CITTADINANZA ATTIVA
Un altro esempio, dopo il presidio degli studenti davanti al tribunale di Vicenza, di partecipazione attiva degli stessi e del loro contributo concreto per informare e sensibilizzare compagni e comunità, dando una dimostrazione concreta di cosa si possa fare. L’itinerario “One health: un percorso di cittadinanza attiva per mettere la bando i pfas” trova il loro impegno che vuole dimostrare, come dicono “non solo agli adulti ma anche a noi stessi che non siamo in completa balia delle scelte dei ‘potenti’, che si può cambiare e non accettare le ingiustizie che ci piovono addosso” (Vedi sito CiLLSA dove il lavoro nelle scuole è ospitato, da Home page: blog Generazione Speranza; pagina PFAS: manuale di sopravvivenza quotidiana; pagina Rete Zero Pfas Italia, fino a pagina Gruppo educativo con archivio lavori nelle scuole https://sites.google.com/view/cillsacom/home-page?authuser=0 ).
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Studenti del De Pretto di Schio al presidio di Vicenza il 7 febbraio 2025 |
L’articolo sotto riportato, è scritto da Linda Maggiori per Envi info e pubblicato il 4 MARZO 2025
https://www.envi.info/it/2025/03/04/il-progetto-scolastico-per-mettere-al-bando-i-pfas/?fbclid=IwY2x
PFAS fuori dalle scatole nasce dall’adesione al
progetto One Health del Gruppo
Educativo Zero PFAS ed è sviluppato dai ragazzi delle classi quarta
e quinta dell’Itis de Pretto di Schio, indirizzo biologico ambientale, insieme
ai loro professori.
La
professoressa Laura Rossi di biologia e microbiologia ha partecipato
all’intervista insieme a quattro studenti.
Professoressa,
in primo luogo, che cosa sono i PFAS?
I PFAS (sostanze perfluoroalchiliche) sono una famiglia di
molecole formate da fluoro e carbonio. Sono detti inquinanti eterni, in quanto il legame fluoro carbonio
è così potente che non si biodegrada, si accumulano nella catena alimentare e
possono causare danni alla salute (interferenti endocrini). I PFOA sono
cancerogeni certi e i PFOS cancerogeni probabili.
La loro
presenza nell’ambiente è molto estesa, per questo da più parti giunge l’appello
per metterli a bando.
Perché vi
sentite così coinvolti nel tema PFAS?
Frequentando
l’indirizzo biologico ambientale siamo molto appassionati alle tematiche
ambientali. Inoltre viviamo in un territorio vicino alla zona rossa contaminata
dai PFAS. Abbiamo studiato il processo
Miteni e non potevamo rimanere indifferenti e passivi. Abbiamo quindi deciso
di prendere posizione e cercare di diffondere conoscenza anche
tra i nostri coetanei.
Il nostro impegno serve a
dimostrare non solo agli adulti ma anche a noi stessi che non siamo in completa
balia delle scelte dei “potenti”, che si può cambiare e non accettare le
ingiustizie che ci piovono addosso.
In cosa
consiste il progetto PFAS fuori dalle scatole?
Ci siamo
concentrati sull’utilizzo di contenitori per il cibo da asporto perché questi imballaggi sono molto
utilizzati da noi ragazzi e possono contenere PFAS.
Vorremmo che ogni materiale sia PFAS free e stiamo facendo pressione sulle ditte ma anche sulla politica affinché queste sostanze siano messe a bando.
Nello specifico, abbiamo raccolto campioni di scatole da asporto, studiato i materiali, inviato questionari a sette aziende produttrici, per chiedere se e quali PFAS venivano usati. Alcune aziende sono state disponibili, altre un po’ meno. Quelle più collaborative ci hanno inviato schede tecniche con tutte le sostanze usate. Ma stiamo continuando con la nostra ricerca.
Professoressa,
questo è un progetto multidisciplinare?
Sì perché
porta a studiare non solo la biochimica, ma anche i meccanismi di partecipazione popolare. Parlando di cittadinanza
attiva, sono coinvolte anche le discipline del diritto. I ragazzi si stanno
infatti organizzando per proporre ai consigli comunali dei loro comuni ordini
del giorno per la messa a bando dei PFAS.
Anche i
genitori sono coinvolti?
Certamente,
dato che tutta la scuola ha aderito al progetto One
Health. La componente genitoriale del consiglio di istituto è molto
attiva. Abbiamo ottenuto grazie ad un genitore una fornitura gratuita di
contenitori di una ditta locale che sono certificati PFAS free, da distribuire ai ragazzi, ma stiamo
valutando anche contenitori lavabili, di acciaio, buoni dal profilo sanitario e
che possano anche essere utilizzati nel microonde, questo per incentivare
ragazzi e ragazze a portarsi il pranzo da casa.
Gli studenti
sono consapevoli che bisogna ridurre i rifiuti derivati da prodotti monouso: i
PFAS non si distruggono e se inceneriti vengono dispersi in aria. Peraltro il
problema è molto sentito perché qui a Schio è presente da quarant’anni un
inceneritore e ora si vorrebbe ampliarlo ulteriormente.
In che modo
cercate di divulgare questo progetto al pubblico e alla popolazione in
generale?
Dopo aver
studiato per mesi la questione Miteni, il 7 febbraio abbiamo partecipato
al presidio presso il Tribunale di Vicenza, dove si
stanno svolgendo le ultime fasi del processo ai dirigenti. Abbiamo raggiunto il
luogo in autonomia, con i mezzi pubblici. È stato molto soddisfacente,
un’occasione per leggere una nostra dichiarazione, per far emergere la nostra
voce e tessere legami con le associazioni presenti.
Vorremmo primariamente fare un’assemblea di istituto sul tema, e organizzare serate divulgative aperte a tutta la comunità, invitando esperti, giornalisti e associazioni coinvolte.
Abbiamo anche creato
il gruppo ITIS
per l’Ambiente, insieme alla divulgazione di queste tematiche sul profilo Instagram
appena nato, con contenuti interattivi e accattivanti.
Il nostro
obiettivo è dunque informare in modo puntuale i nostri coetanei e la comunità,
per accrescere la consapevolezza e prendere una posizione chiara, per la nostra
salute e quella del Pianeta.
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Un grazie alla giornalista e alla scuola: ci sentiamo incoraggiati a proseguire nel nostro non facile cammino di informazione / formazione sensibilizzazione
Donata Albiero