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sabato 29 ottobre 2016

FUORI IL GRANDE FRATELLO DALLA SCUOLA

UNA SCELTA ORWELLIANA  LE  TELECAMERE IN CLASSE 
   

La mia scuola insieme a te   https://youtu.be/K_-dN5ofFLg

Sono tornate come le nuvole che vanno e vengono, gli articoli sulla stampa mettendo a risalto le richieste accorate di genitori che hanno invocato l’installazione delle telecamere nelle scuole di fronte a casi di maltrattamenti e di violenze perpetrate al loro interno.
La possibilità di installare telecamere nella classi è argomento sensibile, molto dibattuto, oggetto di sondaggi, petizioni, che si ripete da anni.  

L’idea di dotare asili e scuole di sistemi di videosorveglianza è arrivata così  anche in Parlamento dove il 19 ottobre il tutto è stato approvato  a Montecitorio con 279 voti a favore, 22 contrari e 69 astenuti, ed ora passa al Senato. Sinistra Italiana ha votato contro. Il M5S si è astenuto.
 Il Ministro dell’Istruzione si era già  dichiarata favorevole. Non solo per prevenire i crescenti episodi di bullismo, ma anche per «controllare» i docenti e «rassicurare» i genitori degli studenti
 Esultano le famiglie a questa  ‘militarizzazione della scuola’ per usare una espressione forte di Giuseppe Caliceti  in un suo recente articolo nel Manifesto intitolato “No alla scuola delle telecamere e del sospetto

Qui, in effetti, sta il nocciolo della questione dal punto di vista educativo                                             
Le telecamere a scuola eliminano  la fiducia e introducono il sospetto.

Gli strumenti per sapere cosa accade dentro l’aula ci sono già, senza usare delle macchine spia: mantenere un rapporto stretto con la scuola, andare a parlare spesso con le/ gli insegnanti, dialogare (realmente) con i propri figli, seguire il loro percorso educativo, notare gli eventuali segni d’allarme cercando di capire a cosa attribuirli.


Poi …  ne sono convinta,  è un’idea folle la telecamera in classe perché è uno strumento che mina la libertà e la professionalità dell’insegnante. 
Temo che essa (in 30 anni di dirigenza scolastica, ho imparato molto) deleghi il difficili compito del dialogo permanente a uno strumento meccanico per  genitori sempre più incapaci di dialogare con i propri figli .



Poveri docenti ! Lasciati soli in tutto e vigilati speciali.  

La  telesorveglianza non puo' essere mezzo e condizione per prevenire episodi di  violenza e maltrattamenti nei contesti scolastici. 
       
La telecamera disincentiva, quando non sostituisce, il dialogo, l'ascolto, la relazione indispensabili tra scuola e famiglia.


I genitori devono essere aiutati a imparare a partecipare alla vita della scuola, a conoscerne e a capirne l'importanza per i loro figli, non a controllarla in base a loro paure, ansie, emozioni.

 E la scuola deve sostenere la partecipazione, deve volerla con forza. Perché i genitori devono essere aiutati a imparare a «vedere», leggere, capire, direttamente nei/dai loro figli la presenza di eventuali problemi e non guardare la loro esperienza di vita scolastica attraverso una telecamera.
Nessuna telecamera deve e può sostituire gli occhi per osservare i nostri figli e le persone a cui li abbiamo affidati e che si occupano di loro.

La telecamera offende gli insegnanti , capaci di svolgere con competenza, professionalità, passione il loro lavoro, costruendo giorno dopo giorno una relazione educativa con i bambini, nell'ambito della quale risulta inaccettabile l'interferenza di questo strumento.

Nei contesti educativi sancirebbe inevitabilmente una pesante sconfitta per l'intero sistema scolastico italiano. Un sistema sostanzialmente «sano», che come tale va considerato, trattato, rispettato.
 “Se ci fosse quel rapporto di fiducia che si proclama a voce non si vede perché richiedere questa forma di spionaggio”, dice il grande  pedagogista, Benedetto Vertecchi I genitori di oggi, proni al consumismo più sfrenato, sono davvero in condizioni di esprimere un giudizio su quanto avviene nelle scuole? E poi la scuola serve per socializzare, l’occhio del grande fratello produce desocializzazione perché il genitore che controlla pretende sempre qualcosa, ma queste richieste eliminano l’idea di educazione collettiva che è alla base della scuola”. 



  
 “Senza la fiducia non ci sarebbe comunità”.     

