Non è
facile spiegare il concetto di solidarietà ai bambini e ai ragazzi .
Stiamo vivendo un momento storico difficile, nel mezzo di una crisi non solo economica e politica, ma anche sociale: crisi di valori e di principi.
Di solidarietà non si parla perché nei momenti di difficoltà aumentano la diffidenza e la tendenza a chiudersi a difesa dei propri interessi.
Proprio in questo momento di crisi della società, invece, NOI educatori, dobbiamo far riscoprire ai piccoli, ai ragazzi , ai giovani i principi di equità e di solidarietà .
Dobbiamo porre l’accento su un aspetto spesso dimenticato, l’umanità, intesa come capacità di essere attenti ai nostri simili e di cooperare per il bene comune.
Inizio sempre, quando intendo introdurre
nelle scuole il concetto di solidarietà, leggendo senza commentare una frase detta da Nelson Mandela quando spiegava il concetto di UBUNTU
« Una
persona che viaggia attraverso il nostro paese e si ferma in un villaggio non
ha bisogno di chiedere cibo o acqua: subito la gente le offre del cibo, la
intrattiene. Ecco, questo è un aspetto di Ubuntu, ma ce ne sono
altri.Ubuntu non significa non pensare a se stessi; significa piuttosto porsi la domanda: voglio aiutare la comunità che mi sta intorno a migliorare?”.
Poi
leggo quanto sostiene papa Francesco “ La solidarietà non è un'elemosina sociale, ma è un valore”
Sono due visioni sulla relazione IO/ALTRO che , a mio modesto parere, riassumono una filosofia di vita .
Ubuntu è la parola chiave.
Mi preme
ora evidenziare il rapporto tra adulti e bambini nella nostra
società e le conseguenze che scaturiscono.
L’attuale crisi dei
sistemi educativi e formativi ha la sua origine nella presenza di un vuoto
culturale che riguarda la incapacità di attenzione all’infanzia ed alla
giovinezza; alla sostanza del rapporto educativo, non soltanto da parte delle
istituzioni ma dell’intera società. Il rapporto della società
adulta con l’infanzia è dominato dalle leggi del mercato, non solo in quanto
destinataria dei prodotti di consumo, che ne è l’aspetto più evidente, ma anche
per il progetto di omologazione totalizzante dei valori di riferimento con cui
si misura il rapporto con l’infanzia.La società oggi ci allontana gli uni dagli altri. Possiamo notare lo stato di decadenza educativa e culturale dilagante anche dai sempre più diffusi episodi di violenza ed aggressività, che sono aumentati tra i giovanissimi, anche all’interno delle istituzioni scolastiche. Tutto questo non è altro che lo specchio di una società, oggi, che sta perdendo i suoi valori sociali di solidarietà, intesa come senso di appartenenza all’umanità intera ed alla terra che abitiamo.
I nostri bambini rappresentano, non solo lo specchio della nostra società oggi, ma soprattutto il futuro della nostra civiltà. Noi stiamo “costruendo” oggi, attraverso il rapporto e l’interazione con i nostri figli, la società di domani.
Un’educazione che uccide lo spirito di collaborazione insegnando a vincere, che bandisce la sorpresa, la critica, la diversità dei temperamenti, le differenze attitudinali delle persone, la capacità di immedesimazione negli altri, induce gli studenti a diventare i cittadini conformisti di domani, lavoratori obbedienti ad ogni precettazione sociale. Incapaci di essere interamente se stessi.
Le competenze non possono essere sviluppate al di fuori della nostra UMANITA’.
Ben venga dunque l’esperienza dell’ins Ersilia Grande coni suoi 20 bambini di seconda D della scuola primaria dell' Ist.Comp. di Carugate provincia di Milano. Ha riadattato nella sua classe il gioco effettuato da un antropologo ad alcuni bambini di una tribù africana, esposto anche da me nel post di cui sopra.
“… Mise un cesto di frutta vicino ad un albero e disse ai bambini che chi sarebbe arrivato prima avrebbe vinto tutta la frutta.
Quando gli fu dato il segnale per partire, tutti i bambini si presero per mano e si misero a correre insieme, dopodiche, una volta preso il cesto, si sedettero e si godettero insieme il premio.
