Visualizzazioni totali

giovedì 10 aprile 2014

A SCUOLA DI UMANITA'

Umuntu Ngumuntu       http://youtu.be/ax9Ycsf6IbQ




Non è facile spiegare il concetto di solidarietà ai bambini e ai ragazzi .

Stiamo vivendo un momento storico difficile, nel mezzo di una crisi   non solo economica e politica, ma anche sociale: crisi di valori e di principi.
 Di solidarietà non si parla  perché nei momenti di difficoltà aumentano la diffidenza e la tendenza a chiudersi a difesa dei propri interessi.
Proprio in questo  momento di crisi della società, invece,  NOI educatori, dobbiamo far riscoprire ai piccoli, ai ragazzi , ai giovani  i principi di equità e di solidarietà .

Dobbiamo  porre l’accento su un aspetto spesso dimenticato, l’umanità, intesa come capacità di essere attenti ai nostri simili e di cooperare per il bene comune.  

Inizio sempre, quando intendo introdurre nelle scuole il concetto di solidarietà,  leggendo senza commentare  una frase detta da  Nelson Mandela quando spiegava  il concetto di UBUNTU         
« Una persona che viaggia attraverso il nostro paese e si ferma in un villaggio non ha bisogno di chiedere cibo o acqua: subito la gente le offre del cibo, la intrattiene. Ecco, questo è un aspetto di Ubuntu, ma ce ne sono altri.
Ubuntu non significa non pensare a se stessi; significa piuttosto porsi la domanda: voglio aiutare la comunità che mi sta intorno a migliorare?”.

  Poi leggo quanto sostiene papa Francesco La solidarietà non è un'elemosina sociale, ma è un valore”    

 Sono due visioni sulla relazione IO/ALTRO che , a mio modesto parere, riassumono una filosofia di vita .
 Ubuntu è la parola chiave.



Ho identificato  il significato di “Ubuntu” in  “Umanità attraverso gli altri” nel post http://donataalbiero.blogspot.it/2013/01/solidarieta-2012-risposta-attiva-dei.html.  
                                                 
Mi preme ora  evidenziare il  rapporto tra adulti e bambini nella nostra società e le conseguenze che scaturiscono.
L’attuale crisi dei sistemi educativi e formativi ha la sua origine nella presenza di un vuoto culturale che riguarda la incapacità di attenzione all’infanzia ed alla giovinezza; alla sostanza del rapporto educativo, non soltanto da parte delle istituzioni ma dell’intera società.  Il rapporto della società adulta con l’infanzia è dominato dalle leggi del mercato, non solo in quanto destinataria dei prodotti di consumo, che ne è l’aspetto più evidente, ma anche per il progetto di omologazione totalizzante dei valori di riferimento con cui si misura il rapporto con l’infanzia.

La società oggi ci allontana gli uni dagli altri.  Possiamo notare lo stato di decadenza educativa e culturale dilagante anche dai sempre più diffusi episodi di violenza ed aggressività, che sono aumentati tra i giovanissimi, anche all’interno delle istituzioni scolastiche.  Tutto questo non è altro che lo specchio di una società, oggi, che sta perdendo i suoi valori sociali di solidarietà, intesa come senso di appartenenza all’umanità intera ed alla terra che abitiamo. 
 I nostri bambini rappresentano, non solo lo specchio della nostra società oggi, ma soprattutto il futuro della nostra civiltà. Noi stiamo “costruendo” oggi, attraverso il rapporto e l’interazione con i nostri figli, la società di domani.

Un’educazione che uccide lo spirito di collaborazione insegnando a vincere, che bandisce la sorpresa, la critica, la diversità dei temperamenti, le differenze attitudinali delle persone, la capacità di immedesimazione negli altri, induce gli studenti a diventare i cittadini conformisti di domani, lavoratori obbedienti ad ogni precettazione sociale. Incapaci di essere interamente se stessi.
Le competenze non possono essere sviluppate  al di fuori della nostra UMANITA’.

