Mancanza di educazione o malaeducazione?
E’ un dato di fatto.
Parolacce, offese, insulti, gesti osceni
e sessisti, trivialità, ormai, si possono ascoltare e vivere ovunque in Italia:
nei palazzi di Potere, in autobus, a scuola, negli uffici, in facebook.
A tutti i livelli.
L’italiano, una lingua nobile, rischia
di diventare schiava di una modernità che è ignoranza, scurrilità e
dimostra solo la propria volgarità.
D’accordo: la lingua è una cosa viva, che evolve di pari passo con chi la parla e con la società in cui vive.
Allora perché resistere?
Perché rivolgersi, ancora, agli altri in modo educato?
Perché chiedere rispetto: tra genitori e figli,
professori e studenti, autorità e cittadini, immigrati e residenti, vicini e
lontani, amici, conoscenti e sconosciuti.
Perché?
Perché ci sono i nostri figli, i nostri alunni, a cui
dover dar conto. E’
l’esempio che diamo come genitori ed educatori (stendo un velo pietoso sui
politici) che conta, non mi stanco mai di ripeterlo.
Purtroppo, i bambini sentono
le parolacce in continuazione dagli adulti, dai genitori, dalla gente dello
spettacolo, nei dibattiti pubblici, dai politici. Il modo di parlare, il
comunicare dei grandi è diventato sempre più frequentemente ingiurioso,
offensivo e violento.
Quindi?
“Inutile
lamentarsi della mancanza di educazione dei giovani se i modelli che
proponiamo loro sono ben altri.
Come pretendere che in un litigio un ragazzo
non mandi a… quel paese (ma l’espressione è ormai d’altri tempi) un genitore,
se è lo stesso genitore che insulta il proprio figlio, magari offende
apertamente l’insegnante che, a suo parere, ha valutato ingiustamente il
proprio pargolo, oppure ridicolizza senza mezzi termini una persona di cui non
condivide il modo di essere” sostiene
Giuseppe Maiolo, docente Psicologia dello sviluppo – Università di Trento, che
aggiunge:
“Come
aspettarsi che a scuola gli scolari ascoltino chi parla, rispettino i
compagni e non li offendano, se gli adulti per primi non rispettano le regole
comuni, sono offensivi e prevaricatori?
Cosa significa parlare di legalità, di
onestà, di rispetto dei più deboli, quando prevale negli atteggiamenti comuni, tra gli uomini
pubblici, quelli che contano, arroganza, falsità, imbrogli, malaffare,
esibizionismo e il proprio tornaconto?
Non è mancanza di educazione. La dobbiamo chiamare,
caso mai, mala educazione quella
che stiamo proponendo in questo momento”
Pienamente d’accordo.
Non si diventa “buoni” perché ci dicono di esserlo o ci spiegano come fare, ma perché vediamo come si comportano gli altri.
Far crescere, vuol dire educare con l’esempio e non dire quello bisogna fare. Prima di dire come bisogna comportarsi, l’adulto deve mostrare con i fatti e con il suo modo di essere quello che chiede.
Incominciamo dalle piccole cose quotidiane come educare a chiedere “per cortesia”, domandare “permesso” prima di entrare, salutare con un sorriso, ringraziare per un aiuto, attendere il proprio turno sia per prendere qualcosa che per parlare.
Regole elementari e di base, che devono essere fornite ai bambini e
rispettate da tutti. Sempre.
Regole che valgono in famiglia e a scuola. Ovunque.
Questione di rispetto: per se stessi, per
gli altri
Donata Albiero
PS Sull'argomento della "buona educazione" vedasi anche
Monsignor Della Casa a scuola
http://donataalbiero.blogspot.com/2015/10/monsignor-della-casa-scuola.html )
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