Le avversità possono essere delle formidabili occasioni
https://youtu.be/2j_5Le9kg54 resilienza è risalire
Di resilienza si sente parlare sempre più spesso.
https://youtu.be/2j_5Le9kg54 resilienza è risalire
Il suo significato rimanda a un concetto complesso e a una capacità affascinante che appartiene sia ai sistemi
ecologici, biologici e sociali, sia alle singole persone: riguarda il risorgere
e il risollevarsi dagli eventi negativi.
"Quelllo che non uccide ci rende più forti"" l'ha scritto nel 1888 il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche.
La saggezza popolare condensa il concetto intrigante della resilienza nel motto “mi piego ma non mi spezzo”.
Rende bene il significato: la capacità di adattamento, l’adozione di nuovi comportamenti dopo aver preso coscienza che i precedenti hanno fallito o sono insufficienti, il sapere affrontare e superare le avversità della vita.
La saggezza popolare condensa il concetto intrigante della resilienza nel motto “mi piego ma non mi spezzo”.
Rende bene il significato: la capacità di adattamento, l’adozione di nuovi comportamenti dopo aver preso coscienza che i precedenti hanno fallito o sono insufficienti, il sapere affrontare e superare le avversità della vita.
Esempio di resilienza 'collettiva' in passato è stata la capacità del popolo italiano di risollevarsi da una dittatura e da una guerra catastrofica creando la repubblica e un benessere nuovo
Un altro
esempio, questo 'individuale', è di chi, avendo superato un tumore che poteva essere mortale, trae dalla malattia la forza e la volontà di
aiutare gli altri.
La resilienza è una capacità umana fondamentale, che permette di perseguire
mete e obiettivi con determinazione e perseveranza, di fronteggiare sconfitte e
difficoltà senza perdere la speranza, di apprendere dagli errori, di uscire
dalle crisi rinnovati e più forti.
Quante volte nella vita abbiamo sentito
dire o detto: “sbagliando s'impara”?
I nostri bimbi, però, iperprotetti
sempre più spesso non appaiono in
grado di affrontare le minime paure e difficoltà della vita quando invece lo richiede un mondo irto di difficoltà e insidie quale
essi vivono oggi.
Tenuti al sicuro da problemi, difficoltà e fatiche crescono senza sviluppare anticorpi e senza mettersi mai in discussione.
Finché la realtà non li urta con tutta la sua durezza, trovandoli incapaci di reagire.
Tenuti al sicuro da problemi, difficoltà e fatiche crescono senza sviluppare anticorpi e senza mettersi mai in discussione.
Finché la realtà non li urta con tutta la sua durezza, trovandoli incapaci di reagire.
Prepararli si può e si deve.
Non
entro nel merito delle patologie, causate da ferite emotive: non ne ho le competenze e non voglio certo
avere la presunzione di sostituirmi allo psicoterapeuta .
Mi limito ad alcune osservazioni generali dal punto di vista dell’educatore
Una ragazzina di prima liceo che conosco bene, bocciata a giugno l’anno
scorso, si è sentita messa all’indice di fronte ai suoi coetanei e aveva perso
ogni fiducia in se stessa. La vicinanza ‘accorta’ dei genitori che hanno
razionalizzato il suo problema anzicché deprecarlo e non hanno colpevolizzato
la ragazza, le hanno consentito, gradualmente, di ritrovare l’autostima in un
nuovo confronto scolastico, con la scoperta di qualità che non credeva di avere e
senza ‘fuggire’ in un altro istituto scolastico. Un caso di resilienza che deve
partire sempre dal soggetto colpito e deve avere attorno un mondo di relazioni positive.