  E questo è il punto di fondo, ci ricorda poi la pedagogista Sandra Benetti  : non ci si può avvicinare ai servizi educativi avendo un approccio basato unicamente sulla logica del controllo del presunto benessere, magari utilizzando … un occhio tecnologico che scruta a distanza l’incolumità dei propri figli, attraverso una modalità che è fortemente pregiudicante la fiducia verso il personale che vi opera al proprio interno.  
In questa direzione è compromesso il dialogo e si alimentata la logica del sospetto secondo la quale chiunque si occupi di cura, dall’educatrice che accoglie il bimbo al nido, piuttosto che della badante che veglia l’anziano in casa, sia inaffidabile e dunque potenzialmente da controllare, escludendo in tal modo il dialogo insito nella reciprocità. E allora per un insano approccio si potrebbe dire che le stesse riserve potrebbero estendersi ai genitori stessi in quanto lavoratori; per esempio l’infermiera che assiste l’ammalato in ospedale può essere una potenziale omicida? E che dire delle madri o dei padri che in un gesto disperato e forse non intenzionale, uccidono i propri figli? Le citazioni non sono casuali, ma si riferiscono ad analoghi casi di cronaca rispetto ai quali non credo si possano imputare gli stessi comportamenti all’universo dei genitori, piuttosto che a quello degli infermieri. E nessuno ha finora avanzato la proposta di introdurre nelle case le telecamere  nonostante le statistiche ci confermino che è dentro le pareti domestiche che si consumano i fatti più incresciosi di violenza sulle donne e sui bambini” .

Continuiamo?
Boccia come ” follia “ tale legge  il pedagogista Daniele Novara  che ho conosciuto  di persona quando circa vent’anni fa ,   direttrice didattica a Montecchio Maggiore, lo avevo chiamato per incontri formativi con i genitori sulla cultura della pace e la gestione dei conflitti scolastici                                    «I bambini sono sicuri quando hanno buone maestre. Bisogna ripartire dalla selezione e dalla formazione, le telecamere sono una scorciatoia.  I maltrattamenti capitano in tutto il mondo, noi siamo i primi a pensare di risolverli con le telecamere: o siamo i più furbi o siamo i più cretini"      Comunque si guardi la legge … la «follia» resta, anzi, Novara parla di «terrorismo»                                                                                                  Spiega : “  Se un luogo pubblico è pieno di telecamere significa che quello è un luogo pericoloso, dove può succedere qualcosa. Ecco, la scuola cessa di essere un luogo educativo, da oggi la scuola è un luogo pericoloso. Non ci trovo niente di rassicurante, vedo solo una politica che va verso il poliziesco, questa è l’anticamera di un regime poliziesco che vuole controllare i cittadini fin dalla nascita con l’alibi – perché sia chiaro, questo è solo un alibi - che forse, eventualmente, potrebbero subire dei reati. ... I maltrattamenti sui bambini si evitano a monte, selezionando le persone giuste da mandare in classe, non con le telecamere: così creiamo solo terrorismo... Per di più io non ho mai visto fare una legge su un settore specifico senza consultare nessun operatore del settore. Siamo tutti contrari, ci sarà motivo…”                                                              I genitori , poi, per Novara non devono gioire  per questa legge, perché la telecamera non dà qualità educativa. I bambini sono sicurissimi se hanno buona scuola, se hanno educatori preparati e selezionati bene, non se hanno decine di telecamere dentro la scuola. L’educazione è basata su un patto fiduciario, tutti noi affidiamo i nostri figli agli educatori e non c’è telecamere che può sopperire a un patto fiduciario incrinato.…. I casi di vessazione sui bambini si prevengono con un'adeguata e rigorosa selezione del personale e una continua e sistematica formazione degli insegnanti stessi, per aggiornare e migliorare le loro competenze professionali, non c’è un’altra strada” .
Che dire ancora ? Penso che il  «Grande Fratello» in aula non elimini la preoccupazione delle famiglie, offende gli insegnanti bravi e non aiuta il bambino.
  Sollecito i genitori , invece delle telecamere di  chiedere alla POLITICA una scuola migliore per i  figli con maggiori investimenti, maggior formazione dei docenti.
La scuola delle telecamere e del sospetto non è una buona scuola.                    
I problemi si risolvono alla radice, se si vogliono veramente risolvere.
Donata Albiero



