La scuola fast and furious
Nel cuore delle vacanze
scolastiche, anche quest’anno non poteva mancare la notizia-bomba riguardante
la scuola pubblica: la firma di un decreto da parte della ministra
dell’Istruzione per la sperimentazione del liceo breve, esteso a 100 classi a
partire dal 2018/19
Si tratta per essere concreti della riduzione del ciclo di studi delle
scuole secondarie superiori a quattro anni.
E’ in realtà un dibattito vecchio.
“ Da anni, scrive Marina Boscaino , le “riforme” che hanno colpito (e con violenza) la scuola ammiccano
a precocismo e rapidità: Berlinguer immaginò senza esito un
ciclo di 7 anni, seguito da biennio comune e triennio specifico per
i vari indirizzi; la scuola “delle 3i” di Moratti realizzò gli anticipi;
e ora la secondaria di secondo grado ‘breve’ , evergreen riproposto periodicamente. La velocità? Ce la chiede l’Europa
Lo confesso, 17 anni fa, guardavo con interesse alla “legge sul riordino dei cicli” di
Berlinguer approvata nel febbraio 2000. Mi pareva un’idea “forte” il puntare a
costruire un percorso scolastico lungo incentrato sull’apprendimento, che fosse
in grado di rimuovere sin dai primi anni i dislivelli di partenza. La riforma
dei cicli prevedeva l’unificazione in un unico ciclo di 7 anni della scuola
elementare e della media; un ciclo della secondaria articolato in un primo
biennio obbligatorio, unitario e orientativo e un triennio pre-professionalizzante.
La conclusione dell’obbligo a 15 anni alla fine del primo biennio, allineava al
resto dell’Europa l’uscita dalla secondaria a 18 anni.
La consideravo una riflessione
complessiva sui cicli didattici, dalle scuole elementari alle superiori
passando per le scuole medie, per ridefinire alla radice la funzione di questi
tre momenti. E come dirigente scolastica mi parve positiva anche perché si
presentava come una meditata revisione dei cicli, che vedeva protagoniste le associazioni disciplinari e professionali.
La legge n 30 sui cicli scolastici non
ebbe comunque seguito.
Dopo Berlinguer
… infatti fu “punto e a capo“; lo espresse
bene lo slogan coniato dal nuovo ministro
della Pubblica Istruzione Letizia Moratti che per distinguersi dal Governo
precedente, abolì immediatamente tale legge che non entrò mai in vigore.
Tralascio … quella che si rivelò una delusione
amara sulla autonomia scolastica che ingenuamente, ritenni all’inizio (correva l’anno
2000 ed ero dirigente scolastica) una occasione per la scuola
pubblica di emergere nel suo splendore, forte dei suoi valori educativi.
Disincantata, ho combattuto, poi, quotidianamente,
quello che ritenevo essere il concetto perverso che si stava imponendo di scuola
rischiatutto, ho esaltato e
difeso il ruolo insostituibile dei
docenti che si stava smarrendo, pur cercando
di rendere più funzionale la ‘mia’ scuola statale modernizzando le sue strutture.
Mi sono resa
conto, in questi ultimi 15 anni che la progressiva distruzione della
scuola disegnata dalla Costituzione, laica, libera, pluralista e aperta a tutti, faceva
e fa tuttora parte dell’involuzione neo liberista della nostra
società.
Se poi parliamo del tempo
scolastico, sono stata sempre contraria all’anticipo della scuola dell’obbligo a 5 anni, alla settimana corta, alle ore curricolari sprecate per l’alternanza scuola lavoro.
E… veniamo all’oggi, al tempo scolastico breve che si ripropone, di fatto, alle superiori, alla sperimentazione cioè dei licei brevi prevedendo
stessi
obiettivi in quattro
anni invece che cinque, con esami di Stato identici ai percorsi quinquennali. Le scuole potranno partecipare a seguito di una apposita progettazione
da presentare al Ministero che dovrà comprendere, tra le altre cose: potenziamento
lingua con percorso CLIL, attività laboratoriali e tecnologie digitali,
rafforzamento alternanza scuola-lavoro e progetti su mobilità internazionale.
Mi chiedo
Come? Con un taglio secco di un anno di scuola superiore
basato su un concorso di idee delle singole scuole, mantenendo
inalterato il folle monte ore dell’ “alternanza
scuola lavoro”?
E come reggere alla stessa mole
di studio accorciando di un anno la scuola? Sviluppando metodi didattici “alternativi”, focalizzati
sull’acquisizione di competenze e non sullo sviluppo di conoscenze approfondite?
