Scelba.
    Tuttavia il silenzio della scuola sulla Costituzione, malgrado il ’68, permane. Sfido a trovare su dieci adulti qualcuno che sappia dire con esattezza cosa sia il Parlamento, quale sia il primo articolo della Costituzione, cosa sia la Commissione Europea. Siamo in una fase di analfabetismo totale e di costante diseducazione alla democrazia. Be venga quindi l’ora di educazione civica in una scuola che restaura il preside manager padre padrone e manda i ragazzi nelle fabbriche a imparare i valori della gerarchia e della precarietà del lavoro.

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