Favole terapeutiche per "curare" le paure dei bambini https://youtu.be/IqKHvbGBdMA
Alla ricerca di libri per i
miei due nipotini che, in forma di favole affrontassero il discorso delle
“paure” tipiche dei bambini della prima infanzia e desse loro strumenti di autostima per superarli ho
pensato in queste ultime settimane alle
paure che avevo io più di 50 anni fa quando ero piccina, alle paure, per così
dire ‘classiche’ che hanno attraversato intere generazioni dei bambini.
Poco più di vent’anni fa.
Nella mia infanzia, ricordo
gli orchi, le streghe, i draghi, l’uomo nero, il diavolo, mostri che evaporavano alla luce del giorno;
battaglie notturne che noi bambini perdevano e vincevano ai confini
dell'immaginario per diventare realmente più forti, più grandi. Adesso anche è
così.
E , ieri come oggi, si può cercare un rimedio alle
paure parlando soprattutto con il corpo.
Lawrence J. Cohen, un famoso psicologo
americano che ha studiato per lo più i messaggi passati attraverso il gioco
arrivato anche nelle librerie italiane con “Le paure segrete dei bambini”» (per
Urrà Feltrinelli), offre un sommario di tecniche per aiutare a superare le angosce
infantili. Giochi come il cucù, il nascondino o i molti ciao e arrivederci con
bambole e peluche che appaiono e scompaiono da dietro la schiena della mamma
aiuteranno i piccolissimi che non vogliono andare alla scuola materna, ma anche
a rifuggire dall’ansia che li assale ogni volta che c’è da provate qualcosa di
nuovo: l’acqua del mare, un cibo diverso da quello di casa, la prima scelta da
fare da soli.
Mi preoccupa però la lenta trasformazione che è avvenuta negli ultimi decenni del “lupo cattivo":
ha sempre meno l'aspetto di Ezechiele che rincorre i tre porcellini. Somiglia
invece terribilmente ad un kamikaze imbottito di dinamite che fa saltare in
aria la scuola, l'autobus, la metropolitana, l'aereo. Oppure, è più vicino, è
già qui: è quel signore gentile che fa giochi proibiti; è qualcuno che mette
varechina nell'acqua, o che fa buchi nel cielo e rende irrespirabile l'aria.
Al largo della loro
infanzia, i bambini, oggi, vivono nuove paure: storie di mostri, trappole,
inganni e sciagure che giungono loro in diretta da un mondo realmente
bellicoso, insidioso, ostile; in diretta dalla TV, dalla vita, dove l'angoscia
è un presente senza più punti fermi se anche i genitori litigano, si detestano,
si separano.
Nessun luogo è sicuro per
nessuno.
Quelle di oggi son paure suscitate da una mancanza di sicurezza.
Rispetto al mondo in cui
ero bambina io più stabile e dai confini più definiti, oggi ci troviamo a
vivere in una realtà che improvvisamente deflagra, si scompone, ci minaccia:
paura di attentati, di viaggiare, di uscire all'esterno, di chi è diverso per colore
della pelle.
La guerra, le bombe, la
perdita della casa e dei genitori, il sangue, le malattie, la miseria, la
droga, la morte, i ladri, gli extracomunitari, gli zingari, gli incidenti
stradali, gli uomini che fanno del male, che rapiscono, che violentano i
bambini, la solitudine... eccole le nuove paure secondo il pediatra Marcello Bernardi che in un libro scritto con la
pedagogista Pina Tromellini - "La tenerezza e la paura" - affermava:
"Le paure "immaginarie" del baubau, del lupo, dell'uomo nero, dell'orco
sembrano quasi anacronistiche se paragonate a quelle che hanno i bambini di
oggi".
Era il 1996. Prima delle Torri gemelle, prima
dell'Afghanistan, di Bin Laden, prima di Saddam, dell'Iraq e delle
decapitazioni... Era prima.
Le paure degli adolescenti, poi, sono cambiate e diventate più
drammatiche, un po’ per colpa nostra un po’ perché i ragazzi di oggi sono i
primi ad aver vissuto sulla propria pelle la crisi, e a rendersi conto delle
difficoltà dei genitori.
