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sabato 5 ottobre 2019

DOCENTI SPECIALI INSEGNANO IN LIBERTÀ



Nessun bambino è perduto se ha un insegnante che crede in lui “



  Credo in una scuola  
https://youtu.be/1it-5LMUjCw   Official video BASSANESE


E’ oggi, 5 ottobre 2019, una giornata celebrativa, che non mi riguarda più
direttamente, la giornata mondiale dei docenti

Penso però che essa rappresenti un’occasione per fermarsi a riflettere sul ruolo dei docenti e questo si può fare anche a distanza. 
La giornata di quest’anno è dedicata ai giovani insegnanti e al futuro di questa
professione, un tema rientrante tra gli impegni dell’ “Agenda 2030” per lo
sviluppo sostenibile, adottata dalle Nazioni Unite nel 2015, che si propone
di promuovere un’educazione di qualità, inclusiva, paritaria e di garantire
opportunità di apprendimento permanente per tutti.

Sono nel mondo ogni giorno ben 55 milioni di insegnanti (quasi l’1% della
popolazione mondiale) che lavorano con oltre un miliardo di bambini, ragazzi,
giovani, per favorire la crescita civile e culturale delle nuove generazioni.

Docenti che, giorno per giorno, promuovono e costruiscono, con i loro studenti,
i valori del dialogo, della tolleranza, del rispetto e della solidarietà, che sono le
basi del vivere democratico.
Purtroppo in tutto il mondo, troppi insegnanti non hanno la libertà e il sostegno
di cui hanno bisogno per svolgere il proprio lavoro di vitale importanza.
Vale anche per il nostro Paese.
Parlo per esperienza diretta. Per quarantuno anni consecutivi ho lavorato nella scuola, 31 come dirigente scolastica, sperimentando, giorno dopo giorno, soprattutto nell’ultimo decennio, la difficoltà per i docenti di fare della scuola, della classe, un luogo capace di dare ascolto, dignità, opportunità di confronto, di dare senso all’azione educativa soprattutto recuperando la distanza fra scuola e società, per rendere gli studenti capaci di comprendere i fatti del mondo in cui vivono, attraverso la pratica della ricerca.
L’obiettivo condiviso nelle scuole in cui mi sono trovata ad operare con i professionisti docenti è sempre stato uno solo: la formazione di menti libere da pregiudizi, flessibili e creative, capaci di connettere pensiero e azione.




Agli insegnanti ho sempre chiesto di mantenere la fiducia nella importanza del
proprio compito e di continuare a sentirsi componente essenziale della crescita
dei ragazzi. Ancor più oggi i nostri giovani hanno bisogno di guide sicure e
autorevoli, che facilitino il percorso verso l’autonomia personale, un’autonomia
autentica fondata sulla consapevolezza che la cultura, quella vera, costituisce
un elemento imprescindibile per farsi strada nel mondo.
Nel momento in cui ho lasciato la scuola, ho dedicato ai docenti tutti un post, 
“La scintilla dei buoni maestri” in cui ricordavo quelli che per me, nel percorso della mia
vita, sono stati i grandi maestri, accumunati dal pensiero pedagogico
antiautoritario e democratico che hanno riversato nel rispetto e amore verso gli
allievi.  
Grandi maestri che hanno lasciato una eredità ad altrettanti maestri speciali
oggi, docenti a tutto tondo che insegnano in libertà.   
Sono insegnanti al mattino e volontari al pomeriggio in quartieri difficili. 

Sono educatori in organizzazioni internazionali e nazionali ONLUS.

Sono adulti che dedicano il loro tempo libero ad aiutare bambini e ragazzi
nel mondo.

Sono i docenti senza frontiere, sono gli educatori senza aule; in prima linea, per aiutare chi ha difficoltà a scuola, chi non va a scuola. Li tolgono dalla strada per sottrarli a un destino già scritto fatto di violenza e sopruso.
Sono maestri che non parlano alla televisione, ma sono a scuola, fuori della
scuola, trasversalmente per così dire, nei quartiere di degrado e dolore, nei
riformatori. Credenti e atei insieme. Li accomuna la FIDUCIA nei ragazzi, la
certezza che dare fiducia vuol dire mettere in moto un meccanismo di
riparazione nelle loro vite deprivate. Credere che sono capaci, possono
sottrarsi a un destino che sembra scritto.
E questo "riparare" passa attraverso la relazione. 
Sono educatori che lavorano in silenzio, che condividono l’idea di scuola attiva, partecipativa, fatta di emozioni e di passione.
Se la scuola tradizionale del mattino non funziona, o funziona male, scendono
in campo fuori di essa. 
Hanno scelto di fare e fanno cultura “uno a uno”, dove ognuno ha un NOME,
un SORRISO, un suo PENSIERO, una sua VOCE.  
Sostengono,  tali educatori , che  non è mai troppo tardi per dare di più ai
bambini, ai ragazzi.  
Li vedo, oggi, ogni giorno, questi docenti speciali, impegnati anche nella
comunità
L’immagine degli stupendi cortei dei Fridays For Future dove sfilano studenti
e studentesse insieme a tanti insegnanti è l’emblema di una condivisione
che rompe gli schemi abituali e presenta tutta la ricchezza di cui è fatta
“ostinatamente” la nostra scuola, il cui linguaggio universale dovrà essere
compreso, quanto prima, anche “dalla politica più distratta”, come ben ricorda
Francesco Sinopoli.
Sono insegnanti questi che aiutano i loro studenti fin da piccoli ad inserirsi in un contesto sociale, fatto di regole e diritti, relazioni e rispetto, possibilità e limiti, aprendo orizzonti di comunicazione in cui gestire la libertà soggettiva e quella degli altri.
“Forse è questo insegnare: fare in modo che a ogni lezione scocchi l’ora
del risveglio” (Daniel Pennac)
Meritano rispetto e considerazione i nostri docenti.