                                                                                                          

giovedì 6 ottobre 2016

IL FANTASMA GENDER A SCUOLA : ATTREZZIAMOCI COME DOCENTI

EDUCAZIONE DI GENERE A SCUOLA PER DIFENDERE I NOSTRI FIGLI DALL'IGNORANZA 


Educazione di genere: parlano i bambini   https://youtu.be/YdB0uS_5J3E
Inizia un nuovo anno scolastico e si torna a parlare di educazione e di cosa sia lecito o non lecito insegnare a scuola. L’anno scorso, è esploso il dibattito circa l’esistenza o meno di una ideologia del gender che avrebbe come obiettivo l’azzeramento delle differenze di genere, la fabbricazione dei bambini in provetta e la conseguente estinzione della specie umana.  Ma il vero problema in realtà, non è tanto se esista o meno un’ideologia del genere, il problema è che cosa ci si fa ricadere dentro e purtroppo ci si fanno ricadere progetti contro il bullismo, contro le discriminazioni e per la prevenzione della violenza sulle donne, paralizzando di fatto un paese nel suo difficile percorso di progresso civile e  sociale.
Ho esplicitato allora, nel mio blog, più volte, con chiarezza la mia posizione personale e professionale, elencando esperienze educative e didattiche nonché una sperimentazione europea portata avanti sull’educazione affettivo sentimentale sessuale. Il tutto è sempre partito dalla lotta alle discriminazioni.    
Si fa un gran parlare di “teorie del gender”, ma quello che abbiamo davanti agli occhi tutti i giorni sono invece “casi pratici” di violenza e discriminazione. 
Episodi di bullismo, omofobico e non, violenza contro le donne, femminicidi, discriminazioni a livello salariale e occupazionale non sono “teorie”, ma una realtà concreta da cui abbiamo il dovere di partire coinvolgendo sì le famiglie, ma anche le scuole.  Da parte del Ministero, per voce del  Sottosegretario al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, c’è il  costante impegno nel promuovere programmi di educazione al rispetto di genere in tutte le scuole di ogni ordine e grado, così come riportato dal  c. 16 della legge 107. Il MIUR chiede esplicitamente di insegnare consapevolmente il rispetto di genere con azioni progettate e inserite nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa.                                                                          
 “Educazione di genere significa educare al rispetto delle differenze per prevenire violenza o discriminazione. Non altro. Non permetteremo alla stampa strumentalizzata o a personaggi in cerca di scena politica di mentire sulle spalle della scuola. Negli ultimi giorni si è tornati a diffondere leggende metropolitane sull’educazione di genere a scuola, sia con articoli falsi e pretestuosi sia con comunicati di persone in cerca di visibilità, millantando la difesa dei “figli degli italiani”. I figli degli italiani li difendono già le loro famiglie, i loro docenti e i loro dirigenti, uniti insieme nei percorsi educativi più rispondenti. Le scuole fanno già, e lo fanno bene, educazione di genere, come indicato dal comma 16 della legge 107, un insegnamento trasversale che altro non è che educazione alle pari opportunità e alla lotta alle discriminazioni, tutte, a partire da quella di genere. Anche come forma di prevenzione della violenza: contro il sessismo, l’omofobia, l’intolleranza per le differenze. In nome di un rispetto per la persona dovuto a tutti e che va ribadito e praticato a scuola fin da piccoli….  
 Non è un optional, è già legge: comma 16, legge 107.
….Stiamo costruendo un’Italia civile, rispettosa delle differenze e libera nella responsabilità, siamo consapevoli che questo cambiamento profondo non sia compreso da tutti, perché la libertà e il rispetto delle differenze esigono anche una responsabilità, e abbiamo contro i media, che non sempre sono maturi da questo punto di vista; stiamo chiedendo di uscire dalla comfort zone per entrare in un mondo nuovo fatto di rispetto e tolleranza, in cui razzismo, sessismo, omofobia, discriminazione del diverso sono banditi e condannati in ogni ambito della vita sociale, culturale e collettiva; lo insegniamo a scuola, credo sia un grande passo per il paese, se ne facciano una ragione coloro che marciano contro i diritti e la tolleranza.”

Suggerisco ai docenti, prima di progettare le attività nel nuovo anno scolastico , di dotarsi di strumenti utili a decostruire il fondamento sessista su cui si fondano i saperi trasmessi a scuola.

