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sabato 6 marzo 2021

ALLA SCUOLA ITALIANA MANCA LA PEDAGOGIA

 La pedagogia permette di formulare una progettazione per costruire modelli di intervento didattici e educativi.


Questo è il nostro compito nei confronti del bambino: gettare un raggio di luce e proseguire il nostro cammino. (Maria Montessori)

  Rifletto sulla scuola italiana soprattutto ora che me ne sono andata dopo un lungo percorso professionale, insegnante prima, dirigente dopo.  Mi sono laureata in Pedagogia (indirizzo psicologico), la scienza che studia l’educazione e la formazione dell’uomo.

 Tale impostazione teorica, arricchitasi nel corso di decenni di pratiche educative (L’educazione è il territorio di messa in pratica dell’esperienza umana), didattiche e metodologiche, di aggiornamento sul campo, mi ha aiutata molto sia nell’ inquadramento e progressione carriera (concorsi, abilitazioni, ruoli ) sia nella  gestione diretta della  scuola per oltre un trentennio, soprattutto quando nella comunità scolastica ho dovuto, quotidianamente, interagire e confrontarmi con docenti curricolari in discipline di cui non avevo alcuna specifica competenza.

 Mi erano di aiuto una chiara visione della scuola, dovuta alla impostazione degli studi universitari e a seminari di approfondimento post laurea su didattica e metodologie di apprendimento. La scuola per me è stata sempre il luogo dell’I CARE, il luogo dell’imparare, della creatività, della gioia, della crescita, del dialogo, dell’incontro e dell’ascolto autentico.

Tra i pedagogisti mei maestri Maria Montessori (Metodo educativo), Giuseppina Pizzigoni (metodo sperimentale), Célestin Freinet (Pedagogia popolare) Mario Lodi (Metodologie educative), Alberto Manzi (Non è mai troppo tardi), Gianni Rodari (Letteratura per l’infanzia) e in aggiunta l’educatore sacerdote don Lorenzo Milani (esperienza didattica), il sociologo Danilo Dolci (metodo maieutico). Infine mio costante ispiratore, il pedagogista Daniele Novara (fondatore Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti), incontrato di persona e frequentato, professionalmente parlando.

Ho lavorato con entusiasmo per una scuola di tutti e per tutti, laica, democratica, solidale, inclusiva, ma nel contempo ho assistito, dall’anno 2000, in cui si è sancita l’Autonomia scolastica, a un inesorabile, lento declino della scuola.

Di legislatura in legislatura, non importa di che colore, la scuola pubblica, palestra di democrazia e libertà, è stata smantellata pezzo per pezzo, impoverita, ridotta allo stremo.

E poi, di silenzio in silenzio, disinteressato, indifferente, colpevole e complice per l’indebolimento della fucina da cui si originano le nuove generazioni, è venuto l’anno scorso il lockdown.

La novità di oggi è che, proprio complice la pandemia da Covid e i problemi organizzativi della didattica a distanza, si parla di pedagogia nelle scuole.       

Bene o male, finalmente se ne parla” asserisce Luisa Piarulli in diversi suoi articoli.

Lo ribadisce anche nel suo libro Tempo di educare, tempo di esistere. Verso una pedagogia dell’esistenza”, il racconto di un sogno, il sogno di un mondo in cui le ferite prodotte dalla vita sociale contemporanea all'umano sono risanate dall'Educazione, da una Pedagogia dell'Esistenza per un terzo millennio che sappia rimettere appunto al centro la Persona, nel ruolo di protagonista autodeterminato e autocostruttivo.

È il mio sogno. Ma, mi chiedo, chi la coniuga siffatta Pedagogia dell’Esistenza? 

 Dichiara Novara, lo confermo per esperienza diretta, che l’Italia

ha un problema piuttosto serio: i nostri insegnanti presentano, nel loro complesso, una grave carenza pedagogica. Non è una responsabilità individuale. I docenti sono schiacciati dal mito della materia e nella difesa della pura conoscenza disciplinare. Sono stati così forgiati, soprattutto dalla media in poi, con la campanella a scandire lo scorrere delle ore e a fare da perimetro invalicabile”.