Se pensiamo ad un bambino che sta imparando a
camminare, notiamo che la sua curiosità e volontà di riuscire gli impedisce di
fermarsi per le innumerevoli cadute ma che al contrario lo sprona a continuare
fino alla riuscita per poi essere beneficiato da quel cambiamento che lo ha
portato ad una importante autonomia. Il camminare da solo! Se invece noi
genitori non resistiamo all’intervento e ci intromettiamo di continuo
per “aiutarlo” a rialzarsi evitando di farlo cadere, lo priviamo delle sue caratteristiche resilienti che gli permetterebbero di risolvere il problema.
per “aiutarlo” a rialzarsi evitando di farlo cadere, lo priviamo delle sue caratteristiche resilienti che gli permetterebbero di risolvere il problema.
Il nostro compito è di incoraggiarlo, focalizzandoci sulle sue qualità e
non sui suoi limiti.
Del resto, in un momento storico come quello che stiamo vivendo, che ci costringe a rivedere la nostra idea di un benessere dato quasi per scontato e detta alle nuove generazioni sfide importanti, nel lavoro e nella vita sociale, siamo chiamati come genitori, insegnanti, educatori, attraverso il nostro esempio, a stimolare nei nostri figli, nei nostri alunni , la capacità di superare le frustrazioni trasformandole nella base di partenza per nuove affermazioni .
E’ dunque necessario che ogni bambino, ogni ragazzo affronti con le proprie forze i problemi che ha davanti all’interno di un contesto che lo sorveglia e lo aiuta discretamente a casa e a scuola.
Per quanto riguarda il ruolo di
quest’ultima, non ho dubbi; la “scuola amica” va nella giusta direzione.
Essa si incentra sull’ascolto , sulla partecipazione attiva, sul protagonismo dei ragazzi, per aprire agli allievi, contro l’indifferenza , il grande male del nostro tempo , la strada dell’assunzione di responsabilità, della cittadinanza attiva, della cooperazione, della solidarietà, nella consapevolezza che ciò comporta impegno.
Essa si incentra sull’ascolto , sulla partecipazione attiva, sul protagonismo dei ragazzi, per aprire agli allievi, contro l’indifferenza , il grande male del nostro tempo , la strada dell’assunzione di responsabilità, della cittadinanza attiva, della cooperazione, della solidarietà, nella consapevolezza che ciò comporta impegno.
Le inevitabili
sconfitte e le frustrazioni sono il percorso attraverso il quale si deve
innescare il processo di resilienza. Il
tutto si interseca con un ambiente
accogliente, gratificante, sicuro, valoriale (scuola di don Milani: non
uno di meno) dove ogni studente con orgoglio si identifica.
Donata Albiero
5 marzo 2016
Il tema della resilienza comporta una azione che si contrappone alla “caduta”. Per questo è importante che gruppi di persone motivate comincino a costruire concretamente delle realtà di transizione che non aspettano cambiamenti generali dall’alto della società ma operano localmente su aspetti di degrado trasformandoli in nuove risorse. Resilienza può essere trasformare un’area degradata in un orto biologico modificando le abitudini alimentari di un quartiere oppure aprire una scuola di strada dove è più presente l’abbandono scolastico, rimotivando bambini di periferia; può essere formare una band con strumenti riciclati e ancora insegnare la lingua agli stranieri. Insomma è resilienza tutto ciò che può trasformare hic et nunc la vita delle persone. Ma è anche resilienza far crescere i livelli di coscienza di una società in modo da promuovere nelle persone il desiderio di cambiamento. E’ quello che facciamo anche noi, contrapponendo ad una cultura di disimpegno, di egoismo e di esclusione una visione inclusiva dell’esistenza. Non si tratta di costruire l’immagine di nuovi nemici ma di iniziare processi positivi che partono dalla presa di coscienza e, tante volte, lo spunto ci viene proprio dalle osservazioni dei nostri bambini da cui abbiamo molto da imparare.
RispondiEliminaGiovanni Fazio
Il mio corto parla di resilienza e attitudine al cambiamento.
RispondiEliminaÈ stato proiettato in molte scuole italiane.
Sono a vostra disposizione in caso vi interessi.
www.ilrigorista.it
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