Particolarmente
interessante una analisi sulle paure tra gli adolescenti, una età
difficilissima che ho conosciuto bene negli ultimi dieci anni in cui ho guidato
la scuola media e il CTP (Centro Territoriale di educazione permanente per
Adulti dove ragazzi sedicenni difficili ed emarginati cercavano di finire gli
studi dell’obbligo)
Scrive Vera Schiavazzi: “ Secondo una ricerca finita dall’Agippsa nel 2015 (Associazione
gruppi italiani di Psicoterapia
Psicoanalitica dell’Adolescenza) su 483 studenti degli ultimi
anni di liceo sparsi tra Milano, Parma e Catania, il 54,35 per cento dei
ragazzi intervistati prova «preoccupazione» riguardo al futuro, e il 23,48
addirittura una «forte angoscia».
Matteo Lancini,
presidente di Agippsa, spiega: «Si comincia con l’iperinvestire sui figli, che
sono spesso la cosa più importante della famiglia. Basti pensare a come sono
cambiate le nostre amicizie: prima i nostri figli giocavano con i figli dei
nostri amici, ora siamo noi a costruire le amicizie fin dall’asilo nido coi
genitori dei compagni che loro preferiscono. Poi i più piccoli assorbono
un’idea di successo e di narcisismo che li convince che è il benessere la cosa
più importante ».
E quando arriva
l’adolescenza non c’è più il normale conflitto, la ribellione dei figli contro
i genitori, ma semmai l’idea che il proprio fallimento sia vissuto con grande
angoscia da papà e mamma, e il desiderio di accontentarli.
Intanto però il
50 per cento degli intervistati pensa che il mondo sarà inospitale (guerra,
inquinamento e mancanza di spazi verdi sono i tre motivi principali) e il 45
per cento è preoccupato perfino dal superamento del mondo virtuale, cioè quello
dove gli adolescenti vivono gran parte della propria vita, rispetto a quello
reale” .(i Repubblica )
Preoccuparsene tocca, per
una volta, soprattutto ai padri: gli
intervistatori di Agippsa hanno
verificato che è soprattutto la pressione paterna per far rinunciate i figli ai
propri sogni a influenzare negativamente la visione del futuro, mentre la
stessa domanda non ha valore statistico se riferita alle madri.
Alcuni suggerimenti degli
esperti mi sembrano utili per noi adulti:
«Stare accanto a un bambino o a un ragazzo trasmettendogli continuamente l’idea che deve farcela, e che se non ce la farà ora, che si tratti di
un’interrogazione o di una gara di sci, non ce la farà mai nella vita, è il metodo degli adulti già spaventati», dice Alberto Pellai, medico e ricercatore che si occupa soprattutto di prevenzione (“Baciare fare dire”», Feltrinelli Kids, è il suo ultimo libro dedicato alle insicurezze dei maschi).
Comunicare a più generazioni che “non hanno futuro” a causa di problemi economici, sociali, come la fine del posto di lavoro fisso, non è un’operazione che gli adulti devono fare alla leggera. Se c’è una crisi economica, di valori, se c’è una scarsa attenzione alle risorse planetarie come dicono sia politici autorevoli sia i rappresentanti della Chiesa, la colpa è delle generazioni precedenti che non si sono preoccupate di salvaguardare il mondo nel quale viviamo. Questo è un tema di grande importanza per gli adulti.
E a proposito dei bambini iperinvestiti narcisisticamente dai
genitori, sempre al centro dell’attenzione, sottolineo ancora che, nell’adolescenza c’è il rischio che questo ideale infantile crolli davanti alla
realtà. Vengono a crearsi delle difficoltà in una società dove tutti hanno
l’obbligo di essere belli, perfetti, ben vestiti.
Ecco allora sopraggiungere il
senso
di fallimento, di inadeguatezza (e il rischio di suicidio per la paura
di non reggere il futuro) .
Diamo percio' il giusto
senso alle incertezze dei nostri ragazzi.
Soprattutto all’interno dei contesti familiari ed educativi, non lasciar spazio all’errore, non tollerare la frustrazione derivante da uno sbaglio e non permettere la ricerca del proprio modo personale di sperimentarsi, può alimentare vergogna, senso di colpa, senso di inadeguatezza, paura di sbagliare, paura del voto a scuola .
Concedere la possibilità di un errore non significa eliminare regole e confini, che pure sono fondamentali per i ragazzi, ma significa concedere loro una possibilità per confrontarsi con se stessi e con gli altri in modo sereno e senza enfatizzare le paure che già fisiologicamente sperimentano.
E' un compito arduo, lo so, ma è il percorso che dobbiamo fare con i nostri figli per aiutarli a diventare grandi
Donata Albiero
Nessun commento:
Posta un commento