Rimedio indispensabile è investire sulla formazione professionale e pedagogica degli insegnanti:

Quello che importa è che questa attenzione, questi riflettori che si sono accessi sulla scuola ci portino finalmente ad analizzare i possibili cambiamenti e ribadisco che il cambiamento più importante è la formazione degli insegnanti che permetta alla scuola di essere veramente un’istituzione al servizio della crescita dei nostri bambini e dei nostri ragazzi”.

 Ecco…

Dipendesse da me, sono per la ricerca e per il ritorno alla pedagogia buona, da far conoscere a molti docenti, di Milani, Montessori, Rodari, Lodi, Dolci e tanti altri che con ‘l’eros del direttore d’orchestra’ (Edgar Morin), hanno scelto una rivoluzione pedagogica del pensiero.

Parla di una "rigenerazione dell'Eros" nella scuola il grande filosofo Morin.

"L'Eros, nel senso di desiderio, è presente nell'amore per il sapere che gli insegnanti hanno avuto quando hanno scelto il loro mestiere, e che oggi devono ritrovare. Nei bambini e nei giovani, l'Eros è presente in quella meravigliosa curiosità per tutte le cose, spesso purtroppo delusa da un insegnamento che taglia la realtà in pezzi separati, e con il quale anche la letteratura diventa noiosa nell'era semiotica".


Torniamo, dunque, a fare scuola!

Una bella scuola buona per ritrovare la bellezza e la preziosità di “quell’ora di lezione” (Massimo Recalcati) erotica, appassionante, che può restare per sempre.


Donata Albiero 6 marzo 2021





5 commenti:

  1. Bellissimo intervento che punta il dito sulla necessità di fornire ai nostri insegnanti una formazione pedagogica che consenta loro di sfruttare tutte le risorse di questa disciplina per riversare il proprio sapere nel cuore e nelle teste dei loro studenti.
    Che dire: non sono un insegnante ma mi sono molto occupato di formazione per i medici di famiglia, miei colleghi, imparando che ad ognuno di noi non basta il sapere se non è accompagnato dal saper fare, cioè tradurre la scienza in azione portandola dal mondo del sapere sul terreno del fare, e in fine, il sapere essere, cioè incarnare la propria competenza e la propria capacità operativa all’interno del modo di essere e di pensare.
    All’inizio del mio percorso professionale, ero un ragazzo uscito dall’Università, che non aveva alcuna esperienza pratica e andava a tentoni sul modo di confrontarsi con i pazienti. Ho sperimentato sulla mia pelle e, forse anche su quella dei miei pazienti, la carenza grave del modo in cui, dopo l’esame di stato mi si gettava nell’ arena. Ognuno di noi, giovani medici, allora, ha costruito da sé la propria figura professionale, imparando da sé ogni giorno l’arte di fare il medico.
    È stata proprio la mia esperienza personale a farmi entrare nel piccolo manipolo di medici, attorno alla figura di Aldo Pagni, che fondò la SIMG (Società Italiana di Medicina Generale) che, per l’appunto, aveva il compito di colmare questa carenza dei nostri studi universitari.
    Frequentai i corsi di formazione ad Artimino, in Toscana tenuti dal professore Renzo Gallini, che mi ha spalancato le porte del mondo della formazione. Da allora è passato tanto tempo e tante sono state le esperienze vissute insieme ai miei colleghi e le ricadute sulla professione.
    Ritengo che l’università italiana, tuttora, laurei dei bravissimi dottori in lettere o in storia o altro ma non produca insegnanti, che è altra cosa, e che il tirocinio necessario ad entrare definitivamente nel mondo della scuola sia una formazione “fai da te”. Penso che lo Stato dovrebbe affrontare seriamente questo problema, sostenendo quanti hanno deciso di dedicarsi all’insegnamento. Per questo, le parole di Donata, così come le fonti citate, mi trovano totalmente d’accordo con la sua perorazione per un ritorno alla didattica. È anche questo un modo per fronteggiare quanti, nell’onda del più vieto neo liberismo, stanno trasformando la scuola in una azienda che prepara i futuri automi di domani, conformati e pronti a dire “Signorsì” al padrone.
    Titta Fazio