  Ben venga dunque l’esperienza dell’ins Ersilia Grande coni suoi 20 bambini di seconda D della scuola primaria dell' Ist.Comp. di Carugate provincia di Milano.  Ha  riadattato nella sua classe  il gioco effettuato da  un antropologo ad alcuni bambini di una tribù africana, esposto anche da me nel post di cui sopra.
“… Mise un cesto di frutta vicino ad un albero e disse ai bambini che chi sarebbe arrivato prima avrebbe vinto tutta la frutta.
Quando gli fu dato il segnale per partire, tutti i bambini si presero per mano e si misero a correre insieme, dopodiche, una volta preso il cesto, si sedettero e si godettero insieme il premio.
Quando fu chiesto ai bambini perché avessero  voluto correre insieme, visto che uno solo avrebbe potuto prendersi tutta la frutta, risposero ‘UBUNTU’. Come potrebbe uno essere felice se tutti gli altri sono tristi?" .

                                                                                                                

Ci racconta dunque Ersilia “ navigando su Internet e precisamente visitando il social network Facebook, ho visto un bellissimo cerchio formato con i piedi e subito ho pensato come effettuare un lavoro
simile in classe.
Ho aspettato la giornata giusta quando per merenda c'era la torta. Così ho proposto ai bambini di fare un bellissimo gioco e chi avesse vinto poteva portarsi a casa tutta la merenda, anche quella dei compagni.
Naturalmente c'era gioia, ma anche trepidazione per paura di perdere.
Scrissi sulla lavagna queste lettere:
                                 C- - - - - - - - E
Di volta in volta gli alunni si alternavano e comunicavano una lettera da inserire sui trattini. Man mano la parola iniziava a comporsi.         Una bambina, velocissima, mi comunicò di aver compreso la parola e disse: CONFUSIONEGreta era molto felice, ma al momento di prendere il cesto della merenda, mi disse, mostrando i suoi bellissimi occhioni lucidi, che non voleva portare a casa tutta la torta, ma desiderava condividerla con tutti gli amici della classe.                                                   
 Allora spiegai che avevo voluto fare quel gioco perché ne avevo visto uno simile su Facebook ;  mostrai loro le immagini e lessi il link (collegamento) dal titolo “UBUNTU” che nella cultura africana subsahariana vuol dire: IO SONO PERCHE' NOI SIAMO.                
Questo è stato l'inizio per avviare una discussione e comprendere il significato, la bellezza e la verità di questa frase.
Il risultato è stato soddisfacente. Ancora una volta ho avuto la conferma che è vero ciò che diceva il grande cardinale di Milano Carlo Maria Martini:  "Educare è come 
seminare.   Il frutto non è sicuro e non è garantito.  MA SE NON SI SEMINA  STAI PUR CERTO CHE NON CI SARA' RACCOLTO."   
Ho fatto  di questa massima il mio modo di insegnare.  Cerco sempre di seminare nel migliore dei modi, come meglio riesco a fare e dando sempre il buon esempio. A lungo andare, sono convinta, i frutti si raccolgono.”

Già , ne sono convinta anch’io .
Ma io chi sono ?   Lo ha però’ sempre creduto anche il grandissimo   Nelson Mandela il quale esortava  a prendere coscienza non solo dei propri diritti, ma anche dei propri doveri, in una  spinta ideale verso l’umanità intera e  nel desiderio di pace.

 http://youtu.be/wuLxh-jBUQY

E’  una speranza che non cessa , finché  Ersilia e  migliaia di docenti come lei, in Italia e nel mondo,  si occupano della formazione dei loro allievi con la consapevolezza che essa possa realizzarsi solo attraverso l’umanità.

Donata                                                        


P.S.    C'E' UN MONDO CHE SI MUOVE
  
  http://donataalbiero.blogspot.it/2014/09/c-e-un-mondo-che-si-muove.html 

 


Nessun commento:

Posta un commento