Per ben partire propongo Il libro “EDUCAZIONE SESSISTA”       

     Stereotipi di genere nei libri delle elementari                 
Esso mette a disposizione un kit di strumenti (di tipo sia quantitativo che qualitativo) testati in una ricerca condotta su un campione di dieci libri di lettura della classe quarta elementare, di alcune delle maggiori case editrici italiane: De Agostini, Nicola Milano, Piccoli, Il Capitello, La Scuola, Giunti, Elmedi, Piemme, Raffaello, Fabbri.  I risultati dell'indagine testimoniano l'urgenza di liberare le nuove generazioni da un immaginario di Principi Azzurri e Belle addormentate nel bosco.









 Per bimbi da 0 a 6 anni suggerisco il libro “LEGGERE SENZA STEREOTIPI” (progetto di Scosse)

Vi si analizzano gli albi illustrati pubblicati in Italia e all'estero dal punto di vista della presenza o assenza degli stereotipi di genere relativi alla prima infanzia e propone attività pratiche - a partire dall'utilizzo dei libri - dirette al superamento degli stereotipi. Il volume si articola in vari percorsi, ciascuno legato a un tema chiave per la costruzione dell'identità di genere di bambine e bambini, e declinabili ai diversi livelli scolastici.








Infine, caldeggio il libro MASCHI CONTRO FEMMINE?  (EricKson)    
                       
Vuole essere un’occasione preziosa per affrontare — divertendosi — il tema dell’educazione alla parità di genere e per superare pregiudizi e stereotipi culturalmente radicati, attraverso materiali operativi che si snodano in un percorso ricco di riflessioni, attività e giochi, da utilizzare sia a casa che a scuola nelle normali attività didattiche. 
Permette a genitori, educatori e insegnanti di approfondire la questione delle Pari Opportunità in modo rigoroso ma lieve, aiutando bambini e bambine a comprendere realmente il mondo in cui vivono e fornendo l’occasione di un’apertura al futuro che contempli nuove aspirazioni e possibilità.                                                                                     


Non è mai troppo presto per iniziare a lavorare sugli stereotipi se si vuole davvero  
la creazione di una società più rispettosa, giusta ed equa

La scuola non può, per quieto vivere, voltarsi dall’altra parte .


Se volete approfondire la questione  allora  probabilmente vi interesserà Il gioco del rispetto. Io l'ho acquistato. 

                 
Dimenticavo,  ho visto  la nuova edizione di “La parola alla storia”
 Il testo scolastico per ragazzi e ragazze di prima media, curato da Barbara Biggio ed edito da Fabbri Editori in collaborazione con Erickson,  prevede la sezione “Cittadini si diventa”, declinata in diverse schede di approfondimento collegate al tema storico che si sta affrontando. 
Ed ecco che, a pagina 71, con l’importante tema dell’uguaglianza, si parla anche del Gioco del rispetto e si invitano ragazzi e ragazze a riflettere sulle discriminazioni e sulle possibili soluzioni a questo problema.

 Un altro libro?  
Io l' ho preso per i miei due  nipotini, Ernesto e Luna: l  "FIABE IN ROSSO ". 
Sono piccini piccini i miei piccoli , di 1 e 3 anni,   ma intanto lo consegno alle loro mamme che decideranno il da farsi .  
 Si tratta di una breve raccolta di fiabe della tradizione, tutte con protagoniste femminili, ma con finali rivisitati. Perché ciò che ogni bambino dovrebbe imparare è che il finale della propria storia, il finale della propria vita, non deve essere scontato, non deve essere uno solo, non deve essere – soprattutto – già deciso da qualcun altro. 
La felicità non consiste necessariamente nel trovare il principe azzurro, ma nel guadagnarsi la propria strada e il proprio posto nel mondo. E un bel libro, dunque,  da leggere insieme ai nostri bambini, per  raccontare loro, siano essi  maschi o femmine, che la vita va vissuta in prima persona, e nel massimo rispetto di chi ci è accanto. 

Auguri alla  scuola  nel nuovo anno scolastico ,  la  NUOVA FRONTIERA  in un mondo sempre più degradato e privo di valori.    
(http://donataalbiero.blogspot.com/2016/09/scuola-maschi-nuovi-e-femmine-nuove.html?spref=fb

A chi ha avuto la pazienza di seguirmi fino alla fine offro una 'chicca' , ringraziando pubblicamente per l'opportunità datami,  la  prof.ssa  Graziella Priulla  , di cui ho parlato ampiamente nel post " Come insegnare a non uccidere le femmine "      


Il suo MANUALE/ guida  è un file ricco di riflessioni, spunti, osservazioni, indicazioni bibliografiche  
L'importanza di educare al  genere 



Donata Albiero