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    1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    2. Grazie Titta.
      Faccio una precisazione La Pedagogia è, tra le Scienze Umane, quella che studia l’Educazione e la Formazione dell’uomo nella sua interezza, nei contesti formali, non-formali, e informali.
      Uno dei suoi fini è quello di formulare una progettazione per costruire modelli di intervento didattici e educativi.
      In altre parole
      la didattica può essere considerata la parte pratica della pedagogia.

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  2. Bellissimo intervento che punta il dito sulla necessità di fornire ai nostri insegnanti una formazione pedagogica che consenta loro di sfruttare tutte le risorse di questa disciplina per riversare il proprio sapere nel cuore e nelle teste dei loro studenti.
    Che dire: non sono un insegnante ma mi sono molto occupato di formazione per i medici di famiglia, miei colleghi, imparando che ad ognuno di noi non basta il sapere se non è accompagnato dal saper fare, cioè tradurre la scienza in azione portandola dal mondo del sapere sul terreno del fare, e in fine, il sapere essere, cioè incarnare la propria competenza e la propria capacità operativa all’interno del modo di essere e di pensare.
    All’inizio del mio percorso professionale, ero un ragazzo uscito dall’Università, che non aveva alcuna esperienza pratica e andava a tentoni sul modo di confrontarsi con i pazienti. Ho sperimentato sulla mia pelle e, forse anche su quella dei miei pazienti, la carenza grave del modo in cui, dopo l’esame di stato mi si gettava nell’ arena. Ognuno di noi, giovani medici, allora, ha costruito da sé la propria figura professionale, imparando da sé ogni giorno l’arte di fare il medico.
    È stata proprio la mia esperienza personale a farmi entrare nel piccolo manipolo di medici, attorno alla figura di Aldo Pagni, che fondò la SIMG (Società Italiana di Medicina Generale) che, per l’appunto, aveva il compito di colmare questa carenza dei nostri studi universitari.
    Frequentai i corsi di formazione ad Artimino, in Toscana tenuti dal professore Renzo Gallini, che mi ha spalancato le porte del mondo della formazione. Da allora è passato tanto tempo e tante sono state le esperienze vissute insieme ai miei colleghi e le ricadute sulla professione.
    Ritengo che l’università italiana, tuttora, laurei dei bravissimi dottori in lettere o in storia o altro ma non produca insegnanti, che è altra cosa, e che il tirocinio necessario ad entrare definitivamente nel mondo della scuola sia una formazione “fai da te”. Penso che lo Stato dovrebbe affrontare seriamente questo problema, sostenendo quanti hanno deciso di dedicarsi all’insegnamento. Per questo, le parole di Donata, così come le fonti citate, mi trovano totalmente d’accordo con la sua perorazione per un ritorno alla didattica. È anche questo un modo per fronteggiare quanti, nell’onda del più vieto neo liberismo, stanno trasformando la scuola in una azienda che prepara i futuri automi di domani, conformati e pronti a dire “Signorsì” al padrone.
    Titta Fazio

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    1. Grazie Titta. faccio una precisazione. La Pedagogia è, tra le Scienze Umane, quella che studia l’Educazione e la Formazione dell’uomo nella sua interezza, nei contesti formali, non-formali, e informali.
      Uno dei suoi fini è quello di formulare una progettazione per costruire modelli di intervento didattici e educativi.
      In altre parole
      la didattica può essere considerata la parte pratica della pedagogia.

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