Chi si vuole prendere in giro?
Diciamolo con franchezza. La riduzione a quattro anni delle scuole
superiori si colloca in un processo più ampio di dequalificazione del sistema
educativo italiano, teso a modellare l’istruzione sulle
esigenze del mercato.
“Un potenziale risparmio di quasi 1,3 miliardi di euro
e un taglio docenti che, a pieno regime, potrebbe arrivare a 40 mila cattedre:
l’effetto della riduzione degli anni di scuola superiore e del loro passaggio
da cinque a quattro era già stato calcolato quando, nel 2013, l’ipotesi della
soppressione di un anno era allo studio del ministro dell’Istruzione del
governo Monti, Francesco Profumo. E oggi, dopo l’approvazione del decreto ministeriale,
non è cambiata” scrive Virginia Della
Sala
E gli studenti?
Ancora una volta gli
studenti sono stati praticamente ignorati da questo decreto che completa la pessima
RIFORMA della SCUOLA, la legge 107 /2015 voluta dal Governo, che “… È calata dall'alto sugli studenti che
non vengono interpellati perché considerati dei consumatori di sapere, degli
utenti di prestazioni, dei clienti degli istituti. Devono consumare programmi,
devono consumare progetti, acquistare certificazioni, e viene dunque eliminato
quell'aspetto fondamentale, in un processo formativo, che è la creatività degli
studenti. Hanno uno spirito collaborativo e critico che va alimentato e
sostenuto, e non eliminato o tarpato sin dall'inizio” (Matteo Saudino).
Dov’è
la scuola
inclusiva e garante del diritto allo
studio, quella scuola pubblica statale grazie alla quale io, capace e
meritevole, ho potuto, pur essendo figlia di proletari, studiare, avere borse
di studio, laurearmi, diventare dirigente scolastica?
La scuola pubblica che io sostengo, difendo e
che si sta smantellando, permette ad ogni
studente di fruire di opportunità educative
specificamente strutturate per incontrare i propri basilari bisogni di
educazione.
Non va certo in questa direzione la
sperimentazione dei licei brevi
La riduzione di
un anno della scuola avvantaggerebbe, di fatto, gli studenti che provengono da famiglie
abbienti con genitori laureati che sono in grado di garantire ai figli
esperienze, cultura e conoscenze.
Concordo
con la Associazione pedagogisti educatori italiani, che si è opposta alla
sperimentazione:
“La scuola deve
garantire il diritto all’istruzione per
tutti: non deve favorire alcuni soggetti rispetto ad altri, ma fornire pari opportunità per tutti.
E questo significa rispettare i tempi di tutti.
Non
siamo all’interno di una logica aziendale, ma in un processo di crescita”.
“…In pedagogia, i
tempi sono importanti: l’apprendimento non è la ripetizione mnemonica di
concetti, ma il ‘saper fare’, l’avere competenze anche di carattere sociale…”.
Concordo con la USB scuola che rincara:
“ Come è possibile riformare un ordine scolastico superiore senza
rivedere il percorso precedente, in modo tale da introdurre quegli approcci
socio-pedagogici e didattici che attuando la personalizzazione del processo di insegnamento-apprendimento,
consentano l’accesso all’istruzione superiore quadriennale anche ai Gianni di
Don Milani , in un ambito che attualmente vede, nel corso dei 5 anni, un
aumento della dispersione e una strage fatta di bocciature?
In
effetti all’età di 13-14 anni, cioè al momento del passaggio alle scuole
secondarie di secondo grado i “giochi” sono già fatti per i “Gianni” e per i
“Pierini”.
Finiamola,
denuncia Matteo Saudini, con l’avere in mente due parametri
“ …Uno economico
e uno ideologico, entrambi di rigida matrice liberista.
Il primo, figlio dell'Europa di Maastricht, consiste
nella costante riduzione della spesa
pubblica e il secondo nella modernizzazione, in senso competitivo, aziendale e
tecnologico, dei processi formativi. Per realizzare tale progetto era
indispensabile superare la scuola italiana del Novecento, la quale, con tutti i
suoi limiti, poggiava su un'architettura costituzionale egualitaria e
solidaristica finalizzata all'emancipazione della persona.
…La riduzione a 4 anni del liceo, infatti, porta con
sé un innegabile risparmio per lo stato, ma soprattutto permette al governo di
modellare il percorso formativo degli studenti ancora di più sul mercato del lavoro e sulle esigenze delle
imprese.”
E allora,
per favore, non devastate
quel che resta della scuola italiana pubblica, quella per intenderci, della Costituzione
Donata
Albiero