LA BUONA SCUOLA DEI VINCENTI
Tempo di iscrizioni: bufera
sui licei che compilando il rapporto sull’autovalutazione si lasciano scappare
qualche parola di troppo…
Ecco la
scheda di presentazione (RAV) che un liceo di Roma ha fatto di sé e della
propria offerta formativa, visibile sul sito del MIUR (Ministero Istruzione)
"...«Tutti, tranne un paio, gli studenti sono di nazionalità italiana e nessuno è diversamente abile » . La percentuale di alunni svantaggiati «per condizione familiare è pressoché inesistente »[...].
Il finale è una conclusione che spiazza: «Tutto ciò», e si intende la quasi assenza di stranieri e la totale assenza di poveri, « favorisce il processo di apprendimento»..."
"...«Tutti, tranne un paio, gli studenti sono di nazionalità italiana e nessuno è diversamente abile » . La percentuale di alunni svantaggiati «per condizione familiare è pressoché inesistente »[...].
Il finale è una conclusione che spiazza: «Tutto ciò», e si intende la quasi assenza di stranieri e la totale assenza di poveri, « favorisce il processo di apprendimento»..."
E’
la prosa che accomuna diverse scuole del
Paese, spesso i licei più prestigiosi e selettivi, nel presentarsi alle
famiglie, per attrarre l’iscrizione dei loro figli, per accalappiare nuove
clienti.
Quello che mi angustia non è il fatto in sé ma
la considerazione che se diversi licei hanno scelto la strada della
competizione, del razzismo, della discriminazione per accalappiare nuovi
"clienti" vuol dire che la scuola azienda non è più uno slogan.
Ma noi
cittadini, noi genitori come siamo messi?
Francesco Cancellato scrive rivolto alle
famiglie e io concordo con lui, da ex dirigente scolastica alle prese con una
scuola cosiddetta a ‘rischio’ per l’elevato numero di alunni stranieri non
ancora alfabetizzati che ha accolto nel corso degli anni. “Siamo noi che da
ragazzini - ah, la piazza - scioperavamo
e sfilavamo per una scuola aperta e plurale, inclusiva e pubblica, rispettosa
delle differenze e delle diversità. Principi stupendi che
cozzavano già allora con una realtà molto meno romantica, costretta a
barcamenarsi tra tagli di fondi e demotivazione diffusa del personale. Principi
cui però avevamo giurato di tener fede, una volta genitori. Siamo sempre noi, dieci - facciamo quindici - anni dopo, che ci informiamo in segreteria
d'istituto di quanti bambini stranieri e disabili saranno in classe coi nostri
figli. Che ci confrontiamo con gli altri genitori sui
ritardi di programma delle classi in cui studiano, che ci lamentiamo
dell’insegnante con la 104 che sparisce per metà anno e per le supplenti che si
alternano. Che spostiamo nostro
figlio in un’altra classe, senza stranieri e senza disabili, perché
le elementari/medie/superiori sono importanti, perché la scuola è importante,
perché ne va del suo futuro, perché “non sono razzista ma”. Che dalla lotta collettiva, passiamo alla via
di fuga individuale…Siamo sempre noi, poi, che ci
scandalizziamo quando una dirigente scolastica, in un rapporto di
autovalutazione, rende esplicito quel che sappiamo tutti. Che le classi senza
poveri, senza stranieri, senza disabili sono le più ambite, le più desiderate
dai genitori. Genitori ricchi, italiani con figli normodotati, ovviamente. Come
se tutti gli altri fossero un altro popolo”
Della politica, della società non ce ne frega
nulla.
Rimaniamo del tutto INDIFFERENTI di fronte al 10% di tagli
lineari all'istruzione del periodo 2012-2014, di cinque volte superiore
rispetto agli altri capitoli di spesa, come se l’istruzione sia
la cosa più inutile del mondo per risollevare un Paese dalla crisi.
Invece ci preoccupiamo degli stranieri che “non
sono come noi, che non hanno i nostri valori e la nostra cultura”, ignorando
che la scuola è il più grande
veicolo di integrazione sociale che esiste.
Solo dopo esserci fatti l’autocritica,
come genitori, per il nostro ‘individualismo’, possiamo scagliarci contro le
responsabilità della scuola, anche qui con la precisazione che essa riflette,
spesso, la società in cui viviamo e che il destino della stessa scuola è
segnato dalla POLITICA.
Perché è vero che più che parlare
di scuola classista si deve parlare del contesto
“classista” in cui agisce la scuola” Qui crescono
diseguaglianze economiche, sociali e territoriali. I dati Indire, Ocse
confermano: il 58,1% dei figli di coloro che hanno massimo la terza media
abbandonano la scuola. Tasso che si riduce al 13,2% tra i ragazzi che hanno i
genitori laureati. Un terzo degli abbandoni avviene nelle famiglie dove i
genitori sono precari, il dato diminuisce con i genitori dipendenti e
professionisti. L’ambiente familiare influenza pesantemente il percorso e le
aspirazioni degli studenti. La scuola restringe la forbice fino ai 15 anni, dopo lo svantaggio del capitale sociale
esplode. Questo muro sociale si ripresenta nell’accesso all’università e
alla laurea: i figli dei laureati vanno avanti, mentre cresce il divario tra
ricchi e poveri.
Infine, c’è la POLITICA, quella, per intenderci, che
ha promulgato la legge sulla buona scuola, favorendo un sistema viziato di competitività feroce. Viziato di meritocrazia fasulla, perché deve essere
costruita ad hoc.
Un sistema viziato di esclusione sociale.
Un sistema viziato di esclusione sociale.
Una scuola che dovrebbe partire dal concetto che non è
un supermercato o un’azienda, dove ognuno può essere illuso dalla pubblicità e
poi comprare ciò che desidera, ma un organo previsto costituzionalmente con il
compito di istruire facendo acquisire conoscenze e competenze, far crescere e
formare cittadini valorizzando le persona nel rispetto delle differenze e delle
identità di ciascuno.
Una scuola In cui in mancanza di investimenti pubblici
chiede soldi ai privati cittadini, con l’entrata anche di “sponsor” che sicuramente
condizioneranno i programmi ed i piani dell’offerta formativa.
E si arriva al capolinea; già proprio così
Libertà di
insegnamento, collegialità delle decisioni, gratuità dell’accesso
all’istruzione, unitarietà del sistema scolastico: la scuola disegnata dalla
legge 107/2015 cancella i principi fondativi della scuola della Repubblica
italiana, sostituendoli con gli sponsor, i bonus, gli statuti, le squadre
(sic).
Trasformando le scuole in un unico,
aberrante agone competitivo, in cui vincerà il dirgente che avrà attirato, con ogni mezzo, maggiori investimenti privati.
Che fare?
Dobbiamo
reagire, dobbiamo recuperare i valori della nostra Costituzione.
Ci vuole la Scuola della Costituzione.
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