Donata Albiero


P.S 

 " Oggi ho riletto il post di Donata, dedicato agli insegnanti. Non si può leggere questo testo senza sentire ad ogni virgola, vibrare il grande segno di umanità e di amore per i ragazzi che ha caratterizzato nei fatti l’intera vita di questa docente senza frontiere. Caposaldo di una didattica viva nelle retrovie della provincia veneta “Nessun bambino è perduto se ha un insegnante che crede in lui” è il sotto titolo del suo scritto “DOCENTI SPECIALI INSEGNANO IN LIBERTA’”.
Il pensiero va alle mille riforme e controriforme che si sono succedute da quarant’anni a questa parte, che non hanno mai risolto i veri problemi della scuola italiana ma si sono risolte in una patetica guerriglia di bande politiche, uguali e contrapposte, intente solo a cancellare quello che la banda precedente aveva fatto. Ministri diseducati all’educazione. Se avessero lasciato fare ai ragazzi, probabilmente la scuola oggi, sarebbe molto migliore di ciò che rimane di un insano attacco all’autonomia della cultura
Questo continuo dibattersi, dentro il recinto del “pensiero unico”, è quello dove una politica screditata ha partorito concetti come “Scuola azienda” e ha cercato, sotto tutte le sigle politiche di destra e di sedicente sinistra di concepire come sponda del percorso scolastico e come modello sociale l’azienda, cercando grottescamente di adeguandosi ad essa, immaginando presidi manager e professori assoggettati alle disposizioni ministeriali.
Ci chiediamo, in questa asfittica visione, quale modello possa rappresentare l’azienda se non quello di una struttura piramidale dove un vertice decide ruoli, mansioni e obiettivi di tutto il personale, deprivato di ogni possibilità partecipativa e trasformato in numero, rotella intercambiabile dell’organizzazione aziendale.
Non parliamo di tutta la retorica nata dalla cosiddetta “Alternanza scuola lavoro”: cosa hanno da imparare in azienda i ragazzi? Come si obbedisce al capo? Come si sfrutta la manodopera parcellizzando le mansioni e i tempi di lavoro? Cosa faranno, una volta appresa la lezione? Appenderanno il cervello all’attaccapanni e diranno signorsì al preside?
“La giornata di quest’anno è dedicata ai giovani insegnanti e al futuro di questa
professione, un tema che rientra tra gli impegni dell’ “Agenda 2030”… adottata dalle Nazioni Unite nel 2015, che si propone di promuovere un’educazione di qualità, inclusiva e paritaria e garantire opportunità di apprendimento permanente per tutti”.
Quale scuola dovrebbe promuovere questa educazione, quella che accetta le SPONSORIZZAZIONI da industrie che distruggono l’ambiente con i reflui delle loro aziende?
“I valori del dialogo, della tolleranza, del rispetto e della solidarietà, che sono le basi del vivere democratico” si apprendono alla catena di montaggio?
“Troppi insegnanti non hanno la libertà e il sostegno di cui hanno bisogno per svolgere il proprio lavoro, che è di vitale importanza “
Donata parla della la difficoltà per i docenti di fare della scuola, della classe un luogo capace di dare ascolto, dignità, opportunità di confronto, di dare senso all’azione educativa soprattutto recuperando la distanza fra scuola e società. La difficoltà di inserire l’insegnamento all’interno di un contesto più vasto che comprenda con chiarezza e semplicità il nesso tra la loro vita, il proprio futuro e una pseudo informazione martellante emanata dai media che, dalla mattina alla sera, non parla del loro avvenire ma di quello delle banche e delle grandi multinazionali; una informazione che misura il mondo attraverso il PIL cioè la misura, puramente quantitativa, di una assurda crescita infinita che ha già bruciato gran parte delle risorse del pianeta e ci conduce verso il baratro del Climate Change.

E’ questa la società che ha come fine “ la formazione di menti libere da pregiudizi, flessibili e creative, capaci di connettere pensiero e azione” come auspica Domata?
E’ questo che si legge nei proclami ministeriali o nelle urla disarticolate di una opposizione sanguigna e disumana?
“Grandi maestri che hanno lasciato una eredità ad altrettanti maestri speciali
oggi, docenti a tutto tondo che insegnano in libertà.
Sono insegnanti al mattino e volontari al pomeriggio in quartieri difficili.
Sono educatori in organizzazioni internazionali e nazionali ONLUS.”
… “li accomuna la FIDUCIA nei ragazzi, la certezza che dare fiducia vuol dire mettere in moto un meccanismo di riparazione nelle loro vite deprivate. Credere che sono capaci, possono sottrarsi a un destino che sembra scritto.”

Non mi dilungherò a citare il teso che ad ogni riga esprime l’amore per l’insegnamento inteso come scuola di autonomia intellettuale e coscienza di sé e del contesto in cui i ragazzi crescono. Non mi dilungherò a citare le parti in cui Donata riversa la stima, l’affetto e la compartecipazione nei confronti degli insegnati così come le ho visto fare per anni quando, tornando a casa mi raccontava dei problemi della scuola Giuriolo.
Credo che questo testo dovrebbe essere letto e riletto molte volte per la ricchezza dei contenuti di una professione che non si ferma al suono della campanella."    


Giovanni Fazio









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