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venerdì 20 agosto 2021

QUALE SCUOLA CI ASPETTA?

Il tempo stringe. Ricomincia la scuola

“Il trauma del Covid 19 ha colonizzato pesantemente la vita collettiva. Una calamita mortifera ha bloccato le nostre energie e le nostre risorse. Ne è un esempio emblematico e drammatico quello della scuola. Tutto il dibattito attuale sul suo presente e sul suo futuro appare integralmente assorbito dal problema della sicurezza”                              (Massimo Recalcati).

 Il fatto che della scuola, durante la pandemia si sia parlato tanto, dal 2019 al 2021, ma anche tanto male, e che non siano stati adottati studi di fattibilità e piani alternativi alla chiusura (se non la DAD, di cui ho già espresso il parere negativo in altri post), ha evidenziato quello che all’apparenza sembrerebbe un grave vuoto politico sul tema.

Si è deciso – o si è lasciato – che la scuola fosse sacrificata agli interessi e alle necessità produttive, in linea con il pensiero dominante per il quale il benessere delle imprese è considerato motore del benessere della società, e la scuola debba svolgere un ruolo funzionale al mercato. Pertanto, secondo questa visione, essa è subordinata ai trasporti, al mercato delle vacanze, alla contingenza delle strutture fatiscenti, alla logica del weekend, (concentrando tutto in cinque giorni), all’occupazione del personale scolastico, agli interessi concreti delle aziende.   Mentre, al contrario, la società dovrebbe provvedere primariamente al benessere della scuola intesa come diritto all’istruzione per il quale anche le misure di prevenzione anti Covid 19 dovrebbero essere prese col criterio della compatibilità e non della subalternità.

 Nei mesi di chiusura della scuola e/ o in quelli della didattica a distanza, sono stati messi in risalto ed esasperati i problemi della scuola pubblica, evidenziati dalla contingenza pandemica: aule pollaio, banchi a rotelle, personale insufficiente, strutture vecchie e cadenti, insegnanti poco idonei all'insegnamento, tecnologia obsoleta, amministratori di aziende pubbliche più che dirigenti scolastici, genitori che legiferano in chat...

 Accade però che Il ‘paziente - scuola’ continua a non essere curato, a non ricevere una terapia d’urto. Il dibattito non può restare ostaggio del virus e del problema della sicurezza, come subdolamente si sta tentando di fare.  

Quale “ricostruzione” vogliamo per essa? I suoi problemi ‘atavici’ sono rimasti lì, camuffati dalla risoluzione green pass e dalla competenza digitale.   

 Il problema è più generale e radicale insieme: “… quale centralità la scuola sarà in grado di affermare nel tempo della ricostruzione? Il suo futuro sarà ancora una volta sbarrato, senza risorse, relegato ai margini di una rappresentazione del Paese che può fare a meno dell’istruzione, della formazione e della ricerca?” Se lo chiede Recalcati, me lo chiedo anch’io da operatrice a lungo corso nella scuola. 

 La scuola pubblica ha come obiettivo la difesa della condizione di civiltà del Paese. Essa rientra tra i diritti inviolabili dei cittadini (art 2 della costituzione)”, nel caso specifico quello all’istruzione. 

 E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini (art 3)”                                          

La Repubblica detta le norme generali dell’istruzione e istituisce scuole statali per tutti gli ordini e grado (art 33) “                                                                                           

"La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni è obbligatoria e gratuita (art 34)”

 
E’, pertanto, un diritto ben codificato dalla Costituzione e non una norma ancillare subordinata al mercato. Per questo la sua competenza investe la nostra comunità, la sua stessa identità. Si spiega allora, credo, perché c’è ancora chi, come me, crede che la scuola pubblica sia una conquista e il futuro di un paese libero.

 Sulla scuola, da sempre, si addensano domande e aspettative, ma, forse, mai come in questo periodo, tali domande stanno assumendo un carattere contrastante. Da una parte si celebra la crisi dell’istituzione scolastica, dall’altra si proiettano sulla scuola le speranze per uscire dalla crisi più complessiva. Pensiamo solo all’enfasi del discorso pubblico sulla relazione tra scuola e lavoro, ma soprattutto tra scuola, crescita e sviluppo: la scuola è vista come parte del problema e al tempo stesso come parte della soluzione.                                               

In realtà, secondo me, la posta in gioco investe il ruolo della scuola, la sua autonomia, ovvero la possibilità che la scuola rimanga un luogo in grado di non arrendersi al pensiero unico che la finalizza alle logiche del MercatoLa scuola pubblica, nel futuro imminente, dovrà necessariamente essere, quella concepita dalla nostra Costituzione, laboratorio di democrazia, di cittadinanza attiva, di autonomia intellettuale, fucina di idee.

 
 "Come disse il poeta William Butler Yeats La scuola non è riempiere un secchio, ma accendere un incendio”. In aggiunta pensiamo che solo il fuoco è in grado di sciogliere la rigidità dei metalli e fare della canna di un fucile un vomere per dissodare la terra, al fine di prepararla per un nuovo raccolto (Gabriele Bastianutti).

Ritengo che il caos creato nella Scuola pubblica non sia del tutto casuale e non dipenda solo da incapacità politica. Temo che sia il portato di una strategia neo iberista che tende
privatizzare i servizi pubblici fondamentali, tra cui sanità e scuola (welfare) per immetterli nel mercato come merci.

 La difesa della scuola pubblica è la punta di diamante della nostra difesa dello Stato di Diritto. Confido principalmente negli studenti. 

Con tale consapevolezza aspetto il nuovo anno scolastico .

 Donata Albiero                               19 agosto 2021


 

 


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