Quando fu chiesto ai bambini perché avessero voluto correre insieme, visto che uno solo avrebbe potuto prendersi tutta la frutta, risposero ‘UBUNTU’. Come potrebbe uno essere felice se tutti gli altri sono tristi?" .
Ci racconta dunque Ersilia “
navigando su Internet e precisamente
visitando il social network Facebook, ho visto un bellissimo cerchio formato
con i piedi e subito ho pensato come effettuare un lavoro
simile in classe.
Ho aspettato la giornata giusta quando per merenda c'era la torta. Così ho proposto ai bambini di fare un bellissimo gioco e chi avesse vinto poteva portarsi a casa tutta la merenda, anche quella dei compagni.
Naturalmente c'era gioia, ma anche trepidazione per paura di perdere.
Scrissi sulla lavagna queste lettere:
C- - - - - - - - E
Di volta in volta gli alunni si alternavano e comunicavano una lettera da inserire sui trattini. Man mano la parola iniziava a comporsi. Una bambina, velocissima, mi comunicò di aver compreso la parola e disse: CONFUSIONEGreta era molto felice, ma al momento di prendere il cesto della merenda, mi disse, mostrando i suoi bellissimi occhioni lucidi, che non voleva portare a casa tutta la torta, ma desiderava condividerla con tutti gli amici della classe.
simile in classe.
Ho aspettato la giornata giusta quando per merenda c'era la torta. Così ho proposto ai bambini di fare un bellissimo gioco e chi avesse vinto poteva portarsi a casa tutta la merenda, anche quella dei compagni.
Naturalmente c'era gioia, ma anche trepidazione per paura di perdere.
Scrissi sulla lavagna queste lettere:
C- - - - - - - - E
Di volta in volta gli alunni si alternavano e comunicavano una lettera da inserire sui trattini. Man mano la parola iniziava a comporsi. Una bambina, velocissima, mi comunicò di aver compreso la parola e disse: CONFUSIONEGreta era molto felice, ma al momento di prendere il cesto della merenda, mi disse, mostrando i suoi bellissimi occhioni lucidi, che non voleva portare a casa tutta la torta, ma desiderava condividerla con tutti gli amici della classe.
Allora spiegai che avevo voluto fare quel gioco
perché ne avevo visto uno
simile su Facebook ; mostrai loro le
immagini e lessi il link (collegamento) dal titolo “UBUNTU” che nella cultura
africana subsahariana vuol dire: IO SONO PERCHE' NOI SIAMO.
Questo è stato l'inizio per avviare una discussione
e comprendere il significato, la bellezza e la verità di questa frase.
Il risultato è stato soddisfacente. Ancora una volta ho avuto la conferma che è vero ciò che diceva il grande cardinale di Milano Carlo Maria Martini: "Educare è come seminare. Il frutto non è sicuro e non è garantito. MA SE NON SI SEMINA STAI PUR CERTO CHE NON CI SARA' RACCOLTO."
Il risultato è stato soddisfacente. Ancora una volta ho avuto la conferma che è vero ciò che diceva il grande cardinale di Milano Carlo Maria Martini: "Educare è come seminare. Il frutto non è sicuro e non è garantito. MA SE NON SI SEMINA STAI PUR CERTO CHE NON CI SARA' RACCOLTO."
Ho fatto di questa massima il mio modo di insegnare. Cerco sempre di
seminare nel migliore dei modi, come meglio riesco a fare e dando sempre il buon esempio. A
lungo andare, sono convinta, i frutti si raccolgono.”
Ma io chi sono ? Lo ha però’ sempre creduto anche il grandissimo Nelson Mandela il quale esortava a prendere coscienza non solo dei propri diritti, ma anche dei propri doveri, in una spinta ideale verso l’umanità intera e nel desiderio di pace.
http://youtu.be/wuLxh-jBUQY
E’ una speranza che non cessa , finché Ersilia e migliaia di docenti come lei, in Italia e nel mondo, si occupano della formazione dei loro allievi con la consapevolezza che essa possa realizzarsi solo attraverso l’umanità.
Donata
P.S. C'E' UN MONDO CHE SI MUOVE
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